domenica 31 gennaio 2010

DEATH BONDAGE





Inquadratura esterno giorno, la videocamera riprende il muro di cinta di una casa fornita di piccolo giardino - abitazione dalle finestre ornate di tendine bianche, con un piccolo lucernario, un vialetto che conduce alla porta d'ingresso.
Non c'è traccia di esseri umani. Un albero spoglio, ripreso marginalmente, a destra dell'occhio che guarda.
Tutte le riprese iniziali devono essere in bianco e nero granuloso, virato.
Dissolvenza.
La cantina adibita a camera di tortura; primi piani di Fred e Rose, volti che incarnano e somatizzano lussuria allo stato puro, brutalità, crudeltà.
La camera deve indugiare sugli occhi vitrei e palesemente eccitati di Fred, una patina lucida di sudore, una luce irrazionale negli occhi da ottenere attraverso giochi di luce.
L'intero ambiente della cantina è immerso in un chiaroscuro , l'aria deve essere fumosa e pesante.
La prima ragazzina da torturare sarà introdotta dalla calma voce di Fred che, in un freddo e risoluto mantra, reciterà il nome Elisabeth Agius, ripetendolo pù volte, da vero ossesso, fino a perdere ogni contatto con la realtà, fino a che la schiuma compaia sulle sue labbra digrignate.
La ragazza deve piangere da subito. Ed è bene che il suo pianto sia vero, perché non esiste simulazione del dolore.
Elisabeth sarà sottoposta ad abusi verbali da parte di Fred e di Rose, sarà incatenata al muro della cantina, nuda, ad accezione di un collare da cane serrato al collo.
Il collare è assicurato, attraverso catenelle e passanti , al muro.
Fred inizia a torcere i capezzoli della vittima con delle tenaglie, mentre Rose la palpeggia sula vagina e sul seno in modo metà lascivo metà offensivo.
La vittima deve guaire come una cagna in preda a spasmi abortivi.
Fred inizierà a legarla con del nastro isolante, prima delle x nere sui capezzoli, poi sull'ombelico e poi sulle braccia e sulle gambe e sugli occhi, mentre Rose prenderà a rivestire la pelle di Elisabeth con una guaina di lattice.
Le ficcheranno la testa in una busta di plastica da cui fuoriesce un tubetto che sarà applicato al naso della puttana.
Le spegneranno delle sigarette sulle braccia, attorno al nastro isolante e la picchieranno, senza farle uscire sangue ma producendo delle meravigliose macchie blu pesto.
Durante le operazioni, Rose deve inveire contro la ragazzina ed è necessario che l'abuso verbale continui ininterrotto e feroce. La camera deve riprendere la scena con inquadrature frenetiche, possibilmente fuori fuoco, dando idea della voracità che anima questi due amanti libertini e le loro inequivoche scelte di vita.
I seni di Elisabeth saranno costretti poi all'interno di un complesso gioco di nodi e il suo corpo abbondantemente legato sarà issato verso il soffitto; le braccia devono essere posizionate dietro la schiena, di modo che ogni strattone di corda significhi una fitta di dolore e di panico per la vittima, come nelle antiche torture dell'Inquisizione.
Elisabeth sarà lasciata in trazione per circa cinque minuti.
Poi verrà riportata a terra e sodomizzata come una cagna da Fred; è qui da sottolineare che le riprese devono alternativamente mostrare primi piani della sodomia e il volto straziato, grondante lacrime, della vittima.
Rose si masturba. Di tanto in tanto stringe con forza i capezzoli di Elisabeth.
Quando Fred sarà in procinto di venire, infilerà il suo cazzo nella bocca della vittima (è da precisare, come ovvio, che la testa sarà stata liberata dal sacchetto di plastica nel momento in cui la ragazza è riportata sul pavimento) e pomperà con foga e lussuria ed irruenta brutalità.
Primo piano del cazzo che eiacula nella bocca, Elisabeth che ingoia, poi Fred le spacca il cranio con un martello.
Il liquido rosso, mescolato a fluidi corporei e piscio e sperma, si allarga a terra.
L'uccisione non deve essere mostrata in primo piano, perché finirebbe col rendere il film un grottesco coacervo splatter; è bene sottolineare che ciò che veramente conta nell'economia globale del film è il dolore vero.
A questo proposito, verranno inquadrate le ombre dei tre, prolungate su una parete e dai movimenti delle ombre si evincerà l'avvenuto omicidio.
Sarà inquadrato solo il sangue che si allarga a macchia d'olio sul pavimento.
Stacco.
Fred che fuma una sigaretta. Alle sue spalle fotografie di bambini meticci (i figli avuti da Rose durante la sua attività di prostituta).
Rose si masturba davanti a lui con un dildo.
Fred esclama, con voce monotona e priva di qualunque trasporto emotivo : ci ameremo per sempre e tu sarai per sempre la signora West, aldilà di tutto ed è questo che importa.
Dissolvenza in nero.
Fred urla contro il volto piangente di una ragazzina nuda, saldamente legata su un tavolaccio . La scena si svolge, al solito , nella cantina adibita a sala di tortura.
