venerdì 16 novembre 2007

Master Gilles



Libro certamente degno di nota e’ BARBABLU, di Ernesto Ferrero ristampato da Einaudi ( prodotto interamente autoctono che vide originariamente la luce nel 1975 per Mondadori e che nel 1998 ebbe una riedizione per Piemme ) ; la prima considerazione da svolgere e’ che, nonostante l’interesse per sangue e delitto seriale e Franzoni e teste spaccate di ragazzini e partite a calcetto con corpicini esanimi di neonate e telefilm CSI e profiling e corsi di criminologia da terza eta’ , la figura del Maresciallo Gilles de Rais continua ad essere ammantata da un alone nebbioso di mistero medievale, confusa tra un prototipo francese di Vlad Tepes e un satanista ante-litteram, ovvero robetta buona per l’immaginario da serata dark o per qualche disco black metal, senza cioe’ seri approfondimenti storiografici e critici che lo stesso Ferrero reclama .
C’è infatti molta piu’ probabilita’ di trovare Gilles fianco a fianco con l’Abate Guibourg e Crowley in una qualunque storia truculenta del satanismo piuttosto che in sane ricostruzioni true crime di sadici e assassini.
Eppure Gilles, se gli togliamo il mantello e l’armatura e il castello e l’amore folle per l’immagine di Giovanna d’Arco e illuminiamo, magari con fioche candele, il ventre scuro delle segrete dentro cui ha massacrato torturato e fatto a pezzi centinaia di fanciulli, diventa la figura sinistra e troneggiante di un Peter Kurten, di un Fritz Harmaan, un Erode rispettabile e brillante e intelligente e colto.
Un Demone che riecheggia lo Stavrogin dostojeskiano.
BARBABLU pone anche un altro delicato problema, strettamente ricostruttivo ; quello della primogenitura sugli studi riguardanti Gilles ( da cui poi sarebbe sorto il mito di Barbablu, anche se sul punto c’è un minimo quoziente di confusione; infatti Barbablu ammazzava le sue mogli, non fanciulli ed e’ molto piu’ facile identificarlo psicologicamente in quel Landru poi immortalato da Chaplin nell’omonimo film piuttosto che nel Maresciallo…gran parte della confusione deriva dall’uso improprio che il favolista Perrault fece del caso di Gilles e dalle stratificazioni di memoria orale createsi nei luoghi che videro attivo De Rais ).
Il testo in questione ( pur ottimo, va detto, e giustamente celebrato da Pasolini quando esso vide la sua prima luce per Mondadori ) e’ stato presentato come uno dei piu’ completi e migliori saggi sulla fenomenologia del mito di Barbablu , con buona pace di quello che e’ davvero IL libro migliore in argomento ; mi riferisco a “ IL PROCESSO A GILLES DE RAIS “ di Georges Bataille , meritoriamente pubblicato in Italia nel 1983 dalla Guanda e poi eclissatosi nel triangolo delle bermuda editoriale.
IL PROCESSO è senza dubbi il piu’ completo, significativo e acuto saggio mai scritto sul Maresciallo Gilles de Rais; a differenza di GILLES & JEANNE di Tournier, eccellente testo certo ma comunque romanzato e in cui Gilles diventa un paradigma post-romantico di devozione e amore cieco ben lontano dalla realta’ dei fatti , IL PROCESSO presenta stralci dal dibattimento processuale, confessioni di complici e di parenti delle vittime , descrizioni delle peggiori nefandezze commesse dall’imputato e dai suoi scherani, articolati giudizi e commenti di Bataille, ricostruisce senza mai indulgere nel becero moralismo la delittuosa parabola del Maresciallo che da devoto compagno d’Arme di Giovanna d’Arco si trasforma in maniaco assetato di sangue, arrocato nel suo maniero a trafficare con magia nera, perversioni, omicidi .
Immaginate l’acume de L’EROTISMO applicato a questo tremendo caso di cronaca nera medievale ed avrete l’intensita’ abbacinante e a tratti insostenibile di questo testo, ingoiato ( per qualche motivo che non e’ dato esplicitamente sapere ) dall’oblio.
Certo, uno puo’ farsi venire il dubbio che inesauste descrizioni di bambini violati, torturati, scherniti, umiliati, massacrati non vadano tanto d’accordo con le paranoie pedofile della nostra attuale societa’ e che tutte le meritorie sante pie campagne di Don Fortunato di Noto e le legislazioni anti-sfruttamento dei minori e il caos generato dal caso Dutroux abbiano spinto l’opera di Bataille nell’immaginaria buca scavata nel giardino degli orrori letterari, una buca ben presto coperta da uno spesso strato di cemento a presa rapida. E nell’intorpidito senso estetico della collettivita’ gli unici libri concernenti la brutalita’ pedofila piu’ o meno pubblicabili sono i libri delle povere vittime, il diario di Sabine Dardenne, i resoconti sull’inferno di Bangkok redatti da Marie Botte e via dicendo, libri in cui la ricostruzione dei fatti va di pari passo con la compassione e la pieta’ .
