E uno snuff movie definitivo è anche al centro di A Serbian Film, "filmetto" che da mesi sta dilaniando gli appassionati con risse verbali, svenimenti negli USA e a Cannes (i film che si portano dietro leggende metropolitane generalmente sono pessimi, ma questo fa parziale eccezione), annunci di recensori che si rifiutano di recensirlo (su Nocturno Cinema, ad esempio) e aficionados che a mezzo forum si scannano sulla sempre aperta e dibattuta questione del lecito, del limite, della utilità intrinseca della metafora esibita ed esposta con compiaciuta brutalità.
Premettendo che di seguito si avranno degli SPOILER, il film narra la storia (?) di Milos, ex Rocco Siffredi balcanico ormai ritiratosi a quieta vita familiare; quieta ma finanziariamente disastrata, tanto che le uggiose giornate trascorrono tra malinconiche reminiscenze del passato, sesso con la moglie, il figlio di quattro anni che si guarda i dvd porno col padre protagonista.Un giorno però anche qui arriva l'ambiguo angelo del destino, sotto forma di una brillante e bellissima intermediaria che propone a Milos di interpretare un ultimo film che gli varrà un compenso stratosferico e la fine assicurata di ogni preoccupazione di ordine economico per moglie e figli.
Milos accetta ma ben presto capisce che il regista del progetto non intende realizzare un comune porno, ma un terrificante snuff movie - e qui inizia il delirio, perchè non pago del torture porn per quanto esplicito, A Serbian Film inanella una serie di atrocità che rendono in effetti Murder Set Pieces, Martyrs e August Underground della cacchina buona per il dopolavoro disney.
Un esempio? Aldilà degli stupri con decapitazione per sperimentare coito da rigor mortis , le atmosfere incupite decadenti e paramilitari che esplicitamente rimandano ai massacri bellici o scopate con donkey punch violentissimo o scene di atrocità belliche, il film diventa insostenibile per la violenza contro i bambini...e se già Murder Set Pieces aveva rotto il tabù cinematografico del "i bambini non si toccano", A Serbian Film va più in là con la grazia di un elefante obeso dentro una cristalleria di Boemia (un neonato appena partorito dalla madre e ancora sanguinante di placenta viene brutalizzato e violentato...e questa è solo una delle varie scene).
Alcune scene non esplicite, se possibile, risultano più disturbanti e ciniche della carnografia spicciola; su tutte l'angosciosa scena di incesto (inconsapevole) in cui il protagonista e il fratello poliziotto devono sodomizzare due attrici coperte da un lenzuolo e che i sodomizzatori non avranno modo alcuno di vedere mai. Peccato che non si tratti di attrici ma della moglie e del figlio (quello di quattro anni) del protagonista...
Naturalmente, è del tutto palese che al regista Spasojevic non interessava minimanente l'originalità; il film è un assemblaggio citazionista (in alcuni casi ai limiti del plagio) di centinaia di pellicole più o meno legate alla tematica del metacinema. Da Last House on dead end street a Il Cameraman e L'Assassino, passando per Man Bites Dog e perfino quella cagata assurda rispondente al nome di 8mm, c'è anche un (non so quanto voluto) rimando a Seven, di Fincher. Palesi omaggi al cinema di Brass ( i falli finti) che a volte si perdono dietro allegorie barocche ed estetizzanti, l'intera pellicola si muove su coordinate patinate, da metafora-della-violenza-nella-epoca-di-MTV, ma certo il tono generale è di un malevolo spinto, a tratti da psicopatici, nessuno, letteralmente, viene risparmiato.
I problemi sollevati da film simili sono enormi - anche perchè in Serbia, a prescindere dal discorso del vero o inventato finanziamento statale ricevuto, questo film viene commentato, dibattuto, analizzato e criticato non nelle nicchie maleodoranti del cinema gore o estremo ma sui mass media di rilievo, suscitando reazioni viscerali che oscillano dall'orgoglio nazionale ferito alla disamina della crisi della società serba (la metafora in fondo più facile) fino ad un compiaciuto cenno di approvazione per aver portato la Serbia al centro della comunità cinematografica estrema mondiale. E le persone che partecipano a questi autodafe collettivi non sono nerd occhialuti alla ricerca di emozioni virtuali forti, ma la popolazione nel suo complesso; teenager, studenti universitari, casalinghe, operai, avvocati, chiamati tutti in causa dalla allucinata visione di un film che rappresenta, volenti o nolenti, un epos di inaudita ferocia.
Un problema davvero consistente è quello dei limiti che un film dovrebbe darsi per non cadere nel sensazionalismo becero, spinto e fine a se stesso-è evidente che il rischio "luna park", soprattutto quando ci confrontiamo col torture porn in tutte le sue (in)finite varianti, è sempre in agguato. Ad alcuni il concetto di limite apparirà anche di matrice morale; è evidente, come in effetti fanno notare in molti, che mostrare la violenza carnale subita da un neonato o scene porno consumate dentro un asilo nido supera e di molto quella invisibile linea che divide provocazione, estro artistico da patologia clinica, e che quindi, proprio per la implicita gara a trovare aberrazioni sempre più pesanti, il prossimo film finirà probabilmente per mostrare autentiche uccisioni. Una questione che secondo me non si pone, soprattutto nella epoca di internet, visto che con minimo sforzo un qualunque giovane (e anche meno giovane) può comodamente guardarsi dal calduccio confortante della sua stanza spezzoni di ammazzamenti autentici o di crimini di guerra, frettolosamente uploadati su siti internet come il fu-Ogrish o circolanti più o meno liberamente tra torrent e programmi di filesharing.
Ma il limite che a me interessa è quello che separa il sordido dal ridicolo, l'allucinante dal trash; e devo dire che Spasojevic, almeno in questo, è bravissimo, e pur attingendo copiosamente dal calderone dei luoghi comuni riesce ad alternare vorrei dire brillantemente ultraviolenza esplicita ad atmosfere più meditate, ellittiche e sofferte (che aggiungono inevitabilmente orrore all'orrore). Per quanto la discesa all'inferno di Milos in alcuni tratti diventi palesemente incredibile e per quanto allo spettatore sia richiesto un discreto esercizio di sospensione della credulità, il magma putrescente di sperma, violenza, misoginia (ma forse più correttamente, misantropia...ogni singolo personaggio del film è un Mostro, a ben vedere e l'antieroe incarnato da Milos rappresenta una monade impazzita con cui a tratti siamo costretti ad empatizzare, ed è una empatia decisamente dolorosa) sovrasta e ingoia tutto.
Un altro problema non da poco è quello delle metafore; quando si affronta un tema delicato come il rapporto tra sesso/violenza e occhio dei Media, in una prospettiva dichiaratamente voyeuristica, l'errore tipico in cui si cade (vedasi tra i molti Natural Born Killers) è la fumettizzazione dei personaggi, i quali finiscono inevitabilmente per diventare monotematici e monodimensionali, palesemente ritagliati nel cartone. E il film stesso rischia di sfuggire dalle mani del regista - in A Serbian Film questo a volte succede, soprattutto quando Spasojevic pensa di essere la reincarnazione di Pasolini. La scena dello stupro (e conseguente massacro) sul letto, con la donna incatenata presa da dietro da Milos è un viaggio dritto dentro la struttura del Salò pasoliniano; solo che mentre Pasolini aveva saputo destreggiarsi tra atmosfere filosofiche sadiane (la finitezza degli spazi come impulso alla Fondazione, per dirla con Barthes, la Natura del Male, la crudeltà) e istinto alla denuncia sociale (sulle articolazioni del potere), il regista serbo ogni tanto gira pesantemente a vuoto, dando l'impressione di guardarsi l'ombelico in estasi sorridente.
La visione è comunque consigliata solo a chi la mattina si lava i denti con Total Abuse.
2 commenti:
ne ho già scritta la mia.
è molto oltre quello che è il mio limite di sopportazione.
mi piacerebbe che l'ideatore della facenda subisse qualche momento di reale terrore e schifo. per dargli antidoto. non per punirlo.
come faccio a sapere che non ha mai passato nulla di realmente brutto? semplice. proprio per le schifezze senza limite che la sua mente è riuscita a produrre. se uno ha subito certe cose la sua mente rifiuta, per una questione di autoprotezione suppongo, di partorirne altre ancora più brutte.
non ho nulla da dire a chi ancora non ha visto il film. non ho consigli da dare. certe immagini non li posso dimenticare, ma neanche ho voglia di dire che è da psicopatici veri guardarlo e "amarlo". non è da me.
come sempre la tua lucidissima analisi senza alcuna ipocrisia (grazie!) mi rende quanto meno abbastanza quieta da leggerla tutta.
non è più questione di polemiche sul lecito e no.
i limiti son cosi per me. la pianto lì e basta.
love, mod
a modo suo, è un film epocale; innanzitutto perchè a differenza di alcuni famigerati film che sono andati oltre il bene e il male (e che citavo nell'articolo) mostrando il non mostrabile, qui ci lasciamo alle spalle la grana grossa e grossolana di quei prodotti, spesso realizzati da fanzinari e da semplici aficionados, prodotti azzoppati proprio dal loro essere palesemente amatoriali e poco professionali.
Qui invece c'è sordido, ripugnante cinema; e proprio cinema, con soggetto, scenografia, script, location, riprese, attori, e via dicendo. Tutto professionale, preciso, meticoloso. A rendere se si vuole ancora più insostenibile la brutalità di alcune precise scene. Non è un mero torture porn, e direi che chi pensa di potersi accostare a questo film perchè ha visto Hostel sarebbe decisamente fuori strada - mi piace pensare che la consueta brutalità balcanica, fatta anche di recenti cruente guerre che hanno calpestato ogni patto di civile convivenza, abbia influenzato DAVVERO lo script e che questo salto logico, dalla verità al cinema finzionale, sia appunto mitigato dal sostrato reale delle idee frullate in testa al regista.
Come diceva Burroughs, la differenza che passa tra un vero torero che rischia nell'arena e uno smerda-tori che fa le mosse della corrida in camera sua...
Non credo A Serbian Film sia un ulteriore passo lungo la ipotetica direttrice di una estremizzazione feroce del cinema, di una rincorsa cieca alla brutalità fine a se stessa; secondo me è un oggetto altro, che si situa in una patologica categoria tutta sua
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