Alcuni di voi conosceranno senza ombra di dubbio la perversa trilogia girata da Fred Vogel, già allievo dell'effettista Tom Savini e regista di alcuni videoclip extreme metal (tra gli altri per i Necrophagia); per chi non la dovesse conoscere, diciamo che si tratta dell'ideale punto di congiunzione tra il gore insensato di Guinea Pig e il docudrama psicogranuloso di Henry Pioggia di Sangue, delirante spaccato simil-amatoriale della vita di due ributtanti serial killer intenti a rapire, massacrare, torturare in modi schifiltosi delle vittime casuali.
Uno dei due quasi sempre dietro la macchina da presa, sparando commenti di inaudito cinismo e massime di pura misantropia, mentre l'altro, davanti la videocamera, sevizia, scuoia, scotenna, taglia, affetta, disseziona, brutalizza non facendo grande differenza tra vittime maschili e vittime femminili, se non per la violenza carnale che viene consumata a danno di queste ultime.
Nei tre episodi che compongono la "serie", August Underground, Mordum e Penance, c'è anche una alternanza di soggetti e protagonisti, visto che nell'ultimo episodio compare una killer-donna, Christie, cosa che colora di una aura ancor più morbosa ed oscena l'intera vicenda.
In realtà potrebbe trattarsi dei soliti splatter molto grumosi, quelli a cui Chas Balun assegnerebbe il massimo nella sua scala di punteggio vomitoso, non poi così diversi da tanti epigoni precedentemente realizzati; tuttavia, aldilà degli effetti speciali che definire eccezionali sarebbe perfino riduttivo e che contribuiscono in modo enorme all'impatto emotivo dando l'impressione di avere a che fare con un autentico documentario (impressione acuita anche dal girato frammentario alla Blair Witch, con immagini sgranate e di pessima qualità), Vogel è una persona intelligente, acuta, brillante e soprattutto conosce perfettamente il senso della vera paura.
Non sono un estimatore dello splatter fine a se stesso, lo trovo vuoto e consolatorio; per questo ad esempio preferisco un Henry Pioggia di Sangue, in cui la violenza, sempre presente, è cruda, dura, ma suggerita più che esplicitamente mostrata, scorre come un fiume carsico insinuandosi freddamente e inesorabilmente nella mente dello spettatore. Lo splatter è questione di budella; mostrate, esibite, trionfani, ma alle budella dello spettatore è diretto, giusto per generare sommovimenti gastrici. Al contrario un film come Henry colpisce la mente, si incista come un tumore maligno e le metastasi della morbosità prendono a brulicare come lombrichi stagionati.
Vogel è riuscito nella mirabile impresa di coniugare questi due registri stilistici; la brutalità carnografica esibita e la violenza subliminale, suggerita da una singola frase o da un particolare apparentemente insignificante.
Trovo che una delle scene di Henry più ciniche e laide sia l'irruzione in casa dei due killer; una irruzione prolungata, crudele, in cui i due giocano perversamente con marito moglie e figlio, prolungando le torture, violentando la donna e poi uccidendo tutti. Ma la violenza, parzialmente mostrata, rimane sullo sfondo. Invece Vogel prende l'impatto carnale di quel singolo episodio e lo reitera fino allo sfinimento aggiungendoci una sequela quasi infinita di carne martoriata, sangue, nudi, merda, sperma, sevizie e crudeltà.
In Penance, capitolo conclusivo della trilogia, c'è una scena che richiama esplicitamente l'irruzione mostrata in Henry; ma qui, se possibile, si va oltre. L'ambiente familiare è natalizio, c'è un albero, ci sono addobbi, c'è un giocoso clima di festa che viene spazzato via dai due assassini, uno dei quali è una donna; ne segue un atroce carnevale di brutalità omicidiaria e di commenti di cinismo ultravioletto, come quando il killer che riprende con la videocamera chiede alla donna-killer di far scartare alla ragazzina i suoi regali e al tempo stesso di strangolarla. "Voglio vedere la vita andarsene" bisbiglia, con tono sadico.
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