venerdì 26 febbraio 2010

La prima cosa che vedi





La prima cosa che vedi è la luce sparata dritta in faccia, calata dal soffitto, ti avvolge, ti cinge, ti impedisce di vedere con chiarezza i volti degli individui che ti attorniano famelici, questa luce recita la parte amorevole e sicura di una madre fin troppo indifferente, sei stesa sul tavolo da biliardo attorno musica hip hop vociare confuso rumore di stoviglie e di piatti e di tegami e di pentole odore di sudore di adrenalina di marijuana di tabacco pesante tipicamente sudista, il ghetto è fuori nella tenebra notturna tra insegne neon crepitanti come fuochi di plastica e le ultime stelle disegnate tra le scale anti-incendio, e questa luce scorreggia una sinuosa flatulenza bianchiccia di poca speranza, nessuna empatia, le slot machine e i Naughty By Nature e Necro ed i testi di violenza posticcia, gli uomini giocano con le tue grosse flaccide pallide tette di casalinga le plasmano le manipolano imitando scadente pornografia dozzinali esempi di scopate in digitale, bevono birra sangria calda vodka rhum whisky, il conforto del Sud e il fango e le tsunami urbane, come un treno poco illuminato lasciato a marcire sotto le assi della ferrovia una stazione due stazioni tre stazioni e poi via nel ghetto e nella down-town, le fisionomie povere i falò dentro i bidoni super-eroi proletari negri venditori coreani glicemia colesterolo dieta a base di crack e hamburger, dormono stipati dentro stradine nebbiose come una Londra vittoriana cantata da Grunt, le industrie le fabbriche i taxi gialli e le luci le luminarie le desolanti distese di case abbattute l’aeroporto l’acqua dell’Hudson una baia un ponte locali porno e peep show e club per mariti annoiati dentro cui sorseggiare Martini, una corsa terminata male.
Decisamente.
Non c’è mai un vero motivo per stuprare. Se non lo stupro stesso.
Dominio, forse.
Presa di potere. Irruenta animalesca brutalità concentrata nel giro di interminabili minuti, creazione di un grado purissimo di pornografia – sei diventata la loro Tralala, scherzavi, bevevi, ti facevi toccare giocando alla trasgressiva, alla disinibita, alla equanime amante dell’interracial, hai visto troppi film come Blacks on Blondes o Ghetto Rammers o altre tipologie posticce di umanesimo aggiornato ai tempi dei cazzi ipertrofici.
Adesso è troppo tardi. Decisamente.
Hanno fiutato il sangue, e non molleranno la presa. Sono impazziti, digrignano i denti, hanno le mani sudate e spugnose, si muovono in branchi scimmieschi, ballano al ritmo di 50 Cent, battono a ripetizione il cinque si passano di mano in mano canne e bottiglie di whisky e di birra fanno mischioni preoccupanti, se li guardi negli occhi non vedi traccia di compassione di empatia alcuna forma di carità o di pietà, solo una brama abissale, sub-urbana, fatta di una esistenza deprivata, inutile, noiosa, stereotipata, di crimini istituti correzionali per minorenni o prigioni di alta sicurezza colloqui con psichiatri depressione rabbia sorda e cieca e nessuna particolare felicità per l’elezione di Obama, lavori umili sfruttati sotto-pagati, parenti morti suicidi padri abusanti madri prese a cinghiate generalmente prostitute mogli da cui divorziare o da cui tornare a notte fonda soltanto per il gusto di prenderle a cinghiate davanti i marmocchi terrorizzati, nessuna considerazione per la donna, la donna come insieme di buchi da violare da scopare da fottere disperatamente in ogni orifizio.
Mi dispiace per te, ma non se ne andranno.
Non si accontenteranno di qualche offensiva palpata.
Non bastano le tette e i capezzoli eretti e le mutandine bagnate e la fica penetrata prima con le dita sporche e luride e poi dai cazzi più avventurosi. Alcuni sono nudi, altri hanno sbottonato le patte e ti colpiscono in faccia sui capelli sulla fronte coi loro cazzi prepotentemente eretti, continuano distrattamente a sorseggiare birra e variegati alcolici assaporando il loro turno, non sai quantificarli, hai troppa paura per articolare ragionamenti che vadano oltre la tua mera sopravvivenza.
