Da poche settimane è uscito per Mondadori l'ennesimo libro che reca sulla copertina il nome di Hitler, questa volta a cimentarsi con l'argomento è Giuseppe Genna. Romanzo - ci informa la dicitura posta immediatamente sopra il marmoreo e funereo volto di Hitler, "romanzo metafisico" si premura di aggiungere l'autore nelle interviste sin qui rilasciate.
Termine pretenzioso, metafisica. Anzi, Metafisica perchè nel suo senso filosofico puro è ricerca metodologica dell'Assoluto, quella branca di indagine del sapere che fluisce come un fiume di dicotomie imponendo che si usino molte molte maiuscole; e così via nel florilegio di un male, genericamente indeterminato, ed il Male, titanico, sinistro, fiammeggiante, una memoria e la Memoria. Ignoro, devo essere sincero, quanti siano stati sino ad oggi gli scrittori e gli storici che hanno apposto sul frontespizio dei loro libri quel geroglifico satanico che il nome di Hitler rappresenta. Forma di meta-esorcismo artaudiano, io credo; perchè non vorrei dover pensare a mera mossa pubblicità: no, direi di no, la metafisica (anzi, la Metafisica visto che qui parliamo della incarnazione più cogente del male, anzi del Male) mal si coniuga con le strategie di marketing. O no?
Ho fatto un favore a Genna, anche se non se li merita i miei favori. Mi sta antipatico. Non ho remore a dirlo. Chi viene da un dignitoso passato di cronista e commentatore di cultura di destra (scritti su Drieu La Rochelle, ad esempio, in termini positivi) e poi si ricicla, pubblicato da Mondadori, nel ruolo di coscienza politicamente corretta, arrivando alla pretenziosità di voler decostruire una Metafisica sussunta nel nome del Fuhrer più che di persona in corso di maturazione di idee e prospettiva mi sa di opportunista. Dicevo del mio favore; è molto semplice, e sta racchiuso in quel punto interrogativo che invece Genna vedrebbe come fumo agli occhi. Certo, perchè lui invece è per il lapidario assertivo; problema metafisico, punto (se non addirittura punto esclamativo). Hitler è il Male, è la non-persona, è quella figura sadicamente troneggiante sugli orrori della Storia (e verosimilmente della meta-storia) che richiama tanto la descrizione che di Sade ci forniva Swinburne, e che credo di aver richiamato in qualche post più sotto. E pure altra coincidenza, Hitler finisce proprio sopra Gilles de Rais, ce ne sarebbe di che crogiolarsi sull'immaginaria amaca dell'amore universale.
Ma io quel punto interrogativo l'ho dovuto mettere. Questione deontica, assolutamente. Perchè innanzitutto di quale metafisica (anzi, Metafisica) sta parlando Genna? Quella originaria e primeva alla Platone, o quella di Schopenauer o di Klages o di Baader ? Di cosa stiamo parlando ? Di una Metafisica come ricerca dei fini ultimi o di una prevalenza dello psichico sul fisico, per dirla in chiari termini weiningeriani ?
No perchè il romanzo, lungi dall'essere metafisico, parte subito chiamando in causa il povero Lupo Fenrir, sublimato nella forma di visione ed apparso al sognante giovanissimo (sette anni) Adolf Hitler, che tornato poi a casa in ritardo viene cinghiato dal dispotico padre in una edizione antesignana della cinghiamattanza. Pensate, il padre non accoglie come giustificazione quella del mitologico Lupo, probabilmente nemmeno lo Stormo Tempestoso sarebbe stato giustificazione degna; tempi grami quelli per gli studenti, se nemmeno le fauci assolute di una divinità potevano evitare le striature a sangue sul culo.
No perchè il romanzo, lungi dall'essere metafisico, parte subito chiamando in causa il povero Lupo Fenrir, sublimato nella forma di visione ed apparso al sognante giovanissimo (sette anni) Adolf Hitler, che tornato poi a casa in ritardo viene cinghiato dal dispotico padre in una edizione antesignana della cinghiamattanza. Pensate, il padre non accoglie come giustificazione quella del mitologico Lupo, probabilmente nemmeno lo Stormo Tempestoso sarebbe stato giustificazione degna; tempi grami quelli per gli studenti, se nemmeno le fauci assolute di una divinità potevano evitare le striature a sangue sul culo.
Un vero dramma che uno parta da ambizioni metafisiche e poi si trovi davanti un quadro di abuso familiare che sembra uscire fuori dai vaneggiamenti orgonico-reichiani di fascismo come necrosi della pulsione sessuale. Non da meno gli exergo che Genna appone come sigillo (o epitaffio?) all'inizio del suo opus; uno, prevedibile, è di Primo Levi. L'altro è del regista Lanzmann. Quello che ritengo maggiormente significativo lo riporto integralmente :
“È fatto divieto agli ebrei di concedere a Hitler vittorie postume”
614ma norma del canone ebraico istituita da Emil Fackenheim, in La presenza di Dio nella storia.
Genna, qui sì preso da puro afflato metafisico (mi perdonerà se non lo metto maiuscolo, ma è un aggettivo e persino l'indagine filosofica si deve arrestare davanti alle regole grammaticali...escluso Heidegger, ovvio), si indigna e si oltraggia perennemente ogni volta che gli si adombra la possibilità di una banalizzazione di questo Male che va sotto il nome e le sembianze di Adolf Hitler. Ogni scivolamento verso la descrizione di un Hitler umano diventa "postuma vittoria". Rabbia rossa per l'idea dell'Hitler malato, e quindi fondamentalmente umano, mostrato nel film La Caduta. Satana-Hitler è un paradigma, e come tutti i paradigmi ha sempre una salute di ferro.
Devo ammetterlo; anche io sono ben contrario alla banalizzazione della figura di Hitler, ma per motivi che immagino farebbero cadere a Genna tutti i capelli e i denti. Sono talmente contrario alla banalizzazione, alla volgarizzazione, di questa figura da aborrire (mi perdonerete il mughinismo) i libri che esibiscono tronfi il suo nome in copertina. Li trovo pretenziosi, e noiosi. Peggio di quei gialli in cui l'assassino è il maggiordomo. Anche qui sai sempre cosa aspettarti; lunge e dettagliate descrizioni di un cielo d'inferno, tra cataste di cadaveri, campi di morte e goticismi poco lirici ma molto pornografici. In aggiunta alla consueta frustrazione del piccolo Hitler imbianchino, economicamente spiantato.
Mantenere la memoria (anzi, no; la Memoria) come esercizio letterario? Come missione religiosa ? Non so, a volte credo che Norman Finkelstein avesse perfettamente ragione; ormai Olocausto e Nazismo (tutti e due rigorosamente maiuscoli...) sono divenuti oggetti tipici di campagne di marketing e di merceologia, una sorta di feticismo lucroso che produce campi di sterminio su celluloide come fossero dei Jurassic Park seriali. Oppure mi sovvengono alla memoria le pagine scritte da Raymond Federman nell'antologia Schegge d'America. Il fatto che tanto Federman quanto Finkelstein siano ebrei dovrebbe far riflettere Genna.
Sì, perchè se lui si indigna tanto per la mancanza di afflato metafisico nella ricerca su Hitler, storiografica o narrativa, altri invece si indignano per la strumentalizzazione meramente commerciale di quello specifico evento. Davvero una sconfitta, e Genna lo ammetterà, dover constatare che Hitler vende bene...
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