William Bennett ha scoperto il Voodoo, Kevin Tomkins la strage di Hiroshima.
E’ sempre un piacere veder emergere un barlume di consapevolezza sociale e di rispetto per il prossimo e per le avanguardie intellettuali, in un mondo come il nostro afflitto da scontri di civilta’, catastrofi di varia caratura e fenomenologia ed Oriane Fallaci assortite.
Nell’ultimo disco di Whitehouse, ASCETICIST, lungamente annunciato come progetto solista di Bennett e poi rifluito sotto il crisma dell’ufficialita’ WH, ecco il collettivo inglese impegnare i nostri padiglioni aurali con una nenia esoterica presa niente di meno che dall’opera letteraria di Monsieur Beyeraux, demente sputacchiante e sedicente guru criminal-magista in quel di Chicago.
E’ uno scherzo, vero ?
Purtroppo no. Sembra che il buon William sia seriamente intenzionato a traslare venti anni di onorata perversione sonora nell’intellettualismo d’accatto e crocifiggerci le palle con una elettronica che, priva della sovrastruttura pornografica, diviene un esercizio di stile non importa quanto raffinato e , musicalmente, potente.
Uno cresce con Whitehouse. Interrela la sua vita e certi momenti particolari a determinati ruggiti elettronici e lascia che lo stridore analogico di insostenibili epopee a nome DEDICATED TO PETER KURTEN e BUCHENWALD gli distruggano i timpani e lo facciano sognare inumiditi paesaggi di troie lasciate a crepare lungo i fossi o puttanelle sodomizzate da padri non troppo premurosi, per poi un bel giorno svegliarsi e sentirsi dire che era tutto finto. Ci eravamo sbagliati. Oppure, stavamo scherzando.
ALBERT DeSALVO ! E poi si finisce con i festival colti.
GILLES De RAIS ! E ogni rispettabile magazine borghese fara’ poi la fila per carpire un parere di Bennett sull’underground internazionale.
Non c’è bisogno che mi venga detto cosa devo fare. E se uno dei motivi di maggior stima che nutrivo per Whitehouse era proprio dettato dalle parche e scarne interviste rilasciate , dalla loro decisa negazione di qualunque fine ribellistico, dal loro detestare le logiche buffonesche e commerciali del rock n roll, dal loro perseguire una forma superiore di piacere, adesso fa un po’ male vedere Aphex Twin e robaccia del genere accomunati a quelli che un tempo furono davvero i maestri dell’ultra-violenza e soprattutto fa ancor piu’ male vedere gli ex Maestri stessi ridotti ad elemosinare con gioia ed apparente riconoscenza trafiletti su carta patinata.
E’ triste vederli coltivare la base dei fan. Indulgere nel merchandising. Intervenire a convegni dalla assai inutile prosopepea in cui, inevitabilmente, si parte dalla necessita’ di una nuova cultura marginale ed outsider e si termina poi a vantarsi e a presentare agli intervenuti il proprio ultimo prodotto discografico. Quando Sotos venne cacciato, ebbi modo di scrivere che in quell’allontanamento vedevo un rifiuto, da parte del gruppo inglese, di uno stile e di un estetica e, in un certo senso, un tragico riflusso su posizioni conformate e normalizzate. Lo definii un “ ammainabandiera “, e anni dopo dovrei compiacermi di me stesso per l’intuizione se al contrario non fossi troppo incredulo e sbigottito. Nonostante le rassicurazioni di Bennett ( “ si è trattato solo di insanabili divergenze personali, ma Peter resta un Genio e una grandissima influenza “ ), il sangue marcio puzza. L’acredine covata.
E’ sempre un piacere veder emergere un barlume di consapevolezza sociale e di rispetto per il prossimo e per le avanguardie intellettuali, in un mondo come il nostro afflitto da scontri di civilta’, catastrofi di varia caratura e fenomenologia ed Oriane Fallaci assortite.
Nell’ultimo disco di Whitehouse, ASCETICIST, lungamente annunciato come progetto solista di Bennett e poi rifluito sotto il crisma dell’ufficialita’ WH, ecco il collettivo inglese impegnare i nostri padiglioni aurali con una nenia esoterica presa niente di meno che dall’opera letteraria di Monsieur Beyeraux, demente sputacchiante e sedicente guru criminal-magista in quel di Chicago.
E’ uno scherzo, vero ?
Purtroppo no. Sembra che il buon William sia seriamente intenzionato a traslare venti anni di onorata perversione sonora nell’intellettualismo d’accatto e crocifiggerci le palle con una elettronica che, priva della sovrastruttura pornografica, diviene un esercizio di stile non importa quanto raffinato e , musicalmente, potente.
