martedì 25 marzo 2008

Il Disgusto della Decadenza


Ti disvela il senso profondo dell’abisso e lo fa con un timido morbido abbraccio di raffinata consistenza, sei fermo cristallizzato nella tua posizione e il tempo muore e tutto ruota e vortica e vedi luci rifrangersi contro gli specchi e le vetrate e mille volti protesi verso il nulla, volti che se aguzzi lo sguardo capisci essere tutti tuoi.
Come la carezza di un ragno, una ragnatela di seta che se ne finisce sparata tra le pagine decadenti di vite vissute e dimenticate, vedi scorrerti davanti agli occhi i tuoi trionfi ed i fallimenti, e l’acqua alla gola ti getta nell’ansia, concupiscente brama di emergere fatta speranza e oh si tu odi la speranza perché è solo afflizione meramente cristiana, disfacimento potenziale di una brama oltre-umana; la palude ti si chiude attorno, come salamandre caotiche e fiammeggianti porzioni di non-esistenza, i tuoi ritmi, i ritmi non tuoi ma imposti perentoriamente dalla socializzazione ti agguantano alla gola e cauterizzano le tue smanie, quel mistero post-eleusino salito sul Golgotha del mondo moderno a guardare con pop-corn e occhiali a specchio l’agonia di un Cristo inconsistente.
Gettarsi di sotto, tra i massi e il deserto; ci fai un pensierino. La follia non c’entra nulla, pur se quelle Baccanti agghindate ed in processione e poi via tra le ritmate strofe di un canto o di un pensiero platonico sussunto nel Fedro ti si parano davanti pure loro, e ti rendono un consuntivo di tante facezie arse ed erose come i massi che contempli serafico, estatico e beato. Gettarsi come liberazione, prima che il nazareno abbia esalato l’ultimo respiro e adempiuto la sua missione di parassitismoe motivo; gettarsi perché non vuoi dover rendere grazie a quella scarna figura vestita solo di un lacero panno, le sue carni straziate, il sangue, il fielo, la gloria imperiale di Roma che contempla ed assiste cerimoniosamente amministrando la morte.
Ogni suo attimo è un secolo della vita degli altri, - finchè egli faccia di sé stesso fiamma e giunga a consistere nell’ultimo presente (Carlo Michelstaedter, La Persuasione e la Rettorica)
Psichiatria. Sociologia. Decostruzione analitica della devianza, e del problema. Perché una scelta individuale di libertà è stata svilita appunto a problema; e chi ci insegna, impartendo lezioni di dubbio gusto, che una vita, una qualunque vita è preferibile al silenzio dell’oblio vuol farci dimenticare solo conta la qualità, il potere della volontà, il sacrificio individuale e giornaliero, l’ordalia di lotta totalizzante combattuta contro le sabbie mobili della nullificazione esistenziale.
Fingiamo di dimenticare che molto spesso la vita moderna, atomizzata, privata di senso o imbottita di fallaci promesse miranti all’aumento della produttività, è già di suo una piena non-esistenza, un non-vivere dipinto coi colori sgargianti del principio “la vità è bella”. Chiamati ad accettare qualunque imposizione, incatenati all’etica cristiana e a quella capitalistica, siamo ridotti a meri utenti il cui unico scopo è generare un profitto.Ci è stata negata persino la libertà di dire No, di opporre un solenne e sonoro rifiuto alle imposizioni di socializzazione coattiva; se rifiutiamo i ritmi, i divertimenti, lo stile non-stile, di questa massa caotica e inutile di zombies protesi verso il baratro della inconsistenza veniamo additati, marchiati a fuoco e allontanati dal consesso sociale, come i Proscritti che vagano per le distese del gelido Baltico mentre le onde montano ed il vento salmastro porta con sé la memoria del passato.
L’assoluto non l’ho mai conosciuto, ma lo conosco così come chi soffre d’insonnia conosce il sonno, come chi guarda l’oscurità conosce la luce (Michelstaedter, op cit)
Non esiste più un senso di sacrificio, una spiritualità barbara e costruttrice, quel moto interiore leggermente guerriero che ci spinga verso conquiste e nuove mete, a costo di farci finire nella fiamma eterna dell’Inferno come capitò in sorte all’Ulisse dantesco.
E se nei giorni dell’odio, nel crepuscolo degli Dei, ecco i democratici chiedere il conto di una scelta differenziata e superiore, proprio come i loro avi cristiani che relegarono all’inferno Ulisse ed i pagani scopritori e fondatori di civiltà, i liberatori bombardatori massacratori s’avanzano imponendo la loro legge e asserendo, tracotanti e piegati dal peso della loro menzogna, che la vita è meravigliosa, la vita è meravigliosa tra questi carnascialeschi banchetti di morte, tra sangue, violenze carnali, processi sommari, impiccagioni, fucilazioni e lu cupe grida della tortura, la vita è meravigliosa dicono ed insegnano e scrivono nei loro libri.
La vita che loro hanno imposto è schiavitù.
Una schiavitù che puzza di decomposizione.
