giovedì 3 luglio 2008

Intro all'intervista con Romain Slocombe


(come annunciato nel post precedente pubblico qui l'intro alla intervista a Romain Slocombe, non essendo stato possibile per ovvi motivi di spazio accorparlo all'intervista stessa che ha visto la luce sul numero di Luglio di Blue)




Col passare degli anni, l’artista francese ha accumulato una mole impressionante di lavori, e riassumerli tutti sarebbe opera impossibile; tra i più significativi, avvertendo sin da ora che si tratta di una selezione operata da chi scrive (e come tale opinabile e soggetta ad un gusto ben precisto), vanno citati il fumetto Prisonnière de l’Armee Rouge (Les Humanoids Associes, 1978), storia distopica in cui vengono organicamente mescolati estetica del terrorismo, feticismo asiatico e sadomaso, La Nuit de Saigon (Futuropolis, 1986) e Tigre volants contre Zeros (Albin Michel, 1989) entrambi albi piuttosto caratteristici in cui l’elemento bellico, nel primo caso la guerra del Vietnam nel secondo la Seconda Guerra Mondiale combattuta sul versante dell’oceano pacifico, viene trasfigurato e sublimato nella ricerca di un piacere feticista.
Illustrazioni pregevoli compaiono in Tristes Vacances (Carton Editions, 1986), incredibile storia di una comitiva di ragazzine giapponesi la cui gita viene sconvolta da un incidente stradale che le farà finire ospedalizzate e coperte di ferite e gesso; mentre il meglio dello Slocombe fotografo è dato in Japan in Bandage (Artware, 1997), Broken Dolls (Jean-Pierre Faur editeur, 1994), City of the Broken Dolls (Velvet Publications, 1997), Tokyo, un Monde Flottant (Michel Baverey Editeur, 1997), Les Japonaises blessèes (Mondo Bizzarro Press, 2001, catalogo della omonima mostra tenutasi in Italia presso la Mondo Bizzarro Gallery, 5 maggio-6 giugno 2001). Mentre lo Slocombe romanziere può essere apprezzato in Phuong-Dinh Express (Les Humanoides associes, 1983) e in Le Bandit Rouge (Fernand Nathan, 1992). Come saggista ha pubblicato il volume L’Empire Erotique (La Sirene, 1993).
E’ tra l’altro traduttore dal francese all’inglese del controverso Pierre Guyotat.
Ciò che colpisce nell’opera di Slocombe, aldilà della intrinseca poliedricità espressiva, è la nitida e semi-ossessiva ricerca di un oggetto del desiderio; feticismo nel suo senso etimologico, lunghi quadri cristallizzati nello scatto fotografico o nei frames cinematografici che mostrano prevalentemente ragazze giapponesi o interni di ospedali (ricostruiti su set) o di abitazioni nipponiche. In alcuni casi (soprattutto nel documentario poi divenuto catalogo fotografico Tokyo un Monde Flottant), ecco apparire davanti ai nostri occhi un’urgenza viscerale che lo accomuna a ricercatori metropolitani come Nobuyoshi Araki o Nan Goldin, ma in una certa misura senza la pretenziosità che a volte anima questi due fotografi.
Amico di Richard Kern, ne condivide le ansie di esplorazione delle infinite possibilità offerte dal corpo, un corpo sottratto al suo contesto fisiologico, issato su di un piedistallo erotico, spogliato, messo a disposizione di invisibili legioni di voyeurs.
Forte della sua abilità linguistica e della sua passione per la cultura nipponica, Slocombe ha da tempo dato vita ad una significativa sinergia con la città di Tokyo; come ha modo di dichiarare durante una intervista condotta da Jack Sargeant e pubblicata poi nell’ottimo volume Suture, edito da Creation, “a Tokyo regna una incredibile tensione erotica…uno stordente labirinto in cui si fondono e si confondono tecnologie e ritmi e riti del ventunesimo secolo con le vestigia del passato e della cultura dei Samurai. E la gente è rispettosa e tranquilla e tende a divertirsi in ogni modo, sfruttando ogni possibilità “.
L’artista francese ha tra le altre cose svolto una pregevole opera di talent-scout, incoraggiando e “scoprendo” Trevor Brown i cui primi lavori grafici in effetti sono palesemente influenzati da un’estetica medical fetish.

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