Uno cresce con Whitehouse. Interrela la sua vita e certi momenti particolari a determinati ruggiti elettronici e lascia che lo stridore analogico di insostenibili epopee a nome DEDICATED TO PETER KURTEN e BUCHENWALD gli distruggano i timpani e lo facciano sognare inumiditi paesaggi di troie lasciate a crepare lungo i fossi o puttanelle sodomizzate da padri non troppo premurosi, per poi un bel giorno svegliarsi e sentirsi dire che era tutto finto. Ci eravamo sbagliati. Oppure, stavamo scherzando.
ALBERT DeSALVO ! E poi si finisce con i festival colti.
GILLES De RAIS ! E ogni rispettabile magazine borghese fara’ poi la fila per carpire un parere di Bennett sull’underground internazionale.
Non c’è bisogno che mi venga detto cosa devo fare. E se uno dei motivi di maggior stima che nutrivo per Whitehouse era proprio dettato dalle parche e scarne interviste rilasciate , dalla loro decisa negazione di qualunque fine ribellistico, dal loro detestare le logiche buffonesche e commerciali del rock n roll, dal loro perseguire una forma superiore di piacere, adesso fa un po’ male vedere Aphex Twin e robaccia del genere accomunati a quelli che un tempo furono davvero i maestri dell’ultra-violenza e soprattutto fa ancor piu’ male vedere gli ex Maestri stessi ridotti ad elemosinare con gioia ed apparente riconoscenza trafiletti su carta patinata.
E’ triste vederli coltivare la base dei fan. Indulgere nel merchandising. Intervenire a convegni dalla assai inutile prosopepea in cui, inevitabilmente, si parte dalla necessita’ di una nuova cultura marginale ed outsider e si termina poi a vantarsi e a presentare agli intervenuti il proprio ultimo prodotto discografico. Quando Sotos venne cacciato, ebbi modo di scrivere che in quell’allontanamento vedevo un rifiuto, da parte del gruppo inglese, di uno stile e di un estetica e, in un certo senso, un tragico riflusso su posizioni conformate e normalizzate. Lo definii un “ ammainabandiera “, e anni dopo dovrei compiacermi di me stesso per l’intuizione se al contrario non fossi troppo incredulo e sbigottito. Nonostante le rassicurazioni di Bennett ( “ si è trattato solo di insanabili divergenze personali, ma Peter resta un Genio e una grandissima influenza “ ), il sangue marcio puzza. L’acredine covata.
L’invidia per Sotos che, nel bene o nel male, era diventato l’icona piu’ evidente di un gruppo che aveva ancor prima dell’avvento di Sotos dettato legge.
Una situazione francamente paradossale, se consideriamo infatti che Whitehouse incidevano lussuriose composizioni e suonavano in lungo e largo quando ancora l’editore di PURE era solo un commesso in un negozio di dischi di Evanston.
Eppure in un certo senso Bennett era diventato ostaggio di Sotos e si era visto sfuggire di mano la sua creatura. Incredibilmente però non si era trattato di un golpe sotosiano ma di semplice inerzia, forse compiaciuta ma alla lunga poco avveduta, del fondatore stesso di WH e Come Org.
C’è una buona dose di genuina amarezza in quel che scrivo. Non è solo un commiato isterizzato, o una dolorosa ferita o un tradimento. Accetto l’idea di una evoluzione, a patto che il termine “ evoluzione “ non sia usato come comodo alibi per scappatelle commerciali.
Semplicemente, questi non sono piu’ Whitehouse. E la cosa, sia chiaro, trascende il dato puramente musicale ( anche perche’ di musica in WH non ce n’è mai stata ) e si fonde simbioticamente al tracollo dei testi e dei concetti sottesi. Tentare di comparare tra loro HALOGEN e ASCETICIST è una soverchia offesa; sono cresciuto ascoltando il primo, rendendo quelle scariche e quelle idee un qualcosa di interscambiabile con la mia vita e le mie emozioni e adesso mi vedo ripagato da questa mondezza, da questa immonda sozzura non tanto distante da tutte le spocchiose elite intellettuali elettroniche.
Trevor Brown, Miguel Angel Martin, la gloriosa epifania di Come Org, Kata, Romain Slocombe, Peter Kurten. Tutto sbagliato.
Maggior buonsenso ha dimostrato Tomkins che almeno, dopo aver scoperto di avere una coscienza e dei sentimenti umani ( e forse un conto in banca in rosso ? ), ha decapitato il suo celeberrimo progetto Sutcliffe Jugend rendendolo un ibrido logo “ SJ “ , e consegnando alla storia cio’ che i Sutcliffe Jungend sono stati ed evitando che possano essere insozzati dalle nuove ideuzze che gli circolano nella testa. Dopo una parentesi chiaramente sperimentale, avallata anche da me nel nome appunto della tolleranza e dell’evoluzione, eccomi il buon Kevin, quello che decantava l’utilita’ sociale del martello di Peter Sutcliffe e delle delizie perpetrate da Heydrich e Himmler, a inchinarsi deferente davanti ai drammi storico-culturali, tra cui l’ecatombe nucleare di Hiroshima.
