lunedì 21 maggio 2007

True Crime




Se il buon Robert Ressler avesse avuto la brillante idea di apporre un copyright al termine serial killer da lui stesso coniato anni e anni fa adesso sarebbe assai probabilmente piu’ ricco di Zio Paperone.
Di acqua sotto i ponti ne e’ passata da quando il solerte agente FBI brevetto’ (ma solo teoricamente e ideologicamente) il concetto di assassinio seriale come quella particolare tipologia di delitto che viene messa in atto a fini di sublimazione sessuale, reiterata nel tempo, caratterizzata da costante pianificazione e da numero di vittime superiore alle tre unità: ormai le librerie, le sale cinematografiche e le fumetterie traboccano di esemplari piu’ o meno fittizi di serial killer delle cui azioni ogni casalinga e teenager vogliono essere edotti.
I corsi universitari si plasmano sotto le esigenze televisive e cosi’ una materia come la Criminologia, fino a poco tempo fa devoluta alla conoscenza del crimine in senso istituzionale e dell’anomia (tanto per usare l’espressione durkheimiana), diventa parodia accademica di telefilm come CSI.
Approda su suolo italico il true crime e tutte le massaie timorate di Dio si sintonizzano sull’ennesima puntata del Delitto di Cogne o sul massacro del piccolo Tommy, salvaguardate nella loro apparente morbosita’ da un imperativo interiore di conoscenza che ogni criminologo esaltato dalla partecipazione ai talk show azzimera’ e santifichera’ per poter continuare a brillare sotto la luce dei riflettori.
Il delitto seriale viene venduto attraverso dinamiche pornografiche.
Descrizioni vivide e iper-dettagliate di torture, di violenze sessuali, di sangue, di ferite, di dolore, a cui segue l’immancabile strazio dei parenti e dichiarazioni stralunate del killer arrestato, secondo un copione gia’ visto.
John Douglas e’ partito combattendo i vari Ed Kemper e Ted Bundy e adesso si ritrova a vendere tshirt col suo nome sopra.
Andrew Vacchs e le sue lacrime universali contro la pedofilia internazionale sono diventate un codice ISBN da esibire alle casse Walmarts (e qualche centinaio di pagine di un noir trito e ritrito).
Il genio assoluto di Peter Kurten e’ diventato chiacchiera da bar o da coda condivisa alle Poste.
Dopo la morte di Dahmer in carcere, vennero pubblicati decine e decine di testi, biografie a fumetti, persino i compagni di scuola (dalle elementari al liceo) si sentirono legittimati a svolgere l’opera di lautamente pagati commentatori , esibendosi in ogni talk show che fosse a loro disposizione.
Le dichiarazioni di Ted Bundy vennero raccolte dal suo avvocato, la quale poi ovviamente non trovo’ di meglio che pubblicarle in un libro, DEFENDING THE DEVIL, che sarebbe diventato matrice culturale di ogni altro studio sull’affascinante Ted (a partire da quel UN ESTRANEO AL MIO FIANCO di Ann Rule, che ovviamente e’ sbarcato anche qui a pizza-land).
Su Jack lo Squartatore ho praticamente perso il conto, per non parlare di quello che tecnicamente non e’ mai stato un killer ma che esigenze politiche e commerciali hanno fatto diventare il Guru dei Killer, mi riferisco ovviamente a Charles Manson ( la letteratura su di lui fa veramente capitolo a se’, da HELTER SKELTER di Bugliosi fino a MANSON SUPERSTAR di Schrek, passando per THE FAMILY di Sanders ) , e poi giu’ giu’ fino al Green River Killer, Zodiac, Larry Eyler, John Wayne Gacy, Arthur Shawcross.
Gruppi musicali ne cantano le gesta (dai sublimi Whitehouse ai ridicoli Macabre, ne trovate per tutti i gusti) , stampatori di tshirt si arricchiscono spiaccicando il faccione di qualche deviato in bella mostra, criminologi o presunti tali si sbizzarriscono a cavare fuori dai recessi della psiche le motivazioni sottese a questi delitti.
Una qualunque libreria italiana trasuda di libri che recano in copertina la dicitura SERIAL KILLER; cosi’ a memoria, SERIAL KILLER del duo Picozzi/Lucarelli (mondadori), SERIAL KILLER di Fornari (CSE), una intera sequela sotto imprinting Newton Compton (IL LIBRO NERO DEI SERIAL KILLER, IL DIZIONARIO DEI SERIAL KILLER, SERIAL KILLER ITALIANI).
