sabato 16 giugno 2007

Così è cominciata



Nel futuribile manga "AKIRA" (poi trasfuso in un film/anime di grande successo), ideato e realizzato dal geniale Otomo Katsuhiro (autore anche tra gli altri del godibile "The Legend of Mother Sarah") una umanità disperata e sconvolta tenta di riacquisire una dimensione esistenziale in una civiltà annientata dall'olocausto nucleare.

Tra cimiteri post-industriali, carcasse e relitti di aerei e navi da combattimento e opachi neon di sibilline e crepuscolari metropoli, alcuni giovani vanno alla ricerca del senso della loro stessa vita e in una scena rivelatoria si trovano davanti il motivo che ha generato la guerra nucleare, sconvolto il loro mondo e che li ha catapultati in una avventura cupa e distopica. Un murales rosso sangue li avverte So It's Begun (Così è cominciata).

Racconta un professore universitario giapponese, citato nel bel libro "La bambola e il robbottone" di Gomarasca, che durante una visita alla città di Sarajevo, in piena guerra, aggirandosi tra case devastate, palazzi a colabrodo, cadaveri disseminati sul selciato, si trovò davanti una scena che avrebbe realmente cambiato la sua vita e la sua percezione del reale; su un muro, recinzione di un impianto industriale bombardato, troneggiava la scritta So It's Begun tracciata in vernice rossa ed accompagnata da un murales raffigurante Akira ed i suoi compagni. Il professore rimase immobile, a guardarlo, inebetito. Come se una porzione occulta della sua fantasia avesse fatto irruzione nel mondo reale.

La traslazione dal piano della fantasia a quello, più doloroso ed incerto, della realtà dovrebbe suggerire come ha effettivamente suggerito al professore giapponese che esiste uno scarto (che noi generalmente percepiamo) tra una pura idea e la realtà fattuale; è in quello scarto che risiede la consapevolezza di vivere una mera fantasia o, al contrario, il senso pesante della vita reale. Come il manga divenuto realtà non è profezia ma contestualizzazione della fantasia in un contesto estremamente, ed emotivamente, reale come la guerra (in cui tutto è amplificato e sublimato), così noi ci troviamo a vivere circondati da persone che hanno perso ogni capacità di discernimento tra falso e vero, tra ologramma e fattore originante, perchè quello scarto non diventa più possibile sentirlo; e ad un certo punto, la persona che dovesse vedere il murales di un manga o di un fumetto non sentirebbe più un detournamento ma crederebbe, oggettivamente, di vivere nel manga o nel fumetto.

Molti ormai vivono in un fumetto. E' chiaro. Specificamente, fumetti e avventure in cui non esiste sfumatura alcuna ed i personaggi sono dicotomicamente divisi tra buoni assoluti e cattivi altrettanto assoluti. Un mondo di certezze, di giustizia incarnata, e a senso unico. Non esiste più una giustizia o la giustizia bensì LA Giustizia, perchè il loro è un mondo popolato appunto di assoluti, di fede incrollabile, di dogmi, e chi condivide e si adegua o sposa la causa è legittimato ad esistere. Tutti gli altri invece diventano beceri fiancheggiatori del male, perdono il diritto di potersi definire esseri umani, vanno annoverati tra i colpevoli o tra i collaborazionisti; esiste un luogo, digitale, lontano da questo dove la guerra è cominciata da tempo, un luogo in cui non esiste sfumatura, non esiste grigio, ma tutto diventa necessariamente o Bianco o Nero. E se entri lì, se ti autorizzano ad entrare è solo per prendere parte al tripudio festante e alla parata.

