venerdì 9 novembre 2007

Nessuno è innocente





Non vorrei ripetere le stesse cose che già ti ho detto. Che devi denunciarlo, devi dirlo ai tuoi. Ecco, sei una ragazza eccezionale e te lo dice una che le persone le inquadra subito. Non meriti di passare in silenzio tutto quello che hai dentro. Vorrei starti il più vicino possibile per consolarti, per non farti sentire sola nei momenti in cui lo sei, e rifletti; Luca è un fottutissimo pezzo di merda e i pezzi di merda devono essere trattati da tali, deve pagare fino in fondo. Fino a stramaledire e pensare e a ripensare a tutto quello che ti ha fatto fino a consumarsi il cervello, come stai facendo tu. Mi raccomando fatti forza, affronta la vita e la realtà. Diglielo a tua madre, credimi, è meglio per tutte e due; per te, così ti sfoghi in casa, e per tua madre che un giorno potrà dire sono orgogliosa di mia figlia che mi ha sempre detto tutto. Un grosso abbraccio
( lettera aperta di Cristina alla sua amica Arianna, violentata in un istituto medio-superiore, Il Messaggero, Mercoledi 17 Settembre 1997 ).
Credi che importi davvero a qualcuno, miserabile puttana ?
Credi che la gente, nel suo frenetico camminare per le strade, abbia il tempo di rifletterci su e di provare una nota di compassione per la tua stupida amichetta ?
No, e lo sai tu per prima. La vostra è solo una comoda razionalizzazione, un tentativo di richiamare attenzione, di piangere insieme e di gridare, gridare una rabbia repressa per troppo tempo ; che cosa rimarrà di quegli attimi in cui lei è stata stordita, spinta contro le pareti sporche del bagno e poi scopata a sangue, senza amore, senza traccia di umana pietà ?
Rimarranno ferite, cicatrici inguaribili, che lei vedrà riaprirsi ogni volta che tv e giornali parleranno di qualche abuso, di qualche violenza.
Si guarda da capo a piedi, nel grande specchio, l’immagine riflessa di una lei rovesciata, spogliata della dignità, divenuta un semplice oggetto su cui sfogare piaceri morbosi ed esercizi di giornalismo spazzatura, una lei irriconoscibile, umiliata, degradata, abusata, venduta.
Foto in tv. Sui giornali. Non dimenticherà mai. Potrà crescere, andare all’Università, cinguettare con il suo nuovo fidanzato, trovare un lavoro e sposarsi, ma non sarà mai felice. Non saprà mai cosa significhi la vera felicità.
Una innocenza violata, per sempre ritardata.
E sua madre, no, non sarà né orgogliosa né sollevata di aver ricevuto la confessione della figlia, perchè penserà come inevitabile conseguenza di quello stupro ciò che tutti noi pensiamo.
Che se l’è voluta lei, la stupida puttana.
Erano due bambine dolcissime. La famiglia ? Sembrava davvero unita “.
( Il Messaggero, Settembre 1997 ).
Una innocenza che viene violata.
Il mio modo di riappropriazione della realtà.
Tastare come un cieco la consistenza della carta del giornale, tentare di immedesimarmi nel dolore, nelle lacrime, nelle urla, rivivere attimi interminabili, sapere che niente sarà più come prima.
Ciò che io voglio è violenza come dato assoluto, come dato ineliminabile della condizione umana, perché la violenza è l’unica forma di dominio sulla realtà.
La violenza è realtà.
E la realtà è pornografia, nel suo senso più puro, immacolato. Una energia assoluta capace di infondere speranza in questo stupido genere umano devastato da etica, religione, morale e sovrastrutture sociali.
La decisione è presa, è stata presa da tempo. Angelo Sinisi, ex poliziotto, corre via regalando alle sue bambine il loro ultimo giorno di felicità. Poi la morte “ .
( Il Messaggero, Settembre 1997 )
Ciò che io considero pornografia. Ciò che io utilizzo come pornografia.
La stessa capacità di scuotere la psiche. Stessa violenza.
Unico legame rimasto con la realtà, in un mondo in cui la percezione è alterata e manipolata.
Mi considerate un pazzo, un maniaco. Un mostro.
Definirmi mostro è assai comodo, vi evita pericolose scoperte.
Scoprire cosa?
Scoprire che, in fondo, nessuno può dirsi innocente.

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