giovedì 8 luglio 2010

Pornoprodromo; ancora su A Serbian Film





Un momento di grande rivelazione - non il Logos finalmente esibito, ma la deprivazione totale, abbacinante, un lampo che scuote la placida tenebra notturna e ti getta in faccia un lago rosso di sangue. Come nel vorticoso mulinare delle parole, feroci, disossate, disumane, espunte in fretta dal consesso della rispettabilità sociale che possiamo trovare tra le pagine di Sade, una (nuova) dimensione di isolamento e povertà emotiva, morale, esistenziale si fa largo nell'opera della guerra, e nell'opera sulla guerra.
La drammaturga inglese Sarah Kane, morta suicida in giovane età, nel suo primo fenomenale, e scandaloso ("disgustoso banchetto di sporcizia", per il critico del Daily Mail, Jack Tinker, sarcasticamente "omaggiato" dalla Kane nella sua seconda piece, in cui presta il nome ad un feroce e pazzoide medico in stile Mengele, attratto dalle mutilazioni e da un voyeuristico afflato di morte) atto di accusa contro la stagnante putrefazione dell'arte anglosassone (e non solo...), dal significativo titolo di "Blasted" (in italiano divenuto "Dannati") mette in scena una esplosione di brutale franchezza, un raggelante specchio dei tempi in cui nessuno può dirsi al sicuro- un pavido giornalista, dal carattere fintamente dominante, cinico ma poco scaltro, capace solo di prendersela con la sua amante, una donna insicura e mentalmente prostrata, sullo sfondo ombre tenui di delitti seriali, pornografia e massacri la cui eco sembra perdersi lontana. D'un tratto però la cronaca entra nella stanza d'albergo in cui i due stanno consumando il loro personale dramma di menzogne e violenza, prima un refolo disperato, successivamente un uragano impersonato da un soldato anonimo e senza nazionalità precisa (ma che capiamo perfettamente essere proiettato fuori dal ventre saturo di decadenza corruzione e morte del conflitto serbo-bosniaco); il soldato diventa l'incarnazione di una perenne cattiva coscienza, la voce tetra, monotona, ripetitiva ma decisamente efficace attraverso cui la violenza non ambisce ad essere rappresentata ma ad esserci.
Uno dei più organici e dolorosi tentativi di rendere un'opera d'arte esercizio concreto di un atto di violenza - e lo si capisce abbastanza agevolmente percependo la cesura che separa la prima parte del dramma, in cui la violenza è posticciamente e blandamente millantata dal protagonista, mediocre gi0rnalistucolo con una fissazione morbosa e professionalmente poco appagante per gli abusi sessuali e la cronaca nera, oppure dalla tensione sentimentale ed esistenziale della sua donna, incapace di opporre un risoluto no alle pretese sessuali del giornalista, dalla seconda parte, in cui il soldato irrompe portando con sè l'attacco frontale allo spettatore. Inculcando dubbi, e atrocità, chiedendo ripetutamente al protagonista (ma anche allo spettatore) se abbia mai esercitato vera autentica violenza; e la sua fredda lucida narrazione di atrocità belliche, a cui ha assistito o partecipato in prima persona, i neonati fatti a pezzil, le donne violentate e inchiodate alle assi delle porte, le esecuzioni sommarie, tradisce quella spinta a superare di slancio il nero dell'abisso. C'è un unico momento in cui il soldato ricompone le sue fratture interiori, i frammenti della sua anima, ed è quello in cui ripensa alla sua ragazza, brutalizzata ed uccisa dai nemici - è un istante, un istante di consapevolezza e dolore, di rivelazione.
Non a caso, primaria fonte di ispirazione della Kane sono stati la Bibbia (e non in senso religioso; quanto per la smodata e vorace tendenza a mettere in luce la carnalità della presenza di Dio, la ferocia, come voce a cui tendere per lasciarsi alle spalle la nomade disperazione, la solitudine dell'essere...il superamento dei limiti individuali per andare oltre il proprio desiderio, per riprendere ciò che Bataille notava nel profondo dell'opera sadiana e che Klossowski aveva eretto a prova decisiva della valenza metareligiosa del "canone" sadiano) e una emotiva, non meditata, lettura del Re Lear shakespeariano, opera questa in cui figura la radicale presa di coscienza di una antropologia autenticamente negativa ("mostro d'ingratitudine, l'uomo").
