Capisci che oltre al mero atto sessuale ad eccitarti è il dolore. Lo imponi come supremo atto iniziatico .
Passo dopo passo comprendi il valore della tua missione. Pianifichi. Temporeggi. Assegni una simbolica precisa a luoghi e gesti. Studi. Scegli con cura. Poi.
Poi non puoi più fermarti né riesci a trovare forza e voglia di assecondare la logica.
Inizia un’escalation di violenza che porta dritto al cancello dell’inferno. Devi solo annientare. Lasciarti trasportare dal flusso. Uccidere e disintegrare.
Un meccanico moto di nichilismo fatto di ingranaggi alimentati dal sangue.
La prima ragazzina.
Vulnerabile. Tenera. Indifesa. Un vestito di pizzi bianchi per esorcizzare le brutture del mondo.
Un rapimento fortuito e casuale, improvvisato nello spiazzo di un supermercato, dopo aver guidato in stato di trance per due ore, col cazzo dritto e le viscere contorte dall’ansia e dal pensiero di ciò che avrei fatto alla puttanella.
Caricata a viva forza nel vano del furgone, dopo averla strappata alla piazzola di parcheggio col rischio di essere notato da un centinaio di persone e di stupide famiglie.
Me l’ero studiata benino, assaporando il momento in cui l’avrei fatta urlare di dolore, e più mi avvicinavo, scalando le marce e spingendo il freno più sentivo nitida la frenesia dentro di me. Un battito accelerato. Come i vecchi che vanno a puttane, i loro cosi raggrinziti scossi dal tremito dell’eccitazione, le file di donne scosciate e semi-nude vicine ai falò, una strana sensazione lungo l’esofago.
Per me non c’era differenza di età, razza, ceto sociale. L’importante era annientare una esistenza.
Però di tutte le idee che mi erano frullate per la testa non ero riuscito ad attuarne neanche una.
Non conoscevo i trucchi, i piccoli segreti che scardinano magicamente la reticenza delle vittime , il modo in cui conquistare la loro fiducia, non sapevo minacciare o blandire o dare speranza in modo credibile, e così dopo averla portata lungo l’argine del fiume, in un boschetto adibito a discarica di carcasse d’auto, mi ero dovuto accontentare di un offensivo e rapido palpeggiamento. Poi irritato dal suo pianto del cazzo, dal fracasso, dalla trasformazione che la ragazzina aveva messo in atto ( da emblema di fatua e rassegnata purezza a furia scarmigliata con vocina tagliente ), le avevo fracassato il cranio con un tubo di ferro.
Molto semplice.
Molto veloce.
Nella mia superficialità di novizio non avevo potuto godere di quegli aspetti che solo l’esperienza mi avrebbe fatto scoprire. L’eccitazione era scemata come il down di una fumata di crack.
Ero rimasto deluso. Tutto lì. Catturare una puttanella e trascinarsela dietro per decine di miglia e non riuscire a farle assaggiare nemmeno un po’ di cazzo ?
Dove era il sublime piacere decantato da Russell Odom, da Jeffrey Brudos, da Lawrence Bittaker o da Ted Bundy ?
Il fuoco mi ardeva ancora dentro e sapevo che ci sarebbe stato un secondo tentativo, ma stava solo a me e alle mie capacità renderlo un’esperienza appagante. Altrimenti sarei rimasto solo un casinista frustrato, lontano da qualunque forma di autorealizzazione, di godimento. Dovevo soggiogare l’istinto, capire cosa volevo, cosa andavo cercando, non affrettare i tempi né copiare il lavoro degli altri.
La seconda troia fu una spogliarellista. Carne facile rimorchiata in un peep-show con la promessa di un guadagno extra. Le avevo fracassato la testaccia senza nenche tentare di violentarla, e ogni colpo ogni ferita ogni grido soffocato ogni implorazione rappresentavano un passo in avanti verso il mio orgasmo mentale.
Avevo finalmente capito che sesso ed omicidio sono la stessa identica cosa. Stessa energia. Stesso potere.