Caroline Owens, il nome della vittima.
E' importante che Fred, questa volta, oltre a pronunciare ad alta voce il nome della troia mostri una riproduzione della foto della vera vittima .
Caroline è una ragazza mora e prosperosa , ovviamente intimidita, il volto arrossato dal pianto e dalla disperazione.
Rose deve partecipare attivamente al palpeggiamento; si sdraia accanto alla vittima e Fred scopa in alternanza le loro due fighe, poi passa ai due ani.
Primi piani dei culi arrossati.
Caroline viene frustata sulla schiena, i seni chiusi in lacci e poi in morsetti metallici, infine straziati da mollette. I capezzoli trafitti da aghi.
Rose urla; troia, stupida troia, ti ammazzeremo, ti ammazzeremo una e due e tre volte ed ogni volta rinascerai per soffrire i nostri sogni di sangue.
Fred ride ed eiacula nella bocca spalancata della vittima ed ansimando dice; se vai a raccontare in giro quel che abbiamo fatto al tuo culo, ti prendiamo e ti ficchiamo qua dentro e lascerò che i miei amici negri ti scopino cento volte e quando avranno finito ti ammazzeremo e sotterreremo il tuo cadavere sotto le pietre stradali di qualche via di Gloucester.
Il volto rigato dalle lacrime e la bocca ancora impastata di saliva e sperma. Caroline singhiozza istericamente.
Dissolvenza.
Chiunque sappia della verità dei fatti, è ben conscio che i coniugi West hanno lasciato in vita la ragazza. Questo apre spunti nuovi ed assai variegati sulla possibilità che Caroline, crescendo, si debba essere confrontata più volte con un passato così atroce e devastante.
Non sarebbe da escludere un intero soggetto focalizzato su di lei e sulla sua patetica esistenza, una esistenza intrisa di senso del dovere, di misericordia, di umana pietà e di rispetto.
Ma torniamo a noi.
Lydia Gouch è una teenager con spessi occhiali neri.
Mangia e lappa, da brava cagna, escrementi che i coniugi West hanno cerimoniosamente deposto in una ciotola per cani.
Indossa un completo borchiato nero che le mette in mostra la fica e le tette.
Piange. E' isterica. Fred inveisce contro di lei e di tanto in tanto la sodomizza, mentre Rose, ogni volta che Lydia tossice o sputa grumi di feci, la imbocca amorevolmente con un cucchiaino e poi la sferza con uno scudiscio, sulle natiche, striandogliele ben bene di sangue.
Quando Fred viene, scarica il suo sperma nella ciotola, dove sono ancora ben visibili i rimasugli di merda.
Se l'attrice dovesse vomitare, è importante che Rose la costringa a pulire il pavimento con la lingua, dicendo; su, cagna, da brava, cagna, pulisci tutto.
Il trattamento riservato alla troietta si concluderà con uno strangolamento effettuato mediante corda di canapa.
Carol Ann Cooper, Lucy Partington, Therese Siegentaler e Shirley Hubbard; saranno mostrate in primo piano le loro foto di vittime inconsapevoli e sorridenti mentre Rose esegue un pompino a Fred, il quale verrà sulle foto stesse ed ancora eiaculando sospirerà ; questo è dedicato ai vostri genitori e alla vostra memoria, che mi è valsa un ottimo schizzo di sperma !
Juanita Mott, mostrata nel suo innocente candore di diciottenne seviziata, è naturalmente nuda e legata da moltissime corde, in perfetto bondage.
La migliore descrizione del trattamento che deve essere riservato a questa donna ce la fornisce Howard Sounes col suo libro Fred&Rose (Warner Books) , laddove scrive : Juanita fu legata con un nodo realizzato unendo tra loro due lunghe calze di nylon (molto simili a quelle solitamente utilizzate da Rose) , un reggiseno e due corde, una attorcigliata sull'altra. Il suo corpo venne quindi coperto da intricati nodi realizzati con una corda di plastica, che venne praticamente fatta girare attorno alle sue anche, ai suoi seni, alle sue braccia e alla sua testa, orizzontalmente e verticalmente, imprigionandola in quella posizione, lasciandole come unica libertà quella di contorcersi come un animale preso in trappola. Successivamente i coniugi West fecero un nodo scorsoio con della corda di canapa e usarono questo per sollevare da terra la poveretta.
Non riesco davvero ad immaginare una descrizione più precisa.
Bondage nella migliore accezione.
Juanita verrà poi fatta scendere dall'imbracatura e scopata da entrambi i coniugi.
Seguirà l'inevitabile strangolamento.
Shirley Robinson e Alison Chambers sono insieme, legate da una corda in comune che le tiene avvinte al muro: Fred le costringe ad amoreggiare, devono esserci ritrosie efficaci, che diano idea allo spettatore del grado di abiezione e di degradazione che stanno subendo.
di bambini che giocano sull'altalena, felici e spensierati. Un'ombra li avvolge, scurendo la ripresa.
Poi, dissolvenza finale.
(Tutti i dialoghi sono estratti dal dibattimento processuale - citati in "Fred & Rose", di Howard Sounes, Warner Books)