L'istante in cui lo spazio chiuso della stanza di albergo (torna la finitezza spaziale cara a Sade e ai suoi libertini, lo spazio recluso, cinto da torrioni, magma, disperazione, come il castello di Gilles de Rais, le cripte gotiche descritte da Valentine Penrose nel suo saggio sulla Contessa Bathory) esplode e deflagra, con potenza, con orrore. E' l'attimo in cui lo spettatore, catarticamente ma in maniera estremamente carica di sofferenza, percepisce che quella violenza non è didascalicamente messa in scena dalla Kane per fini lato sensu artistici, ma da lei vissuta e urlata in faccia allo spettatore.
A Serbian Film è un'opera dolorosa. Non gratuita, nel suo tentacolare e magmatico dispiegarsi di crudeltà, di sangue, di sesso non consensuale - non uno studio sul dolore e nel dolore, quanto dolore esso stesso. Non analisi (piùo meno metaforica) di violenza, quanto violenza esso stesso. Per l'occidentale abituato a pasturare con carnascialesche esibizioni di torture porn, il film serbo diventa l'ennesimo attacco alla cima di una sorta di guinness dei primati dell'estremo e del rivoltante; si finisce per darne una versione parziale, dimidiata, ambigua e soprattutto superficiale. Altrettanto scorretto sarebbe caricare il film di inutili orpelli sovrastrutturali, darne una lettura forzatamente e faziosamente "intellettuale": ho impressione invece che Spasojevic non abbia l'ambizione di fornire la sua particolare versione di torture porn, quanto di elaborare un suo personale atto di violenza.
Il pingue appassionato di horror americano ed europeo passa in rassegna varia carnografia, amputazioni, delirii di sangue, massacri, incesti e stupri, come sulla ruota panoramica di un luna park delle atrocità (rigorosamente in plastica), guarda televisione che alimenta continuamente l'eco lontana di terribili violenze, pratica giochi di ruolo o videogiochi in cui la violenza è continua, seriale, ripetitiva. Ma la sua esposizione alla violenza è sempre mediata, indiretta e fondamentalmente di matrice ludico-ricreativa; perchè questo appassionato non vive in società che, per quanto possano apparirci brutali, respirano ed incarnano, ontologicamente, una aspirazione totalizzante alla violenza.
I Balcani rappresentano l'unica area direttamente a contatto con il mondo occidentale ad aver sperimentato, in tempi recenti, un conflitto di rara ferocia; stupri, violenze, omicidi, massacri, bombardamenti, campi di concentramento, il tutto sia come attori che come vittime. Il giovane americano che impazzisce per Hostel o per Martyrs al sentir parlare di campi di concentramento va con la memoria alle sbiadite foto dei libri di storia, alla seconda guerra mondiale, non nutre quel contatto diretto, esistenziale, con la pratica estrema della violenza di Stato, con il rullo compressore di un carro armato che spiana abitazione e sogni, uccidendo in un colpo solo tutti gli affetti di una vita.
La Serbia ha ferite fresche. Una spina dorsale incrinata - anche dal mondo occidentale, che sotto la scusa tronfia dei diritti umani ha bombardato e massacrato Belgrado. L'italiano che oggi aspira ad una proiezione di A Serbian Film, è lo stesso, antropologicamente, che guardava in rewind i lampi verdi e le scie sagittali dei missili sparati a profusione sulla capitale serba, il francese che oggi cerca redenzione nel nuovo torture porn ha un concetto di violenza che arriva dai siti internet di pornografia estrema e che probabilmente non ha idea di quale rumore faccia una donna pugnalata nel profondo della vagina...
Abbiamo perso, se mai davvero ne abbiamo avuto uno, il senso della violenza, esercitata e subita, non sappiamo davvero soffrire perchè non sperimentiamo, nella nostra esistenza, una continua, sistematica, scientifica violenza.
Il film serbo ambisce invece a ricordarci cosa significa soffrire...

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Buongiorno,non mi pare sia stato rilasciato in dvd, dove lo hai visto?
G

Anonimo ha detto...

Cerca A.Serbian.Film.2010.DVDSCR.XviD-P2P

AV ha detto...

Ho la ventura di conoscere il regista, da prima che divenisse regista di "a serbian film" - relativamente a breve, GROSSE novità