Più quella schifosa cagna aveva vomitato sangue e pietose richieste di misericordia più il mio cazzo s’era drizzato. Senza bisogno di nessuna penetrazione. L’unica penetrazione era il potere distruttivo del martello che le frantumava il cranio.
Avevo metabolizzato l’immagine di un Me dominante simile a dio che infieriva a piacimento su una cagna stesa a terra, il cui destino era legato alla mia volontà.
Da quel giorno, ogni omicidio è stato una nuova scoperta.
Prostitute, autostoppiste, troiette strappate all'affetto dei genitori. Per queste ultime ho un vero debole, perché il grado di piacere ricavato non si limita al gesto in sé ma anche al pensiero dei genitori che si struggono per la scomparsa della figliola. Immagini i loro volti distrutti dall’angoscia, gli appelli televisivi, le visite serali alla stanza da letto rimasta vuota, le lacrime di mamma, i gesti impotenti e rabbiosi di papà, l’inutile conforto di parenti ed amici e semplici conoscenti, la consapevolezza lenta ma inesorabile che qualcosa è stato smarrito per sempre. Pregano dio perché li ascolti e li aiuti e dia loro una parola di solidarietà.
E il volto della loro bambolina tenero cucciolo amore infinito finisce su un cartone del latte tra mille figurine di bambocci scomparsi, in quella foresta di ragazzini sorridenti immortalati da papini gonfi d’orgoglio che adesso si sciolgono nella sofferenza.
Morti. Non scomparsi. Lo sanno perfettamente, ma vogliono credere che una telefonata del distretto di polizia ricomponga l’idillio.
Oh, ma ci sarà una telefonata !
E voi genitori da quattro soldi andrete a raccogliere le frattaglie dei vostri figlioli, a riconoscere le facce maciullate dal mio furore erotico e su tutto, troneggiante infernale gotica, l’immagine del mio cazzo che buca e che fa male e che dopo minuti di orrore eiacula.
L’equilibrio mentale si sfalda, eh ? Piangere non basta a lenire il disgusto la nausea l’odio la follia che invocate come tragica liberazione.
In casa tutto è impregnato del fantasma e dell’odore di ciccina, la vostra puttana che mi sono scopato a morte.
Il silenzio è gravido di ricordi di sorrisi di litigi di ammiccamenti di oggetti lasciati inutilizzati e dietro cui si nasconde un universo intero di storie. Rimorsi per le sgridate. Oh, se solo non l’aveste sgridata quel giorno per aver fatto tardi a casa ! Forse non avrebbe trasgredito dando confidenza all’uomo col furgone.
Comunque sia sappiate questo; la vostra troia è morta per il mio piacere.
La bellezza della vittima è una luce talmente bianca che non solo rischiara ma annulla la mediocrità della vita quotidiana.
Vaghi nel Labirinto alla ricerca di un’uscita e per caso t’imbatti in questi esserini gentili docili remissivi. Diventi il loro padrone, il loro dio, la loro ragion d’essere.
Stanno in un angolo le vittime. Attendono. Cosa? Che tu abbia preso una decisione.
Non osano fiatare supplicare pensare, possono solo guardarti con dolci occhi sbarrati e mutamente malinconici predestinati al massacro finale. A volte sperano, ma non sempre e dura poco in ogni caso.
Le illusioni non appartengono al Labirinto.
La vittima è pura. Non fraintende. Non usa metafore o giri di parole. Vuole libertà, sicurezza. Te lo dice brutalmente in faccia. Le importa solo la sopravvivenza, è disposta a degradarsi e ad umiliarsi pur di ottenerla. Ed è in quel caso che la posta si fa sempre più alta.
La vittima offre il suo cuore quando soffre la potenza di chi l’ha sottomessa, e i suoi rantoli cacofonici diventano una magistrale sinfonia da assaporare goccia dopo goccia nota dopo nota.
La vittima si concede in modo totalizzante, corpo ed anima. Distruggi i suoi sogni bambini distruggi la speranza distruggi l’esistenza.