Carne di Strada





VERONA - Un agricoltore veronese è stato arrestato con l'accusa di aver ucciso due prostitute. L'uomo, Enrico Zenatti, 38 anni, di Bussolengo (Verona), nei cui confronti la magistratura di Verona aveva emesso il 27 gennaio scorso un ordine di custodia cautelare in carcere, si era reso latitante. E, adesso, il sospetto è che l'uomo abbia potuto commettere altri omicidi, oltre ai due scoperti.
Gli omicidi accertati dalla polizia e attribuiti all'indagato, sono quelli di due prostitute sudamericane, la brasiliana Luciana Lino De Jesus, 20 anni e la cittadina colombiana Jolanda Holgun Garcia, 31 anni. La brasiliana venne trovata morta, completamente nuda, nel suo appartamento a Verona. Del secondo omicidio, di una cittadina colombiana, non si è mai saputo nulla e non è stato mai trovato il corpo, ma la mobile veronese ritiene che l'agricoltore sia coinvolto, anche perchè è stato l'ultima persona a essere in contatto con l'extracomunitaria.
Secondo quanto si è appreso, l'uomo aveva un debole per le prostitute sudamericane che contattava su annunci diffusi su quotidiani sportivi. La svolta delle indagini è dovuta dalla latitanza dell'agricoltore che, nonostante i controlli stretti della mobile, era sparito, poche settimane fa, dopo aver prelevato 15mila euro in contanti. Il 27 gennaio la procura di Verona ha firmato un'ordine di arresto nei confronti del latitante. Sabato scorso, al termine di un'estenuante indagine, l'individuazione e l'arresto di Zenati in una cabina telefonica. L'uomo si spostava solo in taxi e non usava più il cellulare, ma teneva sporadici contatti con la famiglia attraverso telefonate da cabine pubbliche.
L'agricoltore ha in carico numerosi ettari di terreno in parte suo e in parte di altri che lui stesso coltiva. La polizia attende le decisioni del magistrato per un eventuale scavo nel terreno per accertare se vi siano sepolti resti umani. "Stiamo controllando se ci sono altri casi di ragazze scomparse o delitti irrisolti che possono far capo a lui" commenta il capo della squadra mobile veronese Marco Odorisio. Indagini quindi ancora aperte.
LA REPUBBLICA (7 febbraio 2005)

