domenica 25 luglio 2010

American Campgrounds, di Philip Best


Sulla strada, accadono cose bruttissime - dimenticate la beat generation, la celebrazione del viaggio e degli spazi sconfinati, le pompe di benzina e le foreste e le montagne e le città che hanno colonizzato deserti inospitali, dimenticate la speranza e la certezza di una qualche gioia, dimenticate l'azzurro del cielo l'ocra delle montagne rocciose il verde smeraldino del Vermont e del Colorado, le pubblicità sorridenti ed irridenti di vari fastfood, storie di camionisti e il peso invisibile della Frontiera.
Shasta Groene sa cosa significa viaggiare. Sua madre, il patrigno e un fratellino massacrati a bastonate da un predatore sessuale, Joseph Duncan, con alle spalle una lunghissima storia di precedenti specifici per molestie sessuali in danno di minori ed omicidi e stupri, lei e un altro fratello rapiti e portati dietro dal "mostro", come trofei per variazioni sul tema sessuale; una storia moderna di schiavitù, e di viaggio.
Non una esperienza di crescita e di liberazione ma al contrario di degrado, ossessione omicida, umiliazione ed espiazione, ogni chilometro percorso come metafora di un avvicinamento sensibile alle porte d'inferno.
Philip Best, ricorrendo all'arte del collage, giustappone immagini che richiamano alla mente la ferinità della natura umana, ritagli di giornale, scenari apparentemente di sogno, tempeste e spazi urbani, uno studio da bestiario medievale, corredato da uno scritto, Bodyguard, di Peter Sotos. Antica arte del collage, via magica per raggiungere la gratificazione istantanea - non tecnica, ma sostanza.
Dimenticate Jung, sincronie, Lacan, paranoia-critica, surrealismo e Dalì; si va dritti all'osso, alla gaudente e piangente celebrazione della bestia che vive nell'uomo, ogni volto è un cono d'ombra, argilla screziata da mestruazioni apocalittiche. Un commento per sadici allo stadio terminale, una tenera carezza al corpo putrefatto di una starlette porno - non c'è futuro per chi si incammina.
La lunga marcia del nostro scontento.

3 commenti:

mod ha detto...

ho bisogno, alla fine, di sentirmi felicemente ingannata che l'orco sarà punito crudelmente. preferibilmente da una bambina bionda dagli occhi innocenti.

love, mod

Anonimo ha detto...

Ah merita?
La roba che usualmente posta sul blog non mi ha mai detto troppo.
G

AV ha detto...

Sono un grande appassionato della vicenda di Shasta Groene, quindi senza dubbio il giudizio ne risente e ne è influenzato; inoltre l'edizione è secondo me esteticamente buona, a differenza di alcuni altri libri Creation che non si potevano proprio guardare...
Naturalmente sono il primo ad ammettere che il costo resta usurario...