mercoledì 21 maggio 2008

Relitti - la Fotografia di Davide Virdis






Relitti - Fotografie di Davide Virdis

FotoGrafia - Festival Internazionale di Roma 2008


Lo sguardo è lucido, nella piena consapevolezza di chi conosce i molteplici aspetti dell’architettura, soprattutto in funzione di chi la abita. Una nota di voyeursimo, certamente, attraversata dall’innocenza di chi si pone domande, ma non formula giudizi.E’ dal 2004 che Davide Virdis va alla ricerca di testimonianze di "archeologia sociale", Relitti come li chiama. Un work in progress che porta l’autore in luoghi sparsi sul territorio nazionale: Roma, Sassari, Firenze, Pontassieve, Porto Torres…Architetture superstiti, immobilizzate nel passaggio tra passato e futuro. L’officina, la colonia penale, il manicomio, la caserma, la casa colonica, l’oleificio… Interni illuminati dalla luce del giorno, calda, avvolgente. Raggi che entrano dalle finestre senza vetri, dalle porte scardinate. Interessante gioco psicologico in cui non è difficile percepire l’eco di un messaggio positivo, di apertura e possibile rinascita. Luoghi sospesi non sempre del tutto abbandonati -ritmati da presenze/assenze- come raccontano alcuni dettagli: una tavola apparecchiata, un materasso, un reggiseno, una giacca, qualche bottiglia. Poetici quei graffiti di sapore underground in cui si legge "Free your mind", oppure "Mi odiate, per dispetto amo tutti!" (lo scrive con la bomboletta spray un anonimo autore nel manicomio di Sassari).
In questi frammenti quotidiani si è perso l’odore originario dei luoghi, quello buono di cucinato o del bucato, ma anche quello acre del sudore, della polvere, della fatica, dell’indigenza. Al contrario, emergono -quasi isolati dal contesto- oggetti più disparati, dalla tazza di un wc alle spalliere di ferro di un letto liberty; dagli ingranaggi arrugginiti di un mulino ai décollage spontanei su una parete, ma anche semplici pezzi di vetro, ferri, lamiere, calcinacci, legni marci, muri sgretolati, brandelli di stoffa… Assemblaggi "casuali" in cui la materia è nobilitata, impreziosita dall’ingrediente concettuale.
Un percorso che rimanda alla storia dell’arte contemporanea, partendo dal dadaismo per approdare all’arte povera. Virdis immortala la stireria della colonia marina di Casa Gioiosa con la stessa solennità con cui guarderebbe la Venere degli Stracci di Pistoletto. In effetti il luogo si presta a questa libera associazione, se non fosse che gli stracci colorati non circondano la statua di una dea, ma sedie ribaltate.Relitti è un insieme di immagini pittoriche che sollecitano anche un’altra memoria, quella di certe fotografie di Bruce Chatwin, in particolare quelle scattate nei primissimi anni ’70 in Africa Occidentale.
Nell’introduzione di Photographs and Notebooks, primo tentativo di riunire in un’opera unica sia le fotografie che le pagine dei taccuini del viaggiatore inglese (il titolo italiano di quel bellissimo e raro volume, edito da Adelphi nel 1993, è L’occhio assoluto. Fotografie e taccuini), Francis Wyndham scrive: "spesso i dettagli su cui si soffermava sarebbero passati inosservati agli occhi di chiunque altro. Il loro valore risiede nel fatto che ci illuminano con un fugace bagliore il suo modo di vedere il mondo, ossia un paesaggio visivo interiore rigoroso, sofisticato e inconfondibile. Queste foto recano una profonda impronta personale senza essere introspettive; come scrittore, Chatwin era un discepolo di Flaubert, e anche qui non mostra alcun interesse per la espressione soggettiva. Né sono il risultato della pretesa di scattare fotografie "artistiche"."
Non a caso Chatwin è uno degli autori preferiti da Davide Virdis, proprio per via del ruolo che egli attribuisce alla fotografia. "Per lui" - afferma il fotografo sassarese - "assolve ad una precisa necessità di confrontarsi con le cose, e non necessariamente costruire le immagini in funzione di una completezza formale. Non esercizi di stile spesso inutili e noiosi, ma bisogno di capire, scoprire."
Non è difficile scorgere, in Relitti, quello sguardo che accomuna gli esteti, che sa catturare il bello in un quotidiano marginale, nella monotonia di un paesaggio, nello squallore di un dettaglio comune.


©Manuela De Leonardis

Estratto dal testo della co-curatrice della mostra

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ah raro connubio tra arte e tecnica! In alcune sue foto si vede che è un architetto, ma quasi "di supporto" all'immagine tanto non cè peso del suo intelletto.