Ognuno tira le conclusioni che vuole, per carita’. So benissimo che i progetti sono i loro e che possono farci quello che vogliono e che in fondo il mio stesso atteggiamento puzza di frustrata impotenza. Se Bennett vuole mettere in “ rumore “ le fiabe dei Fratelli Grimm nessuno glielo impedisce. Ma questa, sfortunatamente per le persone che credono di vedere nel mio scrivere un atteggiamento da Ridotto della Valtellina o da ultimo de Mohicani che fieramente resiste su posizioni antiquate e superate, non è la solita solfa su purezza, immutabilita’, integrita’, dignita’. Non sto mica commentando i Manowar.Whitehouse, non essendo musica, hanno prodotto energie e reazioni decisamente differenti da quelle che potrebbe suscitare un qualunque disco. Sembrera’ grottesco, ma io li ho sempre presi molto sul serio.
Una situazione francamente paradossale, se consideriamo infatti che Whitehouse incidevano lussuriose composizioni e suonavano in lungo e largo quando ancora l’editore di PURE era solo un commesso in un negozio di dischi di Evanston.
Eppure in un certo senso Bennett era diventato ostaggio di Sotos e si era visto sfuggire di mano la sua creatura. Incredibilmente però non si era trattato di un golpe sotosiano ma di semplice inerzia, forse compiaciuta ma alla lunga poco avveduta, del fondatore stesso di WH e Come Org.
C’è una buona dose di genuina amarezza in quel che scrivo. Non è solo un commiato isterizzato, o una dolorosa ferita o un tradimento. Accetto l’idea di una evoluzione, a patto che il termine “ evoluzione “ non sia usato come comodo alibi per scappatelle commerciali.
Semplicemente, questi non sono piu’ Whitehouse. E la cosa, sia chiaro, trascende il dato puramente musicale ( anche perche’ di musica in WH non ce n’è mai stata ) e si fonde simbioticamente al tracollo dei testi e dei concetti sottesi. Tentare di comparare tra loro HALOGEN e ASCETICIST è una soverchia offesa; sono cresciuto ascoltando il primo, rendendo quelle scariche e quelle idee un qualcosa di interscambiabile con la mia vita e le mie emozioni e adesso mi vedo ripagato da questa mondezza, da questa immonda sozzura non tanto distante da tutte le spocchiose elite intellettuali elettroniche.
Trevor Brown, Miguel Angel Martin, la gloriosa epifania di Come Org, Kata, Romain Slocombe, Peter Kurten. Tutto sbagliato.
Maggior buonsenso ha dimostrato Tomkins che almeno, dopo aver scoperto di avere una coscienza e dei sentimenti umani ( e forse un conto in banca in rosso ? ), ha decapitato il suo celeberrimo progetto Sutcliffe Jugend rendendolo un ibrido logo “ SJ “ , e consegnando alla storia cio’ che i Sutcliffe Jungend sono stati ed evitando che possano essere insozzati dalle nuove ideuzze che gli circolano nella testa. Dopo una parentesi chiaramente sperimentale, avallata anche da me nel nome appunto della tolleranza e dell’evoluzione, eccomi il buon Kevin, quello che decantava l’utilita’ sociale del martello di Peter Sutcliffe e delle delizie perpetrate da Heydrich e Himmler, a inchinarsi deferente davanti ai drammi storico-culturali, tra cui l’ecatombe nucleare di Hiroshima.
Ognuno tira le conclusioni che vuole, per carita’. So benissimo che i progetti sono i loro e che possono farci quello che vogliono e che in fondo il mio stesso atteggiamento puzza di frustrata impotenza. Se Bennett vuole mettere in “ rumore “ le fiabe dei Fratelli Grimm nessuno glielo impedisce. Ma questa, sfortunatamente per le persone che credono di vedere nel mio scrivere un atteggiamento da Ridotto della Valtellina o da ultimo de Mohicani che fieramente resiste su posizioni antiquate e superate, non è la solita solfa su purezza, immutabilita’, integrita’, dignita’. Non sto mica commentando i Manowar.Whitehouse, non essendo musica, hanno prodotto energie e reazioni decisamente differenti da quelle che potrebbe suscitare un qualunque disco. Sembrera’ grottesco, ma io li ho sempre presi molto sul serio.
Non i testi, non cio’ che Bennett urlava e strepitava in se’, ma la vera e radicale energia, di natura squisitamente sessuale, che puoi ancora sentir venire fuori da quei dischetti in metacrilato e che oggi purtroppo suona solo come "avanguardia"...
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