E' da un pò di tempo ormai, sin da quando Marco Dimitri venne accusato e arrestato per crimini orribili (salvo poi essere scarcerato e prosciolto da ogni accusa, non prima ovviamente di essersi fatto un bel pò di galera; consiglio in proposito la lettura dei libri "Lasciate che i Bimbi" a firma collettiva Luther Blissett e "Dietro lo Specchio Nero" di Isabella Lai , entrambe crude ricostruzioni della vicenda, scomode e coraggiose) che mi interrogo su certi meccanismi che definire giudiziari mi sembrerebbe scorretto, forse paragiudiziari rende meglio l'idea. Mi riferisco a quel perverso meccanismo di suggestioni a catena, il cortocircuito in cui sensazionalismo mediatico, esibizionismo di certa magistratura, credulità popolare e professionisti del panico sociale stritolano e macinano le ossa di qualche poveraccio che diventa, automaticamente, colpevole per il solo fatto di essere accusato. In spregio ad ogni garanzia costituzionalmente tutelata, si rovescia il principio della presunzione di innocenza fino a farne una gravosa versione di presunzione di colpevolezza in cui l'indagato vede gravarsi sulle spalle il peso dell'onere probatorio.
Nel luogo in cui nessuno nutre dubbi, Dimitri, nonostante le assoluzioni con formula piena, continua ad essere un colpevole. Uno che si è "salvato" dalla galera perchè godeva degli appoggi giusti, aveva magari l'avvocato potente, o magari è stato proprio il Demonio che lui dice di adorare a trarlo d'impiccio. In quel luogo, appena ti si spalanca il portone del carcere oppure appena ti si notifica una denuncia tu diventi un Mostro. Un Orco, come amano dire loro. Giusto per precisare che da un lato ci sono gli uomini, dall'altro invece esseri mostruosi.

In quel luogo vorrebbero vedere applicata anche in Italia una legge come la Megan's Law, che consente alle autorità di rendere pubblici i nomi dei sex offenders (di modo che i vicini di casa sappiano chi gli vive nel circondario); la piccola Megan Kanka ha fatto una brutta fine, ammazzata da tal Jessie Timmendequas, ed i suoi genitori, comprensibilmente sconvolti dal dolore si sono messi a girare tutto il mondo (meno comprensibilmente) per veder legiferare leggi simili a quella che porta il nome del loro piccolo cucciolotto passato a miglior vita. Negli USA ogni Stato ha un suo registro centrale, in cui si procede al computo dei nominativi dei vari sex offender (che non necessariamente sono pedofili o violentatori, ci sono pure quelli da pacca sul culo), gli inconvenienti ovviamente non mancano; perchè a rigore il registro dovrebbe essere accessibile da pochi selezionati soggetti, come ad esempio i dirigenti delle scuole (per vedere se stanno assumendo un pedofilo...) ma poi nella realtà e grazie ai media i nomi circolano. E capita magari che un omonimo capiti un brutto quarto d'ora.

Nel luogo dove tutti hanno certezze (e mai nessun dubbio) il pensiero di portare lo stesso nome o il nome simile di un molestatore, di un Orco, è quasi risibile, perchè Dio non può averli forniti della stessa identità anagrafica di un losco e lercio predatore. In realtà varie vicende dimostrano il contrario.

In Inghilterra, la piccola Sarah Payne ha fatto una brutta fine. Grosso modo simile a quella di Megan. I genitori sconvolti hanno messo su una lunga laboriosa campagna di sensibilizzazione sui diritti dei bambini e contro la pedofilia, il che è giustissimo. Peccato che in questa campagna ci si siano buttati a corpo morto i giornali scandalistici, tra cui il News of the World; questo giornale in particolare da un lato ha patrocinato una campagna pubblica per l'adozione in Inghilterra di una legge simile alla Megan's Law (e si è arrivati addirittura al punto di far incontrare le due famiglie) e dall'altro ha attivato una sua autonoma iniziativa definita NAME & SHAME che consisteva, come credo riuscirete ad immaginare se sapete l'inglese, nel pubblicare fotografie, nomi e indirizzi di pedofili rimessi in libertà.

Il frutto di questa seconda campagna può essere letto sul Chicago Sun-Times del 31 Agosto 2000, sul Guardian del 6 Febbraio 2001, sul The Observer del 4 Febbraio 2001 o sull’ Independent on Sunday del 13 Agosto 2000 . Ovvero, l'invidiabile consenguenza di scatenare autentica guerriglia urbana, gerneralizzato clima di sospetto, di caccia alle streghe, di paranoie diffuse, linciaggi, ferimento e uccisioni di veri pedofili ma anche di semplici sospettati e innocenti scambiati per Mostri (magari perchè uno assomigliava alla foto o aveva il cognome tragicamente simile). Ovviamente il far sommessamente notare che se applicassimo logiche simili in Italia (con il grado di tutela della privacy che abbiamo) finiremmo per vivere nella giungla assoluta, guardandoci in cagnesco l'uno con l'altro (ma dove l'ho già visto quello? Non sarà per caso sul sito dei pedofili arrestati? già me l'immagino le occhiate torve ed indagatorie) e magari scannandoci, mi priva di ogni possibilità di accedere al luogo delle certezze assolute.

Ne sono ben consapevole. Ma non me ne dispiaccio.

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