mercoledì 6 gennaio 2010

In questa tenebra


Nessuna certezza; un accumulo insensato, stereotipato, costipato di fugaci emozioni, lasciate a marcire contro gli stipiti delle porte, e dei negozi appena aperti. La mensa della Caritas e i suoi odori di merda, ideale cornice post-gotica di un ventre insondabile di anomia, fallimenti, desolazione e approdi; c'è un prezzo per tutto, in questa tenebra solitaria. Dove tutti vorremmo essere accolti, amorevolemente, dall'illusione di esserci.
La madre di Amanda Knox, la giustizia italiana e la sua nemesi americana, l'orgia di Halloween, Erasmus, l'integrazione razziale, volti negri giunti dal cuore di tenebra; avanza piano l'essere, come quel coltello che ha spacciato Meredith.
Annoiati, abbiamo costruito una formazione sadomaso laocoontica di cronaca nera, imbastita di promiscuità e testimoni imbecilli; povera pornografia di provincia, passata da Jessica Rizzo ad Amanda Knox. Il fascino di Amanda, titolano i giornali, il fascino acqua e sapone di una mangiatrice di uomini; e passano il segno, e il senso del ridicolo, riciclano timide analisi lombrosiane, frenologiche quel tanto che basta per permettere a Picozzi di ingolfare ancora una volta il paradiso catodico.
Il mestruo.
Il sangue.
L'euresi.
Il tanfo insopportabile di un'orgia di morte, di sesso bollente condito da droga alcolici e scenari sadiani alla Francis Bacon; abbiamo chiuso Peter Sotos fuori dalla porta, e lasciato entrare un consapevole praticante di sadomaso desideroso di convincerci delle sue personali epifanie.
Le foto impilate di Abu Ghraib, le feci sui corpi ammassati, i tendaggi, le celle cupe e sporche, i corridoi infiniti tenuemente illuminati da fari neon, i soldati, le uniformi, i cani tenuti al guinzaglio corto, il dolore, l'umiliazione, il cancro dell'anima, un sadomaso poco new age e senza amore. E proprio per questo meravigliosamente vero.
Amanda esecutrice di una volontà tardiva.
Prendere i giornali, mentre si sosta attendendo la metro e formulare un equo giudizio di colpevolezza, sentire percepire fiutare la composta sofferenza dei genitori di Meredith, la dolce creativa gentile Meredith che partecipava ad ammucchiate e sesso estremo e che è finita, come nella migliore tradizione tanatografica, ad abbellire le pagine interne della cronaca nera.
Siamo davvero tutti in fondo ad un inferno, in cui ogni istante è una eternità, come dice Cioran, e per i genitori di Meredith è un attimo ancora più lungo; il riflesso dell'abisso, abbacinante, abbagliante, un fuoco che balugina dal profondo, e che erode ogni certezza acquisita. Faticose illusioni di amore filiale, feste andate ed estinte, i sacrifici per farla studiare, il sogno-utopia di un futuro felice, sereno, i ricordi strazianti del passato, delle feste comandate, il freddo silenzioso di una camera rimasta (per sempre) vuota.
Una madre non capisce, fin quando la verità non le viene messa, dolorosamente, ad un palmo di mano; una madre vuole illudersi che tutto vada bene, che certe cose non possano accaderle, e quando invece le capitano si strazia, indulge in autocommiserazione, non trova conforto in chiesa, in dio, nelle nuvole basse lungo l'orizzonte, quando ogni mattina deve prendere la metro per lavoro ed incontra lo sguardo severo degli altri passeggeri. I loro universi metropolitani di felicità posticcia sembrano, adesso, un abisso di piacere, una felicità senza eguali.
Il porno di massa si è traslato sui loro volti - le farraginose ricostruzioni criminologiche passano per il cassetto da notte di stupratori seriali, analisi compiaciute e autoreferenziali, barocche nella loro terminologia; sappiamo tutto delle persone che ci spiegano il crimine, di chi ce lo indica, di chi ne scrive, di chi lo vende e rende merce, ma non sappiamo nulla del vero dolore patito dai familiari. Una estesa, catartica logica della sensazione; affreschi di sangue e merda, lasciati qui da chi ne sa di più.
Voglio più sperma sulle foto bianco/nero di vittime, di queste vittime - voglio più decomposizione nella speranza della ricongiunzione tra cielo e inferno, vermi pasteggiano con la speranza di una figlia realizzata. Psicopatia sociale, tra pagine di libri accademici e scatti fotografici - Witkin e Fabrizio Corona; epoca di trans elevati sull'altare della realizzazione, e di morte. Il bambino deceduto e la campagna acquisti, l'esecrabile non ha più una dimensione contingente. Ed ora, il pervertito è l'ultimo dei moralisti.
La madre di Meredith ci chiede di ricordare il faccino della figlia, ma è speranza vana, è giusto lo sappia; quel volto sarà consumato da altri, da centinaia, migliaia di altri. Nel turbinare industriale della pornografia giornalistica, che erutta quotidianamente lascive ricostruzioni fattuali della cronaca nera. Ogni donna morta col volto coperto di sperma, transizione ideale per esprimere la sussistenza della miseria, in cui ci crogioliamo e a cui vogliamo ricongiungerci.
Le strade di Perugia, i locali jazz, la finta epopea multiculturale, l'accoglienza, la tolleranza, le mura medievali ed il freddo di un lungo inverno, una casa per fuorisede, stella polare di perversioni e longitudini astrali che da Seattle conducono in Umbria, tanto dolore, tanta angoscia, tanta ansia, voli aerei per portare famiglie spezzate ad incontrarsi nell'aula di tribunale. L'omicidio come rito di passaggio. I primi piani sorridenti, e la determinazione di avvocati che citano filosofi mai davvero letti.
Questa è la pornografia che ci viene servita, senza tanti complimenti; la pornografia di cui ci nutriamo e che ci sta intossicando. Ne perdiamo la fisionomia, il gusto, il senso persino.
Il dolore deve essere assaporato senza ipotesi di bulimia, con passione, con lenta studiata metodica freddezza.
Il dolore ci rende liberi. E vivi.

Nessun commento: