Invoca la pace, ed avrai la guerra.
Guerra nel fango, sotto un cielo livido carico di nuvole, lungo una linea d'orizzonte tremolante e scossa dai bassi elettrici intenti a propagarsi sulla pelle raggrinzita di musicisti eternamente giovani- il motto di Von Salomon lontano dalle garitte e dalle trincee e scolpito a sangue sulle carni dei ragazzi festanti, un rito collettivo tramandato di generazione in generazione e riesumato di peso per logiche di mercato.
Guerra nel fango, sotto un cielo livido carico di nuvole, lungo una linea d'orizzonte tremolante e scossa dai bassi elettrici intenti a propagarsi sulla pelle raggrinzita di musicisti eternamente giovani- il motto di Von Salomon lontano dalle garitte e dalle trincee e scolpito a sangue sulle carni dei ragazzi festanti, un rito collettivo tramandato di generazione in generazione e riesumato di peso per logiche di mercato.
E per l'amore, certo.
Nel 1994 la violenza fu episodica, esteriore, una battaglia di fango e chiazze di sangue, qualche approccio sessuale rubricato come violenza e/o molestia, qualche incisivo saltato - in the name of Love.
Nel 1994 la violenza fu episodica, esteriore, una battaglia di fango e chiazze di sangue, qualche approccio sessuale rubricato come violenza e/o molestia, qualche incisivo saltato - in the name of Love.
Nel 1999 le cose si fecero più serie e il mosh diventò la sublimazione precisa di guerriglia urbana, tra alcolici, droghe, ormoni impazziti, nichilismo da stagediving ed estasi elettrizzata di una folla priva, decisamente, di alternative migliori. Americani a briglia sciolta, nel teatro di Rome ma senza Colosseo nè, celinianamente, pani e circo; nessun gladiatore, solo i pessimi Limp Bizkit, cazzomoscio nomen omen, a soffiare sul fuoco e ad incitare per il loro quarto d'ora di celebrità gli scavezzacollo del mosh pit a frantumarsi le ossa tra pogate e salti piroettanti, nessun derviscio solo baccanali di ginocchia frantumate e qualche tizio in coma. Portato via da barellieri stanchi morti, sotto l'afa irreale di un cielo di piombo. Per l'amore, anche qui.
Un milione di persone. Forse di più.
2010 - strade tedesche ordinate anche se la teknoparade avanza lenta, un serpente di carne sbronzo che barcolla e caracolla e tracima devastando il decoro urbano, non le droghe, non gli alcolici ma la massa nel suo complesso è il problema; una massa non ama, è muta, cieca, sorda, nera ed insensibile, si trascina avanti per abitudine, per mera fisiologia, come risposta al tanto amore invocato.
Amatevi tutti, schiacciati, frollati, gli uni sugli altri, muraglia di corpi sanguinanti, corpi maschili, femminili, pieni di droghe o sobri, disidratati, sudati, magri o grassi, belle ragazze insanguinate con le rotule fatte a pezzi dagli stivali borchiati di qualche fetish starlette, la parata avanza minacciosa, inarrestabile, un fiume nella stagione delle inondazioni, i pochi che comprendono cosa sta accadendo non possono fare nulla, devono continuare come zombie nella loro marcia, incastrati da corpi alla loro destra alla loro sinistra davanti dietro di loro, le autorità sono allibite e contemplano silenziosamente il massacro che battiti techno e glorificazione dell'amore materializzano davanti i loro occhi - sbarrati.
Le urla di sofferenza si perdono nel delirio musicale, le contorsioni di dolore si mescolano ai saltelli vitalistici e drogati di gioia - un paradiso artificiale di idiozia, di inconsistenza, di buone intenzioni molto opportunamente mandate al macero. Chi piange e chi strepita, chi sorride, chi amoreggia, chi invoca soccorsi che non potranno mai arrivare che non potranno mai fendere il muro di carne, chi evita la polizia, chi si arrampica sui carri, chi è costretto ad avanzare verso il tunnel sapendo che quella tenebra a breve inghiottirà la sua esistenza immagina il caldo le persone ammassate sfidando ogni legge fisica e logica, nessuna via di fuga, la doppia confluenza dei cortei rende impossibile la ritirata la fuga.
Bisogna andare avanti.
Camminare in linea.
Come sulla strada per un campo di sterminio, eretto frettolosamente per celebrare...l'amore.
Amatevi tutti mentre varcate la soglia di quel tunnel cittadino. Amatevi come solo un corpo fuso dentro un altro può fare. Mentre gli occhi iniziano a lacrimare, il respiro a farsi affannoso, mentre si prova dolore per il senso di oppressione di finitezza di claustrofobia per i corpi che si schiacciano e si comprimono come su una centrifuga impazzita. La pressione cresce, aumenta, diventa insopportabile, e il caldo non aiuta - chi cade, è finito.
Letteralmente.
Non esiste spazio fisico per tirarlo su, diventa, per la propria sopravvivenza, necessario passargli sopra; c'è chi tenta di evitare i caduti sul selciato, ma è impossibile. Ed allora il fiume umano li travolge, gli passa sopra, li maciulla rendendoli una poltiglia sanguinante di carne macinata.
L'amore non abita più qui.
1 commento:
Cause ed effetti, nulla di più.
Mi permetto di fare un ragionamente ad alta voce.
Mai capito dove sta il gusto di partecipare ad una cosa simile. Per fare cosa? Non hai spazio per muoverti, c'è troppo rumore per parlare, troppa folla per permetterti semplicemente di andartene quando sei stufo...
Senza dubbio ciò esula totalmente dalla mia compresione.
E rimango sempre, nuovamente, sorpreso nel constatare come quello che per me è quanto di più simile all'inferno per altri costituisce il massimo dello spasso.
Tant'è...
Non posso non riconoscere un'ammicco di giustizia nella catena di cause-effetti di cui sopra...
-Mejnour-
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