A quel tempo, parlava di suicidarsi. Ma il delitto così vagheggiato era un atto volontario, libero; ora, una forza estranea e idiota aveva riacceso questo proposito violento e privo di qualsiasi pretesto, che forse era stato un’esplosione di vitalità, e lo spingeva a viva forza per il monotono vicolo della malattia verso una morte tardiva. Per questo, avvertendo l’umiliante cambiamento di potere, si era attardato nel suo estremo rifugio. Era rimasto immobile, temendo di fare il minimo gesto, sapendo che a quel gesto avrebbe corrisposto il suo decreto di morte (Drieu La Rochelle, Fuoco Fatuo)
Noi non abbiamo nulla a che spartire con questo mondo. Non voglio vederlo cambiato, restaurato, perché so che il germe della corruzione è così profondamente umano da avermi convinto che solo la distruzione, il peso enorme del nichilismo fatto programma esistenziale e politico, prassi di purificazione danzante come fuoco di Shiva, e tutto l’uomo rovinerebbe come ha in effetti già rovinato; nonostante i tentativi di bonifica, nonostante l’amore e le cure dell’Ultimo Sigfrido, nonostante quegli scoppi sordi e rochi dissanguati dall’immemore e ingrata umanità tra le strade di una Berlino assediata su cui già garrisce la bandiera rosso-sangue, e ancora fantasmi laceri caricano proiettili e colpi di panzerfaust testimoniano che il viaggio non è terminato, tutti ai remi sotto la Runa del Tuono e si combatte e uccide e devasta. La liberazione raggiunge. La liberazione violenta. La liberazione processa, perché si sente migliore.
Un uomo in una notte di dicembre, solo nella sua casa, sente il terrore della sua solitudine. Pensa che fuori degli uomini forse muoiono di freddo; ed esce per salvarli. Al mattino quando ritorna, solo, trova sulla sua porta una donna, morta assiderata. E si uccide (Dino Campana, I Canti Orfici)
Smarrito completamente il senso di fratellanza, una missione lontana dai canoni borghesi. Vaghiamo come i citati proscritti, abbacinati dalla visione di queste macerie, marmi un tempo candidi ed ora coperti di fuligine, e strade invase dalle macerie che si specchiano in un cielo altrettanto fumoso e grigio.
Dove è il tuo Onore?
Lo stanno mettendo in discussione. Democraticamente processando. Ma ancor prima dell’inizio del dibattimento, tu sei già colpevole, e condannato.
La tua colpa è essere migliore di loro. Infinitamente migliore.
Sono un uomo. Sono padrone della mia pelle. Lo dimostro (Drieu La Rochelle, Fuoco Fatuo)
Freddi giorni di una primavera che trascolora nell’inverno dell’anima, legioni di laceri fantasmi percorrono l’Europa; si ha il rimpianto di essere sopravvissuti, nati postumi, costretti a tenere la posizone come quei Giapponesi che continuarono a combattere nel Pacifico decenni dopo la fine effettiva delle ostilità: testimonianza ed esempio, ma sconfitta sublimata.
Invece dobbiamo accettare che la nostra battaglia si situa fuori da questo mondo invaso dal liquame.
Dandomi la morte non credevo assolutamente di contraddire l’idea dell’immortalità che ho sempre avuto in me. Anzi, ero attratto così violentemente dal suicidio proprio perché credevo nell’immortalità. Ero convinto che ciò che chiamiamo morte fosse semplicemente la soglia al di là della quale continua la vita , o almeno qualcosa che ne è l’essenza (Drieu, Diario)
Io so, e lo so perché lo vivo sulla mia carne, che il futuro è solo una distesa piatta di nulla; arabeschi di cancrena imputridita tra gli arti e le ossa macinate, vedo la pianura, la palude e le montagne troppo lontane. Maledetto popolo, maledetta massa, festante comunque, con una mano ti liberano e con l’altra ti porgono la caramella avvelenata. Resistenza è farsi forza che combatte lotta e propone una alternativa, e tu popolo maledetto, somma e sintesi al tempo stesso di fallimenti e infamia elevata all’ennesima potenza, non vedi l’ora che i bagordi possano cominciare, sul sangue degli Eroi edifichi questa meravigliosa società e poi vai a dormire stremato.Dormi, dormi i tuoi sonni tranquilli e liberi da incubi.
Chi ha rispetto di sé, sa che non si può accettare questa situazione; questa condizione di sospensione nella non-vita, questo dileggio perenne e amplificato dalla grancassa che continua a linciare la memoria, non concedendo nemmeno il giusto silenzio ai Caduti. Perché dovremmo cambiare questa società ? Perché dovremmo aiutare la gente che la vive e che la compone?
Solo disprezzo, ecco; un disprezzo feroce e assoluto, da nutrire giorno per giorno da elevare a prassi operativa. Non esistono più masse da educare, ma solo nemici da abbattere.
Non e' ragionevole soffrire sempre, a meno che il dolore non ci renda migliori [...]
Ma io sento di valere di piu' dei miei rimpianti ... Poiche' anche nel dolore c'e' piu' presunzione di quanto non si pensi e piu' volutta' di quanto non si voglia ammettere. (Albert Caraco, Post Mortem)
Perché dovremmo sostituire la nostra esistenza alla sofferenza altrui ? Cosa abbiamo fatto di così malvagio da essere chiamati poi a pagare questo enorme conto ?
La Guerra non è finita, e attorno a me vedo solo nemici.
La vita è un viaggio sperimentale fatto involontariamente (Pessoa, Il Libro dell’Inquietudine)