Oppure, promesse pornografiche di massacro e umiliazione e sadismo senza precedenti; chi si ricorda i LIBRI NERI ? C’era nel loro catalogo LA VITTIMA PERFETTA (che in copertina prometteva "UNA TERRIFICANTE STORIA DI UMILIAZIONE E SADISMO"), UCCIDERE PER COMPAGNIA (lo studio assai celebrato di Brian Masters su Dennis Nilsen), CONFESSIONI DI UN SERIAL KILLER ( di Mike Cox, su quel cazzaro di Henry Lee Lucas, che a sua volta si rese responsabile di aver ispirato tutta una sequenza di Film, da HENRY fino all’omonimo CONFESSIONI DI UN SERIAL KILLER).
La collana Mondadori da edicola TRUE CRIME, coordinata da Picozzi, ci sollazza con VAMPIRI ( traduzione italiana di TRUE VAMPIRES, di Sondra London, edito da Feral House e nella versione americana contenente illustrazioni di Nico Claux, qui sforbiciate), PATTO ESTREMO (su Armin Meiwes, il cannibale erotico tedesco), IL MOSTRO DI MARCINELLE, ANATOMIA DELLA MENTE ASSASSINA, ZODIAC KILLER (da cui David Fincher ha ricavato la sceneggiatura del suo film su Zodiac ) e altri.
Nel mondo anglosassone, vanno per la maggiore anche i cataloghi artistici o i libri che presentano manufatti o creazioni realizzate da serial killer; LUSTMORD (Bloat Books), KNOCKIN ON JOE (nemesis), PRISON’s INSIDE ART (aspect), la cui unica coerente risposta italica e’ stato KILLER ART della Mondo Bizzarro Gallery .
Il serial killer, piu’ che il demone o il nuovo mostro chiamato a soppiantare nell’immaginario collettivo vampiri e licantropi, e’ diventato la sfera di trasgressione socialmente accettabile che il potere concede ai suoi sudditi.
La reiterazione dello status quo, nascosta dietro i sillogismi e i panlogismi della scienza universitaria. Regole del mercato di massa e dell’imperialismo editoriale. Interessarsi del killer e’ ritenuta cosa giusta e buona fino a che si dice, quasi fosse un matra liberatorio, che lo si fa unicamente per comprendere, per capire, per sapere che cosa frulla in testa ad un pazzoide. Si erigono steccati per separare la comunita’ dei probi cittadini dai pazzoidi che vanno in giro a violentare e massacrare.
Purtuttavia, se finiamo a parlare di impulsi erotici, di passioni, di autorealizzazione, dovremmo ammettere che il serial killer e’ un uomo coerente e realizzato che ha posto in essere un processo di razionalizzazione al termine del quale ha avuto il coraggio e l’onesta’ di fare cio’che voleva fare senza doversi nascondere dietro un dito; il che non significa che tutti gli esseri umani desiderino uccidere (anche se da Freud e Jung , soprattutto dal primo, arrivano risposte in questo senso), significa solo che tutti gli imbecilli che condannano la pornografia e poi acquistano video porno, gli idioti che condannano la violenza e poi la esercitano, e altri simili esempi di becera ipocrisia, sono ancora piu’ disgustosi dei serial killer.
Significa anche che ogni individuo dovrebbe saper ascoltare il proprio imperativo interiore senza piegarsi all’omologazione culturale ( la quale produce, praticamente e metafisicamente, molte piu’ vittime di quante non ne facciano i serial killer).
In Italia poi sta prendendo corpo l’approccio case-studies, ovvero spingere sull’acceleratore della morbosita’ e relegare gli aspetti istituzionali in secondo piano, con buona pace di Lombroso, Ferri, Garofalo, Carrara e del positivismo giuridico.La cosa piu’ ridicola e’ che nonostante l’aspetto morboso e pornografico sia piu’ che palese, tentare solo di farlo notare equivarra’ a scomunica eseguita a mezzo stampa o ad ostracismo accademico. Ho conosciuto e frequentato troppi criminologi per poter coltivare ancora soverchie illusioni.
Alla fin fine, per quanto non potranno ne’ vorranno ammetterlo, la materia dei loro studi e’ diventata materiale per masturbazione collettiva.

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