E' una donna.
Una stupida donna.
Una donna stupida come tutte le donne.
Ma in lei c'è qualcosa di ancora più sbagliato.
Bestia slava che vende la sua carne flaccida e le sue scadenti tette sul viale che costeggia il Tevere, nell'accelerazione drammatica dei neon e tra le pompe di benzina e il traffico caotico.
E' una puttana.
Esattamente come tutte le donne.
Sta lì a far finta di parlare al telefono, circondata da altri animali simili a lei, tutte imbellettate e scosciate e convenientemente addossate alle fermate dei bus, in una ritualità meccanica di macchine che si fermano ed occhieggiano e contrattano prestazioni.
Credi mi dispiaccia comprare la tua inutile fica ?
So bene che prima del mio cazzo là dentro hanno sguazzato membri di ogni dimensione, peso, colore, ceto sociale, estrazione culturale, persino i cazzi dei maiali che ti hanno rapito all'affetto dei tuoi cari e che poi ti hanno fatto assaggiare una rigida dieta di pestaggi, bagni nell'acqua ghiacciata, umiliazioni, stupri e sevizie.
E' ciò che compro, troia.
Insignificante pezzo di carne.
Ti immagino arrivata in gommone, con tutto il tuo carico di illusioni. I sogni e le manie di grandezza. Vedi le pornostar resuscitate e inghiottite dal miracolo catodico e fatte icone per l'infanzia e ti fai idee, bestia, idee di riscatto sociale, arricchimento alle spalle di un gonzo italiano sufficientemente ricco e innegabilmente stupido, magari timidi provini per il cinema o in subordine per il teatro.
E invece.
Invece sei finita qui, dove il qui equivale a dire una traversa non particolarmente pulita di Viale Marconi.
A spompinare, a farti fottere in fica e nel culo, a vendere quei pochi brandelli di umanità, di dignità, il tepore di casa e le lacrime che ti scivolano dagli occhi arrossati, e mi piace, mi piace comprare la tua umiliazione, il tuo degrado, sapere che quando ti avrò sborrato dentro io continuerò ad essere un uomo libero e rispettabile , mentre tu rimarrai una schiava del mercato del sesso.
Preda di incubi notturni e pugni e richieste sempre pressanti di soldi. Venduta da una banda all'altra.
Come un pezzo di carne.
Fatta sfilare in bikini o nuda per la gioia di compratori di ogni nazionalità che si danno appuntamento in feste campionarie dello schiavismo.
Dove sono i tuoi genitori ?
Lontani, irreali, tra te e loro di mezzo montagne cieli rotte aeree e tanta tanta indifferenza.
Certo, c'è sempre la speranza che un cliente si innamori di te, e cerchi di riscattare il tuo culetto.
Puoi immaginare qualcosa di più patetico di un tizio anonimo talmente ridotto male nel suo privato , talmente oppresso dal dolore della solitudine metropolitana, da quei silenzi notturni e vagheggiamenti dietro le finestre socchiuse a spiare le coppie felici e i baci e il carrozzone dell'amore istituzionale e i Natali trascorsi ancora in famiglia nonostante i primi peli grigi di barba e una età che non lascia più spazio ad alibi , da dover essere costretto a farsela sentimentalmente con una puttana?
Qualcuno che si autoinganni pensando a balle come l'amore e il rapporto di coppia e la famiglia e a tutte le possibilità che per un motivo o per l'altro gli sono state negate , mentre per te lui non è che un' àncora di salvezza, uno spiraglio di luce in questa terra di oscurità perenne.
A prescindere da aspetto fisico e reali sentimenti e cazzate simili.
Tu non hai sentimenti, e lo sai perfettamente.
Non puoi permetterti di averne.
Lo seguiresti anche se fosse un vecchio bavoso.
Lo seguiresti anche se fosse calvo o storpio o totalmente ripugnante.
Lo seguiresti per poterti dire una persona libera.