E nella vittima ti realizzi.
Annie, amore di casa, Annie così innocente così timorosa tiri su col naso e lucciconi brillano nel profondo dei tuoi occhi sotto le ciglia folte ed imbellettate da una mammina premurosa.
Sei così simpatica. Così grassottella.
Così vittima.
Quante cose avresti da dire in questo istante, quante emozioni ti fanno battere il cuore impazzito, e immagino ti stiano tornando in mente gli ammonimenti di mamma, non dare confidenza agli sconosciuti e cose del genere no ? Purtroppo, purtroppo per te intendo, hai scelto la persona sbagliata con cui trasgredire.
Non puoi sapere come e perché sono entrato nella tua vita, tesoro, e forse non è poi così importante. Magari sarà sufficiente accennarti quello che ti aspetta, mostrarti le polaroid delle ragazzine che sono venute prima di te, le loro ferite il loro sangue le loro mutilazioni i loro volti trasfigurati dal dolore un dolore così intenso da rasentare l’estasi dei santi cristiani.
E tu, piccolo fiore, sarai un nuovo tassello da aggiungere alla collezione. Scelta a caso, troia, vedi di non montarti la testa. Questione di campo libero, di opportunità, di mancanza di passanti e di curiosi del cazzo, Annie.
Il tuo mondo è lontano, un mondo di prati ordinati, villette a schiera, innaffiatori meccanici, tetti a v capovolta, famiglie pulite, linde ed ossessivamente felici, quasi fossero sbucate fuori da un qualche cazzo di serial televisivo, la strada che taglia in due il quartiere ed io in caccia col furgone gli occhi aguzzati e le mani fisse sul volante.
La tua bicicletta, la ricordi? Era il tramonto, s’era fatto tardi e la catena non voleva saperne di tornare al suo posto, sei stata contenta del mio aiuto, che buono il signore sceso dal furgone avrai pensato.
Un angelo.
Si, l’angelo della morte.
In fondo ti ho evitato una sgridata.
Non ci saranno più sgridate, puoi starne certa.
E quando ti ho legata, stordita e riposta tra le coperte arruffate che tengo nel vano, ammassandoti come un polveroso peluche, l’odore acre di birra sudore rancido sperma ha invaso le tue delicate narici di puttana vergine. Non avresti mai immaginato che un simile odore potesse esistere, ci scommetto, e dopotutto sarebbe per te assai difficile accettare anche la semplice esistenza di uno come me e sarà un grande piacere cambiare la tua convinzione.
Casa mia, la vedi ? Le vhs impilate, il frigo, la tv, i divani e gli armadi scortecciati, la branda, non è tanto male per essere l’inferno. Il faretto alogeno che scorreggia una luminescenza biancastra sulle pareti della cantina.
Tra breve inizierai ad apprezzare il mio tocco.
Annie, Annie, Annie, quanti bei pensieri mi fai venire. Puttanella ingenua, ti aprirò le cosce pallide e ti farò provare in quel triangolino inesplorato una furia devastante mentre prenderò a pugni e schiaffi il tuo visino da bambola di porcellana, tanto per ricordarti che godimento e dolore sono strettamente connessi.
Scatterò foto indimenticabili che terrò per la mia collezione privata, e se ce ne sarà la possibilità le spedirò ai tuoi. Loro figlia ridotta a carne da porno amatoriale.
Mi eccita.
Registrerò le tue stupide invocazioni d’aiuto, le tue grida da troia prossima alla morte e le darò ai miei amici perché possano farcisi qualche sega sopra.
Ti renderò fantastica donna sensazionale lasciva incarnazione degli istinti più perversi dell’animo umano, e prenderò quanto di meglio hai da offrire allo sguardo sadico del mio cervello. Pagherai la sfrontatezza di essere così carina.
Sarai una bomba sexy.
Sgusciando fuori dal bozzolo acerbo della pubertà, diventerai simbolo di dirompente sensualità. In pochi minuti, bambina adolescente donna vecchia.
