( Foto di A3bla http://www.flickr.com/photos/a3bla/ )
Per me, gli anni Ottanta finirono già lì, nel 1983, durante quel fine-settimana dove, sotto l'apparenza di una fiesta mobile di ragazzi allegri, e anche scatenati, si rivelarono la follia dei rapporti, l'eccesso di certi riti e anche la paura. Dopo fu solamente il momento dell'osservazione e della riflessione, del lavoro sul materiale più o meno autobiografico...nonostante quel che si potrebbe pensare queste parole di Tondelli non possono, e non debbono rappresentare nè l'epitaffio di una Emilia Romagna scomparsa nel clima post-rurale, post-vacanziero e post-tutto germogliato alla fine degli anni settanta tra Dams e lotta di strada e creatività sparata per l'inurbamento delle plebi intellettuali da un lato e dall'altro la paciosa agreste abulia dei paesi dispersi tra i colli romagnoli con la riviera dispersa nel candore arancio di mille albe, laggiù da qualche parte come un ologramma (ri)vitalizzato dalla pecunia germanica e scandinava nè un qualche esercizio estetico e di stile per prendere le distanze dall'oggetto della propria analisi.
Oggettivamente ha ragione Guccini; tra la Via Emilia ed il West, un locus topografico e spirituale in cui l'underground si frammischia all'overground, i rave si gemellano alle feste contadine pre-cristiane, il vino rosso scende in gola copulando con la speranza di una emersione dal nulla decantato tra cantine e centri sociali, memorie resistenziali e tombe mussoliniane, la carnalità carnascialesca che se non frenata si avvita su se stessa come un elicottero schiantato, la spiaggia di massa e le baie e le insenature invase dalla prepotenza totalitaria dei beat, le scampagnate, l'isolazionismo degli Appennini, tutto allucinato affabulato arricchito da un modus vivendi che sconta la contraddizione di una universalità provinciale. Mi spiace per i Ligabue e i Brizzi, ma la loro visione detournata, poco personale e molto cliche, non rende il senso penoso, mistico, altero, plebeo ed aristocratico al tempo stesso della invisibile linea che divide e separa e scarnifica Emilia e Romagna.
Devo invece essere grato al Tondelli del Week end Postmoderno perchè attraverso le sue decostruzioni, attraverso gli articoli sofferti, ora ironici iperbolici grotteschi, ora colmi di rimpianto abissale e malinconia per un mondo che arretra nella nebbia e scompare, vividi quadri di situazioni esistenze autori posti e non-posti ho dato un senso a tutto il tempo che ho trascorso in Romagna.
L'aspetto che mi ha sempre molto colpito nell'opera tondelliana è la densità dei riferimenti e delle suggestioni, cosa molto importante per chi come me ama molto un Ballard e quella commistione di elementi metanarrativi, intreccio furioso e infiammato di pop-culture, recensioni musicali e letterarie e narrativa tout-court; ogni riga è studiata, lasciata poco al caos, analizzata e riscritta una, due , forse cinque volte, immagino Tondelli intento a scrivere e lo vedo ansioso angosciato desideroso di raggiungere quel nitore che è sempre incubo di chiunque scriva.
E questa terra, Cesenatico, Rimini, Correggio, si affolla come una Zattera della Medusa della memoria, si scompongono i momenti apicali della esistenza, e se ne fa rapido carico di malinconie ; gran parte delle sue opere, e certamente delle opere che compongono il Weekend, Tondelli le scrisse lontano dall'amata Emilia-Romagna, le scrisse ora a Firenze, ora a Milano, ora a Roma.
Non a caso, aldilà di questioni strettamente personali ed emotive, occupa così tanto spazio e così tanta importanza l'opera barthesiana sull'amore, i Frammenti, che diventano sacra sindone di un locus lontano, che si porta nel cuore interiormente, come i gelidi fiordi norvegesi per Knut Hamsun. Nel Weekend vi è una stratificata carrellata di personaggi, luoghi ed emozioni; memorie letterarie su Rimini, i riti sanguinari e rurali della Romagna contadina nella straordinaria intervista con l'ensemble teatrale Magazzini, i campi di morte per la macellazione animale fatti divenire scenario privilegiato per la messa in opera di una piece su Genet, le discoteche, le tendenze giovanili, i concerti, la desolazione della provincia afflitta da grandeur giocata tutta sul delicato crinale della tentazione e delle effettive possibilità.
Come è stato autorevolmente notato, il Weekend è un viaggio per frammenti, reportage, illuminazione interiori, riflessioni, descrizioni partecipi e dirette, nella parte degli anni Ottanta più creativa e sperimentale. È un viaggio nella provincia italiana, fra i suoi gruppi teatrali, fra i suoi artisti, i filmaker, i videoartisti, le garage band, i fumettari, i pubblicitari, la fauna trend che da Pordenone a Lecce, da Udine a Napoli, da Firenze a Bologna ha contribuito a rivestire quegli stessi anni Ottanta, vacui e superficiali in apparenza, di contenuti e sperimentazioni, al punto da proporre, come capitale morale del decennio, non più una città, ma l'intera provincia italiana.
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