Un’esplosione di violenza. Insensata potrebbe dire qualche solone della televisione, ma la violenza ha sempre un senso. Il gusto acre, raffinato dell’abuso – guarda gli altri avventori, guardali fermi immobili cristallizzati come statue di cera, bevono parlottano di tanto in tanto ti rivolgono delle occhiate perplesse e non capisci se qualcuno stia formulando il pensiero di aiutarti o se invece si tratta di mera invidia per i negri che ti stanno scopando.
Sei coperta di sangue, sudore e lividi. Qualcuno ti ha colpito forte sulla bocca, rompendoti un labbro ed ora sanguini, senti il sapore metallico del sangue scenderti sulla lingua, mentre un cazzo enorme sudato sporco e con la cappella di dimensioni sproporzionate si fa largo tra i denti la saliva e il sangue e ti penetra la bocca con estrema foga, disegnando un grottesco makeup di sperma e liquidi umorali sulla tua faccia. Qualcuno ti fotte nella fica e nel culo, senti un dolore fortissimo, fitte e scariche, vorresti la smettessero ma non puoi parlare, non puoi parlare perché hai quel cazzo saldamente piantato in gola che ti impedisce di parlare, puoi solo emettere dei gorgoglii strozzati da troia al macello.
Stai piangendo. Singhiozzi. E la cosa aumenta il loro piacere.
Li senti scherzarci sopra. Le lacrime della puttana bianca. Eccoti l’amore del ghetto, la trasgressione di una sera diversa.
Hai mai visto i film privati di Jamie Gillis?
Ne dubito, ma se lo avessi fatto sapresti che questa massa sbavante ed urlante di poveri idioti non ha un suo motore universale, agisce preda di disarticolati impulsi sessuali – non vere voglie da soddisfare, ma solo un trofeo da esibire.
In The Humiliation of Heidi, Jamie riveste il brillante ruolo di un carnefice alle prese con la piccola, magra Heidi, una meticcia verosimilmente tossica con piccole tette e una intensa propensione al dramma morale: Jamie la lega, la frusta, ma soprattutto distrugge la sua personalità con un sapiente uso delle parole. Ogni sua parola è infatti accuratamente selezionata, gioca con le pause le attese con i singhiozzi della piccola ma non tanto innocente Heidi, affossa la sua autostima, la priva persino della rassicurante autoconvinzione che ogni porno starlette pone a fondamento della sua sopravvivenza nel business, la convinzione cioè di essere una attrice. Non c’è spazio per la finzione nel mondo di Jamie, e a differenza di questi negri sottoproletari che agiscono spinti e guidati e tiranneggiati dai loro cazzi, lui sa quel che sta facendo.
Sa premere i giusti bottoni, percorrere i sentieri che meglio di altri rivelano la consistenza debosciata della povera Heidi – senti gli schiocchi crudeli del frustino, la pelle striata blu di lividi come quella di una madre percossa i processi le cause di separazione e di affidamento dei figli, i film di Jamie e le foto di Donna Ferrato e di Vera Anderson e di Nan Goldin, volti butterati gonfi di farmaci e di droga e pestati a sangue da fidanzati e protettori e genitori e mariti figure patriarcali devotamente ancorate al canto assoluto dell’abuso, senti quei colpi menati duramente, senza sosta, senza tregua e pensi all’ipocrisia del mondo, alle favolette, al pianto dirotto e cianotico di Heidi, alle sue miserande invocazioni di pietà, alla richiesta di misericordia e dove non arriva con strepiti urla e parole ecco i suoi occhi colmi di lacrime e lucciconi, ma Jamie è giustamente indifferente e continua a punirla come si conviene.
Che cosa credevi? Questo è un film porno!
Le urla in faccia, tanto per schiarirle le idee.
Da giovane lessi a Sangue Freddo di Truman Capote e mi dissi che avrei dovuto leggere solo roba come quella, dichiara Peter Sotos.
Un’ossessione è una guida formidabile.
Questi negri sono ossessionati, mentre ti scopano in ogni buco. Mentre ti fanno urlare e piangere e disperare e mentre, concretamente, stanno rovinando la tua vita.
Un’ossessione si traduce nei colloqui con lo psichiatra, che dovrai sostenere una volta terminata questa esperienza. Nelle morbose sistematicamente reiterate domande di giornalisti procuratori distrettuali femministe amici avvocati della difesa, tutti segretamente convinti che te la sia cercata.
Domande come:
cosa ci facevi a quell’ora in quel posto?
Perché una donna come te non sta a casa col ragazzo?
Quanti cazzi ti hanno penetrata?
Hai goduto?