Infine, bellezza nel suo stadio supremo.
Vittima.
Passo dopo passo comprendi il valore della tua missione. Pianifichi. Temporeggi. Assegni una simbolica precisa a luoghi e gesti. Studi. Scegli con cura. Poi.
Poi non puoi più fermarti né riesci a trovare forza e voglia di assecondare la logica.
Inizia un’escalation di violenza che porta dritto al cancello dell’inferno. Devi solo annientare. Lasciarti trasportare dal flusso. Uccidere e disintegrare.
Un meccanico moto di nichilismo fatto di ingranaggi alimentati dal sangue.
La prima ragazzina.
Vulnerabile. Tenera. Indifesa. Un vestito di pizzi bianchi per esorcizzare le brutture del mondo.
Un rapimento fortuito e casuale, improvvisato nello spiazzo di un supermercato, dopo aver guidato in stato di trance per due ore, col cazzo dritto e le viscere contorte dall’ansia e dal pensiero di ciò che avrei fatto alla puttanella.
Caricata a viva forza nel vano del furgone, dopo averla strappata alla piazzola di parcheggio col rischio di essere notato da un centinaio di persone e di stupide famiglie.
Me l’ero studiata benino, assaporando il momento in cui l’avrei fatta urlare di dolore, e più mi avvicinavo, scalando le marce e spingendo il freno più sentivo nitida la frenesia dentro di me. Un battito accelerato. Come i vecchi che vanno a puttane, i loro cosi raggrinziti scossi dal tremito dell’eccitazione, le file di donne scosciate e semi-nude vicine ai falò, una strana sensazione lungo l’esofago.
Per me non c’era differenza di età, razza, ceto sociale. L’importante era annientare una esistenza.
Però di tutte le idee che mi erano frullate per la testa non ero riuscito ad attuarne neanche una.
Non conoscevo i trucchi, i piccoli segreti che scardinano magicamente la reticenza delle vittime , il modo in cui conquistare la loro fiducia, non sapevo minacciare o blandire o dare speranza in modo credibile, e così dopo averla portata lungo l’argine del fiume, in un boschetto adibito a discarica di carcasse d’auto, mi ero dovuto accontentare di un offensivo e rapido palpeggiamento. Poi irritato dal suo pianto del cazzo, dal fracasso, dalla trasformazione che la ragazzina aveva messo in atto ( da emblema di fatua e rassegnata purezza a furia scarmigliata con vocina tagliente ), le avevo fracassato il cranio con un tubo di ferro.
Molto semplice.
Molto veloce.
Nella mia superficialità di novizio non avevo potuto godere di quegli aspetti che solo l’esperienza mi avrebbe fatto scoprire. L’eccitazione era scemata come il down di una fumata di crack.
Ero rimasto deluso. Tutto lì. Catturare una puttanella e trascinarsela dietro per decine di miglia e non riuscire a farle assaggiare nemmeno un po’ di cazzo ?
Dove era il sublime piacere decantato da Russell Odom, da Jeffrey Brudos, da Lawrence Bittaker o da Ted Bundy ?
Il fuoco mi ardeva ancora dentro e sapevo che ci sarebbe stato un secondo tentativo, ma stava solo a me e alle mie capacità renderlo un’esperienza appagante. Altrimenti sarei rimasto solo un casinista frustrato, lontano da qualunque forma di autorealizzazione, di godimento. Dovevo soggiogare l’istinto, capire cosa volevo, cosa andavo cercando, non affrettare i tempi né copiare il lavoro degli altri.
La seconda troia fu una spogliarellista. Carne facile rimorchiata in un peep-show con la promessa di un guadagno extra. Le avevo fracassato la testaccia senza nenche tentare di violentarla, e ogni colpo ogni ferita ogni grido soffocato ogni implorazione rappresentavano un passo in avanti verso il mio orgasmo mentale.
Avevo finalmente capito che sesso ed omicidio sono la stessa identica cosa. Stessa energia. Stesso potere.
