venerdì 21 settembre 2007

Franco Freda - Monologhi a Due Voci







MONOLOGHI (A DUE VOCI).

INTERVISTE 1974-2007 di FRANCO G. FREDA (corredato di appendice fotografica)

a cura di Carlo Farini e Anna K. Valerio

Edizioni di Ar, €15,oo




Un estratto:

Aprile, 2007


Perché non voleva accettare questa intervista di ‘sigillo’ del volume? Per civetteria?


Civetta io? Dar della civetta a un gufo? Potrei ribaltarle la domanda… La verità è che mi è sempre riuscita sgradevole l’intervista, quello scambio di domande e risposte(di offese e difese), in cui la risposta risulta necessariamente subordinata alla domanda, e la domanda prefissa, con prepotenza, i limiti della risposta – ossia ne predetermina il contenuto. Ero quindi ostile alla pubblicazione della raccolta dei miei monologhi (a due voci), quando mi veniva richiesta dagli amici della Libreria Ar. E prendevo tempo, consentendo che ciò avvenisse tra un po’ di tempo, in occasione dei miei settant’anni. Poi, sono stato vinto (ma non convinto) dalla vostra insistenza. O meglio, più che dalla vostra insistenza, dalla vostra battuta…


Quale?


Che essendo diventato di moda parlare di cuori neri, ci sarebbe stato spazio anche per una anima nera. Ma ricordo pure di aver aggiunto che io non sono un’anima nera, piuttosto un’anima candida.[…]


Perché fa libri?


Pubblico libri soprattutto per venerare chi, in passato, ha espresso un senso (o idea) del mondo in ordine – e per prolungarne l’eco a chi, nel presente, lo confermi. Se desidera poi una risposta veniale, eccola. Perché curare libri è tanto démodé, tanto inutile, in-utile.[…]


Che cos’è la Tradizione?


Quale? Quella con la ‘t’ minuscola? Quella cristiana? Quella giacobina? Ha per caso a che fare con il tradimento?…


Che cos’è la razza e perché la considera argomento politico capitale?


Argomento, dice? Macché, argomento è una ‘parola’, fa parte della dialettica. Sulla razza non si deve discutere, non ci si deve confrontare: se mai specchiare. La razza è sangue, è nervo. Non pone interrogativi. E’ un elemento, come l’aria, come il sole, non un argomento. O c’è o non c’è. O non la si ha o la si ha (naturalmente, in gradi differenti).


Nietzsche totus politicus o Nietzsche “libertino del pensiero”?


Perché questo aut-aut? Il pensiero è politica e la vera politica è “vrai libertinage”.


Come mai le virilissime Edizioni di Ar ospitano la collezione di calligrafia erotica ‘Le librette di controra’?


Nella mia giornata c’è l’ora del tè, quella del caffè, e anche quella dell’alcova… La mia giornata è come il catalogo delle Edizioni di Ar. Ogni occupazione ha la sua trattazione. “Cuique (horae et… ori) suum tribuere”. Ecco, il catalogo di Ar è una sorta di “libro delle ore” per il lettore diligente.“Horae et ori”: “a ciascuna ora e a ciascuna bocca”...


Come considera l’eros?


Come estasi, come medicamento, come ‘laus incantatoria’: come trasmutazione, trasfigurazione, delirio ascendente. E anche come stasi, se vuole.


Cioè?


Come punto immobile, ‘solstiziale’, come punto di intersezione tra la generosità degli Dei e la ricchezza degli uomini. La professoressa di greco ci insegnava che eros è “theion chrema”, regalo degli Dei: è “la grande salute” la meta della drammaturgia erotica. Placet: placat.


Come pensa si debba muovere l’uomo in ordine?


Non deve muoversi. Deve stare fermo, raccolto in sé, concentrato in sé. Naturalmente, nel proprio miglior sé.


Com’è possibile, oggi, tenere un comportamento rivoluzionario o in ordine nel vivere pratico, immersi nel mondo borghese, interagendo quindi in pieno con le sue strutture?


Mi sembra equivoco continuare a chiamarlo mondo borghese. Perché non chiamarlo invece, con maggiore semplicità, mondo moderno? Entriamo dunque nell’ordine di idee di dover tenere dei comportamenti non-moderni, arcaici. Quali sono? Ne volete l’elenco? Potete farlo voi stessi stasera, prima di addormentarvi. Basta una rapida riflessione, non occorre nemmeno arrivare alla meditazione. O vorreste la tavola dei valori antimoderni?