Eppure c'è qualcosa di meravigliosamente decadente in questo quadro di disperazione notturna. E ci penso mentre sto fermo in macchina, a trafficare con un pacchetto di sigarette.
In attesa di accostarmi e comprarti.
Non so se avete mai avuto modo di confrontarvi con la fotografia di Olivia Gay.
Una fotografa francese che dedica molto del suo tempo ad esplorare i carsici meandri della prostituzione e della scena sex oriented delle banlieu parigine e delle più esotiche mete del turismo perverso/sessuale , una prostituzione di fame, povertà, miseria, e di luci rosse accese e strade immerse nella rifrazione neon e semplici bar e pornoshop e cameriere equivoche. Di fisici sovrabbondanti e volti maghrebini, aghi conficcati nelle vene e farmaci antidepressivi.
Le protagoniste di queste foto sono innegabilmente vittime.
Vendute.
Acquistate.
Abusate.
Degradate.
L'occhio vitreo della fotocamera diventa molto più di un semplice esercizio di voyeurismo mediatico. Questa fotografia diviene sesso, fino alle estreme conseguenze.
E sesso, in un accezione trasfigurata e sublimata, è ciò che acquisto da questa cagna albanese.
Sesso come sopraffazione.
Sesso come brutalità.
Sesso come dominio.
Ogni banconota che passa dal mio portafogli alla sua borsetta è il titolo di credito che certifica l'avvenuto abuso.
Una verità non sconosciuta ad Olivia Gay.
Il modo in cui l'abuso viene eternato e reiterato e comprato e osservato morbosamente. Il senso di disfacimento dei soggetti ripresi. I particolari , espliciti o impliciti che siano per il vostro peculiare gusto.
C’è un sesso oscuro, maligno, che va oltre l'orgasmo, che va oltre il vostro frettoloso e furioso e frustrato smanettamento masturbatorio .
Camere da letto e schermi televisivi sintonizzati su film hardcore e dvd animal sex e catene e prostitute ed escrementi e dolore personale, tanto per tenere lontani i fantasmi di una vita che si è rivelata un completo fallimento. Tutte le aspettative deluse e il rancore dei parenti e vedere altri che ce la fanno, che si inseriscono, che si appiattiscono sui ritmi di una felicità troppo spesso imposta e mai percepita come reale.
Le prostitute immortalate da Olivia Gay, figure rarefatte nell'illuminazione alogena, perdono quasi i loro contorni fisici per traslarsi in un contesto di degrado urbano, i loro figlioletti, i loro pancioni da troie incinte pronte a cagare fuori nuovi marmocchi, le loro espressioni tristi e pensierose e vacue e illanguidite dagli acidi e dallo speed e dalla cocaina.
Kurten.
Brady.
Kemper.
Stano.
Bundy.
Sutcliffe.
Vi hanno elevato agli altari della compassione universale.
Hanno fatto delle vostre esistenze, altrimenti sconosciute ed oscure, degli esempi di probità e di eccellenza, le vostre (scarse) virtù decantate da madri assenti, padri incestuosi, mass media orgogliosamente moralisti, tutti a gridare con lacrimuccia di comodo quanto eravate dolci e premurose e sensibili e tenere e valide e quanto meritavate di vivere, di continuare a vivere una vita fatta (in realtà) di atroci supplizi e sopraffazione e depressione , tutti a ricordare i vostri interessi, di cui, diciamocelo, quando eravate in vita non fregava un cazzo a nessuno, e le parole istoriate sulla lapide renderanno esempio da seguire delle vite altrimenti prive di senso, spese a spompinare in tangenziale o a spogliarsi in uno squallido club privè di provincia o a inseguire le chimere del successo televisivo.
Nella pace del cimitero sarete ricondotte ad una essenza di purezza, non più spogliarelliste nè puttane ma solo figlie compiante e adorate .