Più quella schifosa cagna aveva vomitato sangue e pietose richieste di misericordia più il mio cazzo s’era drizzato. Senza bisogno di nessuna penetrazione. L’unica penetrazione era il potere distruttivo del martello che le frantumava il cranio.
Avevo metabolizzato l’immagine di un Me dominante simile a dio che infieriva a piacimento su una cagna stesa a terra, il cui destino era legato alla mia volontà.
Da quel giorno, ogni omicidio è stato una nuova scoperta.
Prostitute, autostoppiste, troiette strappate all'affetto dei genitori. Per queste ultime ho un vero debole, perché il grado di piacere ricavato non si limita al gesto in sé ma anche al pensiero dei genitori che si struggono per la scomparsa della figliola. Immagini i loro volti distrutti dall’angoscia, gli appelli televisivi, le visite serali alla stanza da letto rimasta vuota, le lacrime di mamma, i gesti impotenti e rabbiosi di papà, l’inutile conforto di parenti ed amici e semplici conoscenti, la consapevolezza lenta ma inesorabile che qualcosa è stato smarrito per sempre. Pregano dio perché li ascolti e li aiuti e dia loro una parola di solidarietà.
E il volto della loro bambolina tenero cucciolo amore infinito finisce su un cartone del latte tra mille figurine di bambocci scomparsi, in quella foresta di ragazzini sorridenti immortalati da papini gonfi d’orgoglio che adesso si sciolgono nella sofferenza.
Morti. Non scomparsi. Lo sanno perfettamente, ma vogliono credere che una telefonata del distretto di polizia ricomponga l’idillio.
Oh, ma ci sarà una telefonata !
E voi genitori da quattro soldi andrete a raccogliere le frattaglie dei vostri figlioli, a riconoscere le facce maciullate dal mio furore erotico e su tutto, troneggiante infernale gotica, l’immagine del mio cazzo che buca e che fa male e che dopo minuti di orrore eiacula.
L’equilibrio mentale si sfalda, eh ? Piangere non basta a lenire il disgusto la nausea l’odio la follia che invocate come tragica liberazione.
In casa tutto è impregnato del fantasma e dell’odore di ciccina, la vostra puttana che mi sono scopato a morte.
Il silenzio è gravido di ricordi di sorrisi di litigi di ammiccamenti di oggetti lasciati inutilizzati e dietro cui si nasconde un universo intero di storie. Rimorsi per le sgridate. Oh, se solo non l’aveste sgridata quel giorno per aver fatto tardi a casa ! Forse non avrebbe trasgredito dando confidenza all’uomo col furgone.
Comunque sia sappiate questo; la vostra troia è morta per il mio piacere.
La bellezza della vittima è una luce talmente bianca che non solo rischiara ma annulla la mediocrità della vita quotidiana.
Vaghi nel Labirinto alla ricerca di un’uscita e per caso t’imbatti in questi esserini gentili docili remissivi. Diventi il loro padrone, il loro dio, la loro ragion d’essere.
Stanno in un angolo le vittime. Attendono. Cosa? Che tu abbia preso una decisione.
Non osano fiatare supplicare pensare, possono solo guardarti con dolci occhi sbarrati e mutamente malinconici predestinati al massacro finale. A volte sperano, ma non sempre e dura poco in ogni caso.
Le illusioni non appartengono al Labirinto.
La vittima è pura. Non fraintende. Non usa metafore o giri di parole. Vuole libertà, sicurezza. Te lo dice brutalmente in faccia. Le importa solo la sopravvivenza, è disposta a degradarsi e ad umiliarsi pur di ottenerla. Ed è in quel caso che la posta si fa sempre più alta.
La vittima offre il suo cuore quando soffre la potenza di chi l’ha sottomessa, e i suoi rantoli cacofonici diventano una magistrale sinfonia da assaporare goccia dopo goccia nota dopo nota.
La vittima si concede in modo totalizzante, corpo ed anima. Distruggi i suoi sogni bambini distruggi la speranza distruggi l’esistenza.
E nella vittima ti realizzi.