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Prosa a tratti prolissa...
Ma oltre il mero fatto di stile, mi trovi in sintonia perfetta.
Poi Pessoa, Caraco, Michelstaedter... UOMINI(non solo scrittori o "autori") che mi hanno formato e in cui tutt'oggi ritrovo linfa e forza...
grazie.

Anonimo ha detto...

Scusate il calo del livello di discussione,ma una domanda tecnica:chiedi il permesso per utilizzare certe immagini(penso siaNo coperte da copyright in massima parte),oppure nei blog non viene violata nessuna norma se si riproducono?
Lo chiedo perchè anche a me è sorto un dubbio e non so se è il caso di mandare valanghe di email o se sono semplicemente paranoie inutili....

AV ha detto...

in alcuni casi chiedo il permesso, in altri indico di chi è e da dove viene, in altri casi le immagini o sono no-copyright oppure sono realizzate da amici/conoscenti, in altri casi le pubblico e basta anche perchè non avendo questo blog finalità commerciali o lucrative al massimo mi potrebbero cortesemente chiedere di toglierle...la pubblicazione su internet ha diciamo delle caratteristiche meno stringenti di quella su carta, e poi molto dipende proprio dalla lucrosità della pubblicazione.

Anonimo ha detto...

Salve, vorrei scrivere privatamente ad Andrea Venanzoni per un consiglio bibliografico. Confido che sia la persona in assoluto più indicata per aiutarmi in un breve orientamento. Ho intenzione di portargli via solo pochi minuti. Ma all'indirizzo halogen at katamail la posta torna indietro. Dove posso scrivergli? Il mio indirizzo: rorschach451@tiscali.it

AV ha detto...

ciao, ho scritto alla tua email così visualizzi quella nuova mia, effettivamente la vecchia mail di halogen è morta...