Sai già che sarà un calvario, una insopportabile via crucis di flash fotografici e domande sconvenienti, poste ovviamente soltanto per capire meglio la dinamica dell’accaduto. Questo è quel che dicono. La menzogna suprema.
Un’ossessione che ti cresce dentro. Che ti porterà alla ospedalizzazione coatta. Ipocondria; aver contratto qualche malattia, qualche bacillo infetto di una morte-in-vita che sballonzola tra globuli rossi e bianchi. Paranoia; essere seguita, pedinata, aver terrore che tutto questo possa accadere di nuovo.
Dovrai convincerti di essere speciale, e sperimenterai un grado di solitudine tale da ucciderti ogni giorno e farti rinascere per poi ucciderti ancora, una cento mille volte, tagli inflitti con metafisici coltelli e vetri infranti e frammenti di follia, una vita indegna di essere vissuta, una vita grigia condotta solo per ossequiare la pigrizia fisiologica del non farla finita.
Sappiamo tutti la verità.
Sade la conosceva.
E così Capote, Foucault, Jamie Gillis. Westley Dodd. E Dutroux.
Selby jr. ci è andato vicino.
Ma tu ora ci sei dentro del tutto. E’ inutile che cerchi di autoconvincerti di essere diversa, unica speciale, perché davvero fidati non lo sei, una via di fuga non esiste, resterai per sempre piegata distrutta dal ricordo crudele di ciò che hai patito e sofferto e mentre il taxi che ti porta a lavoro scorre lungo la strada tra i grattacieli e il rumore sordo del traffico e i clacson e le imprecazioni di predicatori millenaristi, mentre guardi con apatia le mura grigiastre istoriate di graffiti i locali i ristoranti i parchi e poi sopra il cielo nascosto oscurato dalle antenne dalle tettoie dalle grondaie dalle sagome imponenti dei grattacieli, mentre ti chiedi perché sia capitato proprio a te formulando una risibile cosmogonia di ingiustizia universale, percepisci la rottura del tuo spirito, della tua anima, smetti di essere umana, una persona con i suoi sogni e le aspettative e le prospettive, l’orizzonte si chiude a riccio si rinserra in assetto da guerra per una strenua difesa di autosopravvivenza.
Ecco.
Quella violenza subita ti perseguiterà. Ti ossessionerà nei rapporti con capi di lavoro, amici, colleghi, amanti. Non sopporti già adesso l’idea di un sesso, di un cazzo da leccare da succhiare da adorare. Di farti scopare.
Provi nausea, disgusto, un insondabile arcigno senso di asfissia. Le giornate si faranno tutte uguali, tutte prive di felicità. E di amore.
Amore.
Se ci pensi sopra, ti sembra quasi impossibile averlo provato in passato.
Ti domandi, piangendo e mentre il taxista corruccia la fronte in una espressione interrogativa, dove è finita la giovane te, dove è evaporata quella ragazza che sapeva essere felice con una vita piena e soddisfacente, dove è andata?
I volti bianco/nero, ritagliati dai giornali, di Channon Christian.
Tiffany Long.
Emily Rimel.
Sorridono graziosamente in espressioni sgranate dai pixel. Sommi accatasti dentro casa in cassetti e sugli scaffali libri sullo stupro sulla violenza urbana sul delitto seriale, il tuo unico conforto diventa la voce lontana e gracchiante di qualche anchor-man, di qualche presentatore sensazionalistico voglioso di avere materiale per storie intrinsecamente pornografiche.
Un dolore che non passa.
Che non tramonta.
Che non finisce. E mai finirà.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Scusa, vorrei sapere come fai a conciliare la tua vicinanza a un fascismo di tipo sociale come quello di casapound, mutuo sociale tempo di essere madri ecc., con questa roba? Lo vorrei sapere senza alcun intento polemico, solo per capire, grazie

AV ha detto...