Annie, amore di casa, Annie così innocente così timorosa tiri su col naso e lucciconi brillano nel profondo dei tuoi occhi sotto le ciglia folte ed imbellettate da una mammina premurosa.
Sei così simpatica. Così grassottella.
Così vittima.
Quante cose avresti da dire in questo istante, quante emozioni ti fanno battere il cuore impazzito, e immagino ti stiano tornando in mente gli ammonimenti di mamma, non dare confidenza agli sconosciuti e cose del genere no ? Purtroppo, purtroppo per te intendo, hai scelto la persona sbagliata con cui trasgredire.
Non puoi sapere come e perché sono entrato nella tua vita, tesoro, e forse non è poi così importante. Magari sarà sufficiente accennarti quello che ti aspetta, mostrarti le polaroid delle ragazzine che sono venute prima di te, le loro ferite il loro sangue le loro mutilazioni i loro volti trasfigurati dal dolore un dolore così intenso da rasentare l’estasi dei santi cristiani.
E tu, piccolo fiore, sarai un nuovo tassello da aggiungere alla collezione. Scelta a caso, troia, vedi di non montarti la testa. Questione di campo libero, di opportunità, di mancanza di passanti e di curiosi del cazzo, Annie.
Il tuo mondo è lontano, un mondo di prati ordinati, villette a schiera, innaffiatori meccanici, tetti a v capovolta, famiglie pulite, linde ed ossessivamente felici, quasi fossero sbucate fuori da un qualche cazzo di serial televisivo, la strada che taglia in due il quartiere ed io in caccia col furgone gli occhi aguzzati e le mani fisse sul volante.
La tua bicicletta, la ricordi? Era il tramonto, s’era fatto tardi e la catena non voleva saperne di tornare al suo posto, sei stata contenta del mio aiuto, che buono il signore sceso dal furgone avrai pensato.
Un angelo.
Si, l’angelo della morte.
In fondo ti ho evitato una sgridata.
Non ci saranno più sgridate, puoi starne certa.
E quando ti ho legata, stordita e riposta tra le coperte arruffate che tengo nel vano, ammassandoti come un polveroso peluche, l’odore acre di birra sudore rancido sperma ha invaso le tue delicate narici di puttana vergine. Non avresti mai immaginato che un simile odore potesse esistere, ci scommetto, e dopotutto sarebbe per te assai difficile accettare anche la semplice esistenza di uno come me e sarà un grande piacere cambiare la tua convinzione.
Casa mia, la vedi ? Le vhs impilate, il frigo, la tv, i divani e gli armadi scortecciati, la branda, non è tanto male per essere l’inferno. Il faretto alogeno che scorreggia una luminescenza biancastra sulle pareti della cantina.
Tra breve inizierai ad apprezzare il mio tocco.
Annie, Annie, Annie, quanti bei pensieri mi fai venire. Puttanella ingenua, ti aprirò le cosce pallide e ti farò provare in quel triangolino inesplorato una furia devastante mentre prenderò a pugni e schiaffi il tuo visino da bambola di porcellana, tanto per ricordarti che godimento e dolore sono strettamente connessi.
Scatterò foto indimenticabili che terrò per la mia collezione privata, e se ce ne sarà la possibilità le spedirò ai tuoi. Loro figlia ridotta a carne da porno amatoriale.
Mi eccita.
Registrerò le tue stupide invocazioni d’aiuto, le tue grida da troia prossima alla morte e le darò ai miei amici perché possano farcisi qualche sega sopra.
Ti renderò fantastica donna sensazionale lasciva incarnazione degli istinti più perversi dell’animo umano, e prenderò quanto di meglio hai da offrire allo sguardo sadico del mio cervello. Pagherai la sfrontatezza di essere così carina.
Sarai una bomba sexy.
Sgusciando fuori dal bozzolo acerbo della pubertà, diventerai simbolo di dirompente sensualità. In pochi minuti, bambina adolescente donna vecchia.
Infine, bellezza nel suo stadio supremo.
Vittima.
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