OCCIDENTAL CONGRESS





Tiratura limitata a 299 esemplari / Limited edition 299 copies

Data di uscita: 31 gennaio 2010 / Release date: 31/01/2010

Prezzo al pubblico: 9,00 € (+ spese di spedizione) / Price: 9,00 € (+ h/s)

Pre-ordini ed informazioni presso: kontakt (at) occidentalcongress (dot) com / Pre-orders and infos at: kontakt (at) occidentalcongress (dot) com

venerdì 29 gennaio 2010

LORDS OF CHAOS




Una testa frantumata da un colpo di fucile, teatrale e grandguignolesco addio al mondo finito ad immortalare un lercio bootleg brasiliano - poesie sulla reincarnazione transilvana, elitismo post-nietzschano senza aver mai letto Nietzsche, nazionalsocialismo da sussidio di disoccupazione, foreste vichinghe e Satana, faccia pitturata da panda, crudeltà esibita manifestata e senso del marketing, loghi indecifrabili, corrispondenza massiccia con senso dell'industria e del commercio, omicidi, pestaggi, nani malvagi automutilatori, Tolkien, orchetti e Vidkun Quisling, il Lupo Fenrir, Loki ed Adolf Hitler, Burzum ed Euronymous, Emperor, omicidi di omosessuali, palestra, culto del corpo, aneliti faustiani, le montagne di Grieg, Ibsen e studi di cultura popolare, Theodor Kittelsen, la Chiesa di Satana, smarrimento cosmico solitudine scandinava tramonti eterni e idiozia pre-puberale, borchie cinte pentacoli satanici parafernalia sadomaso estetica nazista, malattia mentale depressione cronica alcolismo urbano aver perso l'autobus di notte, roghi di chiese, noia, compiti andati male, carcere, decostruzioni antropologiche, esplosioni di violenza, pornografia, analisi psicologica, sociologia della storia,i roghi si spostano in Germania, fughe latitanza internazionale, CNN Irak teste spaccate, colonne sonore di fine millennio con fornaci metalliche e voci strillate gutturali e sinistre.
Finalmente anche in italiano, da Maggio per la http://www.tsunamiedizioni.com/

Divora il prossimo tuo




"Un pompino al buio non è un pompino"
Peter Sotos


Puoi quasi vederlo; immerso nel desolante silenzio della campagna tedesca, chiuso in una stanza dell'enorme dimora ottocentesca così tragicamente simile ad una fabbrica vittoriana o alla casa di Norman Bates, se ne sta a battere tasti di computer il riverbero azzurrognolo dello schermo quasi lo acceca un caffè dopo l'altro una dimensione esistenziale deprivata persa sventrata dietro l'impossibile chimera di un sogno, di un desiderio.
Di una ossessione.
Armin Meiwes si muove con un nickname, un nomignolo, un ectoplasma di pixel e mouse, disegna scenari ellittici di sesso estremo nel cuore pulsante di chat per depravati e per gente che ritiene il sadomaso una cagata per bambocci viziati, gente che anela a qualcosa di ulteriore tra vasche infognate nella disperazione suburbana e genitori malati di cancro.
Corpi decomposti - il suo cuore batte forte mentre compone annunci, scrive chiaramente cosa cerca, scrive altrettanto chiaramente chi cerca. Le mail in entrata sono un campionario di squallore antropologico, nulla che davvero lo interessi o che susciti la sua ammirazione, legge in sequenza i messaggi inutili, stereotipati, plasticamente trasgressivi. Ma fiuta la loro falsità; nonostante la Lan, nonostante la connessione e la distanza e l'asettica consistenza di monitor e stanze metropolitane e locali gay, capisce che lo stanno prendendo in giro.
E' un destino tragico, da bile nera, da foresta di smeraldi, e da solitudine che lo sta facendo impazzire; non vuole una spalla su cui piangere, anche se un pò patetico lo è. Dobbiamo ammetterlo; Armin è un uomo isolato, povero di spirito, scarsamente interessante, ma non è un imbecille e a differenza di tanti altri sedicenti surfisti della perversione, lui sa cosa va cercando.
Non a caso ha allestito una rugginosa, polverosa, scrostata e fatiscente camera di tortura, così lontana dall'iconografia scintillante di latex e borchie del SM; una sorta di macello privato, con un tavolo verdastro e un tubolare neon poco luminoso ma parecchio coreografico, c'è persino una vasca sudicia e sulla parete settentrionale disposti in bella fila gli strumenti del bricolage psicopatico, seghe, coltelli, macchinari di godimento sanguinolento, attrezzatura per cannibali allo stadio terminale della libido.
Ha sogni di carcasse estroflesse, di carne addentata assaporata cruda strappata con crudele determinazione dalle ossa e dalla colonna vertebrale, morsi purpurei alla lingua, frutto di mare che si dibatte impazzito tra le urla della vittima; diventare uno con l'oggetto amato, la perfezione della vittima. Un debosciato senza futuro.
Armin non si accontenta della bassa macelleria, delle fantasie spersonalizzanti; si cura davvero della personalità della sua vittima, non ha fantasie sdilinquite e generalizzate, ma una ossessione precisa, accurata, che lo muove e che lo guida quando di notte si piazza davanti lo schermo del pc e si perde nella selva digitale. Per cercare l'oggetto del suo amore.
Sa che la ricerca computerizzata dovrà cessare, dovrà diventare un incontro reale, pratico, una stretta di mano, un patto siglato con il sangue e le cicatrici e i tagli suppurati, tortura, baci, dolore, morte e rinascita attraverso un lauto banchetto di carne umana. Vuole vedere l'uomo succhiargli il cazzo, senza denti; glieli avrà strappati prima con le pinze, per lasciare che quella bavetta rossastra e sofferente gli coli sulla cappella mentre l'amato lo spompina con dolorosa partecipazione.
Gli caverà gli occhi, e gli troncherà con le forbici i capezzoli; se li porterà delicatamente alla bocca, ne assaporerà la consistenza spugnosa da giuggiola, per poi inghiottirli. Davanti a lui non un manichino insanguinato ma un amore puro, assoluto, il suo amore. Che a breve entrerà a far parte della sua esistenza.
Entrerà dentro di lui.
Letteralmente.