Di certo sarei stato il primo a pormi domande se l'articolo immediatamente precedente o seguente di "la prima cosa che vedi" fosse stato un mio spot apologetico a campagne in favore dell'amore materno o dei "valori" familiari.
Ma così, in tutta evidenza, non è.
In realtà, i riferimenti di linking al "fascismo" (sociale o non sociale) che trovi su questo sito sono ben precisi; sono quelli al forum Vivamafarka, alla band ZZA e via dicendo.
Non tanto al "fascismo sociale" o a CP intesa come struttura politica ed organizzativa (non che io abbia poi qualcosa contro CP, per carità), quindi Tempo di Essere Madri o Mutuo Sociale o campagne specifiche e sociali.
In linea di massima potrei anche far notare che la vera "anima" (nel senso anglosassone di "core" e non di "soul") del sito risiede nei libri indicati sul fianco della pagina; lì il "fascismo" che vedi esplicitato è eminentemente anti-sociale, elitario, e di morfologia non facilmente riconducibile ad unica matrice, mescolato adeguatamente ad altre letture che reputo fondamentali per la mia formazione (e bada anche qui; per la MIA formazione, non le ho messe lì perchè le consiglio...se poi qualcuno invogliato le legge, meglio così ma non era quello lo scopo).
Per quale motivo ho virgolettato il termine Fascismo sopra? Non certo per pudore o per presa di distanza; ma solo perchè è...riduttivo e tutto sommato ingiusto nei confronti del fascismo stesso star qui a sentenziare che tento di operare strane crasi.
Su Halogen, lo puoi constatare andando a ritroso nei post, non ci sono molti post di stampo lato sensu politico. Praticamente nessuno, anzi.
Questo blog è devoluto principalmente alla espressione di miei punti di vista, gusti e interessi, nessuno di questi mi porta a voler mettere su una famiglia o a voler celebrare i valori familiari, quindi figuriamoci quanto sono...sociale, da questo punto di vista.
E' altrettanto evidente che dovendo lavorare e avendo una vita legata al mondo lavorativo (e venendo pure da una formazione giuridica legata al diritto del lavoro), in altra sede, esprima i miei punti di vista su fattori che sono, appunto, sociali. Ma non lo faccio certo su Halogen

Anonimo ha detto...

Ti ringrazio per la tempestiva e esaustiva risposta. Però ti dico la verità ancora non riesco a capire, mi dirai cazzi tua e c'hai pure ragione, come tu riesca a coniugare il fascismo (o i fascismi) con la sua chiarissima visione organica e mobilitizzante della società con il suo estremo opposto. Opposto rappresentato dal più meschino e ottuso individualismo (il segui i tuoi desideri/istinti ecc.) figlio prediletto dell'american way of life (e allora ecco i ted bundy ecc.). Come si fa a mischiare lebensborn a gilles de rais, Junger ai vari pornografi/ derelitti/mentecatti che affollano queste pagine(la alta e retta anima prussiana con la sordida ignoranza da ghetto americano)? Ben inteso ogniuno a il diritto, finchè non si entra nella sfera del penale, (e visti i tuoi studi lo sai meglio di me) di interessarsi a ciò che meglio crede, è il salto logico che non capisco.

Anonimo ha detto...

Rileggo solo ora il post, mi scuso per le svariate sgrammaticature.

AV ha detto...

La logica non c'entra nulla.
Dovessimo applicare la stretta stringente logica dovremmo prendere i libri di Junger (l'anima prussiana) e gettarli di corsa al macero visto quel che Junger pensava di Hitler (e che concretamente contribuì a fare contro di lui).
La realtà, quando smettiamo di parlare per slogan e per assonanze cacofoniche, è molto più complessa del manicheo bianco/nero con cui una certa parte politica ha fatto i gargarismi per anni ed anni (salvo poi smerdarsi nella realtà contingente MOLTE volte).
Scrivo quel che mi piace scrivere, quel che mi fornisce gratificazione, e non ci sarebbe peggior servizio che potrei rendere a me stesso cercando scuse o puerili giustificazioni.