L’edizione Guanda e’ scomparsa, desaparecida, mai piu’ ristampata. Cosi’ se volete leggere questo capolavoro dovete ricorrere o all’originale francese o all’edizione americana edita da Amok Press o nei casi piu’ disperati spulciare ogni libreria remainder o bancarella che conosciate .
In definitiva, BARBABLU e’ un buon libro ( la cronistoria delle vicende, con stralci gia’ usati dall’autore francese, Gilles considerato come il limite e il crepuscolo simbolico del medioevo feudale, con uno stile eccellente che si sofferma sui vari aspetti della natura umana e spirituale del Maresciallo, giustapposizione di citazioni da Huysmans, Sade, Bataille e da vari studi cronachistici che riguardano la terribile vicenda e un occhio di riguardo per il significato psicologico del processo e della scelta di De Rais di pentirsi e di morire Santo ) ma non regge nemmeno lontanamente il confronto con quello di Bataille, ne’ sembra in grado di aggiungere nulla di nuovo alla fenomenologia di un mostruoso mistero .
Come e perche’ cioe’ uno stimato e devoto uomo d’Arme si sia potuto rendere colpevole di atrocita’ sessualmente orientate, prive di un movente politico o religioso che avrebbero potuto, almeno per i parametri dell’epoca, attenuarne l’orrore ( acutamente Ferrero sottolinea come nell’immaginario collettivo medievale il massacro di bambini venisse considerato un elemento intrinsecamente connaturato ai culti demoniaci e come per gli accusatori, tanto ecclesiali quanto temporali, che celebrarono il processo a Gilles il riconoscimento dei reati di simonia, demonolatria e traffici di magia nera ascritti al Maresciallo costituissero pregiudiziali tecnico-processuali per erigere l’intero castello accusatorio; sarebbe stato ben difficile ai loro occhi poter giustificare quella inaudita mattanza per fini che prescindessero dal culto di Satana, ed e’ lo stupore, uno stupore immane e di ghiaccio che Ferrero sottolinea con forza, a cadere su tutti gli astanti, accusatori, ecclesiastici, signorotti, curiosi, testimoni, parenti di vittime quando Gilles si autoaccusa ed accetta il suo destino e si pente in modo talmente vigoroso da garantirgli la Santita’ e da garantire il perenne e atroce dubbio che davvero De Rais sia stato il primo Libertino di Francia, secoli prima di quelli creati dalla penna di Sade ).
Nonostante l’ottima ricostruzione, nonostante l’analisi del pensiero di Fromm, Freud e Lorenz sull’aggressivita’ umana e il mettere in luce le finalita’ puramente sessuali dei delitti, Ferrero non sembra pervenire ad una conclusione; o meglio, ne suggerisce un ventaglio ( tra cui anche quella fatta propria da Tournier ) di cui pero’ non ci dice quale sia o possa essere la piu’ ragionevole.
Eppure il pentimento e gli interrogatori che detto pentimento scatenarono sembrano suonare sinistramente simili alle interviste che il Professor Karl Berg condusse con Peter Kurten, il Mostro di Dusseldorf, prima dell’esecuzione e mi sarebbe piaciuto che Ferrero avesse investigato maggiormente in questa direzione invece di unire varie modalita’ di analisi che alla lunga poco ci dicono; la storia dei fatti diventa incontrovertibile, ma e’ nel ricercare il perche’ che l’impalcatura eretta da Ferrero scricchiola. L’autore sembra aderire alla tesi criminologica secondo cui i delitti seriali o sessualmente motivati siano “ delitti senza movente “ e preferisce focalizzare la sua attenzione sul contesto storico, sugli intrighi, sul potere della Chiesa, sulla superstizione piuttosto che nella bramosia carnale di sangue e di morte.
Citando Sade Ferrero e’ nel giusto, ma appunto si rimane nella mera citazione e si abbandona presto questa strada per seguirne altre magari piu’ accademicamente suffragabili e appetibili ma non del tutto convincenti.

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