domenica 17 gennaio 2010

SEX




Tappezzeria mondana per gallerie sedicenti intellettuali in cui teorici dell'epifania sadomaso e della nuova sessualità, epigoni del mai troppo biasimato W. Reich, saranno lieti di farmi perdere il sonno, intessendo un peana che parte inevitabilmente dalla gioia del sesso e finisce dritto dritto nella vasta zona di intersezione tra Crowley e Terence Sellers - il mio interesse per i loro logorroici esercizi di stile, per le loro affabulatorie secrezioni verbali, è pari allo zero, e mentre parlano mi domando per quale motivo non esista una tacita, invisibile, pena di morte per gli stupidi.
Beviamo tutti, ed ascoltiamo musica, c'è chi azzarda esegesi profane davanti ai dipinti, chi bivacca in strada, e c'è chi si perde dietro ad ogni capannello di festosa socializzazione, convinto che l'esserci heideggeriano si palesi nella comunicazione imposta, nel farsi vedere, notare, perfino additare; il bisogno che il mondo ha di novelli Marilyn Manson, di pagliacci assisi su troni di plastica, di black metallers e frustatori da dopo-lavoro si misura nella intensità delle menzogne che possiamo leggere nei saggi, presentati in librerie di cultura "alternativa", di sessualità libera, liberata, positiva.
L'eterna lotta tra Restiffe de la Bretonne e Sade, un abbraccio laocoontico, mortale, pedante, incistato sul ventre saturo della semiotica; chiudo le mie prospettive, non per difesa ma per focalizzare meglio la consistenza del mio essere.
Amiamo tutti il corpo di una donna, ma spesso molti di noi lo amano per i motivi sbagliati - dietro quel corpo c'è una personalità, una storia, una illusione cocente che dovremmo essere pronti a violare nel modo più brutale possibile: immagino il giornalista Andy Bodle (dapprima firma del prestigioso The Guardian e poi rifluito sul Daily Mail) non farsi grossi scrupoli nel vendere al pubblico la sua storia di fallito e frustrato ossessionato dal sesso, e dalla ricerca intensa allucinante patetica di una relazione sentimentale o solo umana - me lo vedo prendere la decisione di narrare, con dovizia di particolari e usando ogni genere di trucchetto lessicale, la sua storia di feccia umana, di rifiuto sociale impegnato a costruirsi illusioni di povertà emotiva.
Il suo lungo articolo (pubblicato nel Giugno del 2009 sul Daily Mail) è un piccolo capolavoro di ipocrisia sociale - roba da far invidia a Restiffe; ce lo vediamo ripercorrere a ritroso le sue vicende esistenziali e relazionali, dal trauma subito a scuola quando venne brutalmente rifiutato da una compagna (il classico crudele "non uscirei con te nemmeno se fossi l'ultimo uomo rimasto sulla terra") passando per tante inutili vuote storie di sesso, avventure destituite di profondità o di realtà durate lo spazio di una sera e consumate in camere di albergo.
Bodle, come me, vuole qualcosa di ulteriore rispetto alla carne, non si accontenta dello scaricarsi le palle ogni volta con una donna diversa, e porta dentro di sè una ferita che non smette di sanguinare.
Ma Bodle, a differenza mia, sbaglia il presupposto di partenza; quando si approccia alle prostitute, prima con lo stesso catartico ed ecumenico spirito di riscossa e revanche sociale che ha animato i lavori e le opere di W. T. Volmann e di Dennis O'Rourke, con quel disgustoso acume sociologico da britannico moralisteggiante e saccente, e poi con l'autoinganno, l'autoillusione di sentirsi fuori posto, rifiutato, alla deriva, diventa un patetico burattino preda della sua angoscia e delle sue manie, urgenze viscerali che lo controllano e lo comandano a bacchetta.
