lunedì 26 luglio 2010

Invisible Lives / Brazilian Street Girls - Leticia Valverdes


Claudio Camarca e "I Santi Innocenti", Marie-Fance Botte e i suoi "bambini di vita", Kent Klich e i vari mocciosi malati di AIDS privi di ogni futuro e residua speranza, Stephen Shames e le ossessioni umanistiche di solidarietà ed amore per il prossimo (necessariamente vessato), Olivia Gay e il realismo esasperato degli scatti sessualizzati - nulla di meglio, quando finiamo a parlare di arte intrinsecamente pornografica, di umanisti allo stadio terminale.
Di quegli artisti, fotografi o giornalisti o scrittori, che vogliono convincerci di quanto male e di quanta sofferenza regnino sovrani nel mondo.
Epifanie tailandesi di blowjob dentro scassate capanne in riva al mare, orde di tedeschi obesi dediti a gare di sborrate in faccia a ragazzine tailandesi, sbronzi, verosimilmente strafatti, paonazzi in viso e sudati, consumano le loro scopate frugali tra kleenex lerci, zanzare, puzzo di sudore e piscio, macchie in espansione di sperma, dietro quattro assi di legno traballante e una tendina di pessimo gusto, ultima frontiera prima della totale distruzione della dignità - MarieFrance Botte ne soffre, eppure, sia pur piegata in due dai conati e dal disgusto e dalla empatica condivisione di sofferenza con le ragazzine vittime, mantiene quella lucidità necessaria per raccontarci in ogni minimo dettaglio le gang bang di questi laidi turisti sessuali.
(In)degna carrellata di atrocità parapornografiche; colloqui dolorosi con pedofili malati di AIDS, con genitori intenti a vendere i figlioletti, squarci di paesaggio d'inferno, le povere ragazze che nel rogo del bordello in cui erano segregate e costrette a prostituirsi rimasero incatenate al letto, e furono ritrovate dai pompieri in guisa di tizzoni ardenti; carne bruciata ed urlante, senza alcuna via di scampo.
Kent Klich, lo sapete, si sente ardere dal sacro fuoco dell'indignazione (no pun intended), è straziato da quei volti infantili devastati dal sarcoma di kaposi e dalle aride stanze degli orfanatrofi socialisti, eppure rimane fermo, immobile, col dito premuto sulla macchina fotografica per darci una testimonianza di amore e fratellanza con sopra stampato il codice ISBN e il relativo, non modesto, prezzo.
Leticia Valverdes aspira ad essere, al tempo stesso, emula di Stephen Shames e di Olivia Gay; di Shames, epigona concettuale, battagliera pasionaria pronta a mettere sul tavolo le nude carte della realtà brasiliana, la stessa carica di furiosa indignazione. Della Gay invece riprende certi stilemi tecnici, certe pose, certe riprese, certo iper-realismo virtuosisticamente colorato.
Invisible Lives/Brazilian Street Girls ha un tocco morbido e soffuso di disperazione obliqua; chi ha familiarità con l'opera di Salgado, non potrà non notare certi sguardi che tornano, certi corpi flessuosi e di scarna povertà, messi lì a tradire il simbolismo dello sfacelo, della miseria, interni di case abitati da famiglie estese.
Ma a differenza di Salgado, nell'opera della Valverdes di redenzione se ne intravede poca; in fondo, per convincerci del male, per farci stare davvero male, per renderci empaticamente complici di sfruttatori capitalisti e maiali sessuali l'unico modo è andare dritti per la strada della nefandezza compiuta. Ma scattando in maniera tecnicamente ineccepibile.
Così la fotografa brasiliana, convenientemente, bandisce ogni traccia di allegria, di umanità; d'altronde una vita per essere evocata dall'invisibilità deve essere dipinta in maniera accesa, vivida, in modo tale che colpisca la nostra immaginazione e soprattutto la nostra pancia. Fotografia di ventre, di istinti bassi. In linea perfetta con gli umanisti d'assalto, produttori di grandiosa pornografia per noi degenerati.
Ma la Valverdes ha un'idea geniale, seconda solo a quella di Camarca quando si finge pedofilo per portarsi in albergo una prostituta minorenne: vuole ridare la percezione della propria immagine a queste sfortunate figlie del Brasile. Costrette a vedersi deformare da specchi sporchi e dalle vetrine di negozi a cui non potranno mai avvicinarsi, le fornisce di trucco, make-up, vestiti dignitosi e facendo leva sui loro istinti infantili e civettuoli le rende modelle, più o meno, consapevoli di scatti in cui produrre il trionfo della...identità.
Da sempre a quanto pare una fissazione della fotografa, l'identità qui diventa un esercizio di stile e una crudele messa in scena del tono kitsch e grottesco (exploitation) con cui queste ragazze, ingenue, povere in canna, disposte praticamente a tutto, si genuflettono agli scatti socialmente consapevoli dell'autrice del photobook.
Praticamente, un supermarket di annientamento emotivo.

4 commenti:

mod ha detto...

vabè.
colpita e sanguinante.

bondearte ha detto...

Belisima texto!!
Enquanto isto o governo Brasileiro, tenta vender para o mundo uma imagem de um país que
se transformou do dia para noite na setima maravilha do mundo.
No Brasil nós brasileiros temos muito o que fazer para mudarmos esta dura realidade, da pobreza e
da prostituição barata de meninas
e adultos que perambulam pelas ruas sem emprego e vivendo com uma pobre cesta basica de alimentos fornecida pelo governo.
È preciso que os brasileiros trabalhem no sentido de possibilitar mais :
Educação(para todos)
Melhor distribuição de renda
Combate duro a corrupção
Combate a violência nas grandes cidades.
Congratulações pelo blog

Anonimo ha detto...

now in my rss reader)))


thanxxx
loans for the unemployed

Anonimo ha detto...

Bhe non si scrive più?
Le letture del blog erano tempranti...

-Mejnour-