A proposito di valori. Che valore ha la coerenza intellettuale ai princìpi, se poi nella prassi di vita li si ‘tradisce’ (nel senso che non vengono vissuti)?


La nevrosi del pensare bene e razzolare male andrebbe curata. Certo: eliminando il pensare…


Se il borghese con i suoi modelli è il nemico principale, perché le persone che propongono un’alternativa al sistema borghese si organizzano secondo tali modelli (lavoro, famiglia, figli) ?


Intanto, eccetto il lavoro, non mi sembra che la famiglia e i figli ricadano esclusivamente, o si esauriscano, nella loro figurazione borghese. Almeno, non sempre. Si può “generare innanzi”, o “generare verso l’alto”. Occorre ricordare il nome di chi lo affermava? Quanto al lavoro, eh sì: bisognerebbe lavorare il meno possibile, il minimo necessario. Magari contraendo le necessità. E magari trovando degli esecutori in sostituzione.


In una intervista pubblicata dal Corriere della sera, lei ha dichiarato di “venerare” i capi dei fascismi europei. E di Adolf Hitler, che ne pensa?


Le rispondo, leggendole l’epitaffio composto (il 30 aprile 1945) dallo scrittore norvegese Knut Hamsun. “Io non sono degno di nominare ad alta voce Adolf Hitler. Né la vita né le azioni di Hitler invitano alla commozione. Era un guerriero, un uomo che si batteva per la salvezza degli uomini, del genere umano […] Una di quelle figure eminenti che sconvolgono il mondo. Il suo destino storico è stato di operare in una epoca contrassegnata dalla più empia decadenza, venendone, alla fine, sopraffatto […]” Mi riconosco in questa forma celebrativa, essenziale, della memoria e del significato del Fuehrer.


Nella primavera del 1993, scrivendo del Freda fondatore del Fronte Nazionale, una giornalista nordamericana parlò di “nazi-fascist resurgence”: rigurgito nazifascista. Che ne pensa, della definizione?


Fochetto, fochetto… Del resto, per i nordamericani la discesa agli inferi termina con il nazifascismo. Proseguirei la discesa sino agli infimi. E parlerei non di rigurgito ma di risorgiva: razziale, etnica, tribale.


Nell’attuale paesaggio, l’opera delle Edizioni di Ar si riflette unicamente nel fissare i princìpi, oppure si potrebbe tradurre anche nel politico (inteso non tanto come partecipazione alla vita democratica, ma come l’azione di un centro studi)?


Le Edizioni di Ar non fissano, non fondano i princìpi. I princìpi vengono ripetuti, vengono confermati, se ne fa la parafrasi, si illustrano. E le pare insignificante un’opera di disintossicazione, anche solo concettuale? Quanto all’aspetto esistenziale, non credo sia possibile, proprio e opportuno delinearlo in una intervista. Ognuno faccia ciò che gli sia conforme - non a caso uso il congiuntivo -: per giungere a scoprire ciò che gli è conforme. Vale la pena di ricordarsi l’ammonimento di Nietzsche ne L’anticristiano: “La menzogna peggiore è quella che si commette mentendo a sé stessi”.


Terroristi rossi (Sergio Segio), da un lato, e terroristi neri (Giusva Fioravanti), dall’altro, di recente hanno dichiarato di aver progettato, anni fa, di “giustiziarla”. Per quali ragioni, secondo lei?


“Giustiziare…”? Non mi sembra un termine appropriato, questo. Di giustizia, ne riconosco una sola: quella cui è dedicato il dialogo di Platone, Lo Stato. Ed essa non prevede che i servi provino l’impura passione di assassinare i ‘filosofi’ o i guardiani… Nei riguardi della mia fortuna, sarebbe stata una cruenta insolenza. Non scorgo “ragioni”: posso solo immaginare i contorni di pulsioni o di ossessioni, da parte di impostori malriusciti.


Spesso, una intervista è concepita dalla confidenza e, a volte, generata da una confessione. Insomma: lei, Freda, custodisce segreti?


Certo, ma ciascuno di noi, immagino, coltiva segreti ‘propri’ – ossia a lui conformi. Anche se lei si avvicinasse a me, non glieli rivelerei, nemmeno bocca a orecchio – al più, glieli ri-velerei. Avrà appreso anche lei l’insegnamento di Crollalanza: i segreti si affidano al cuore, non alle labbra, né alla lingua.

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