Bodle passa in rassegna lucrosi incontri con escort, la tristezza di un compleanno passato in completa solitudine, monadico isolazionismo da deprivazione urbana, la scena inestimabile di una prostituta che mossa a compassione gli compra un regalo - Bodle reifica se stesso, espone la sua disillusione, la sua caotica disarticolata miseria umana, diventa prostituta per gli sguardi voraci e morbosi del pubblico.
Vende un prodotto che è la sua esistenza; la limitatezza della sua prospettiva indulge in un borioso determinismo socioantropologico, inevitabile quindi che nella fauna esplorata, tastata e scopata di puttane di più o meno alto bordo, salti fuori il lacrimevole caso umano, per un Canto di Natale in salsa porno.
La puttana giovane e dimessa prima tenta un approccio aggressivo, forzatamente sexy, tradisce una intima interiore gioia che poi si rivela essere una costruzione psichica per lenire la disperazione economica - si prostituisce per pagare le bollette, ci dice Bodle.
E lui ovviamente, umano troppo umano, si sente asfissiare, apre la finestra metaforica, e si getta fuori, correndo a perdifiato per riallargare il sano orizzonte delle sue relazioni sociali; non posso dire quanto di vero ci sia in questo micragnoso e risibile pezzo, quanto di fallace egotica decostruzione di manie e quanto invece di mirata ponderata scientifica epopea maudit con uno scopo di redenzione (sua, delle ragazze e dei lettori, ovviamente).
Le prospettive non dovrebbero essere mai allargate - Sade ha fondato un mondo ricorrendo all'ossessività mantrica del suo linguaggio, come ci dice Barthes, ed ecco invece un povero giornalista inglese, verosimilmente annoiato, alle prese con eccessiva lettura di Burroughs e di qualche trattato sociologico sulla situazione della prostituzione nel mondo britannico, me lo vedo intento a calcolare i pro ed i contro della sua eventuale narrazione, chiedendosi in quale modo ottenere un sensibile allargamento dei suoi orizzonti.
Shock sensazionalistico da monetizzare versus risentimento dei lettori più moralisti; poi, son sicuro, avrà pensato alle legioni di madri affrante, sofferenti, disperate, immortalate per sempre, e pornografizzate, dai reportage giornalistici nei casi più allucinanti di delitto sessuale e di scomparsa di minori, avrà riflettuto davvero su quanto il pubblico si titilli con lo strazio di una madre, con certe candide lettere aperte, con certi programmi di approfondimento.
Peccato Bodle sia caduto sul più bello; la ragazza "costretta" a prostituirsi dalla deficitaria situazione economica ha rappresentato il rovesciamento della sua prospettiva, l'elemento di risalita, di redenzione che in fondo lui cercava.
Assieme ai lettori - perchè il lettore vuole piangere, vuole strillare di rabbia, vuole intimamente soffrire ma vuol pure costruirsi l'illusione che tutto quel panico e tutta quella marmellata di dolore servano a redimerlo dai suoi quotidiani peccati.
Si può essere così stupidi da attribuire una relazione di causalità alla ricerca del piacere? "non uscirei con te nemmeno se fossi l'ultimo uomo rimasto sulla terra".
Si può pensare che Ted Bundy uccidesse perchè scosso dall'abbandono della sua ragazza ai tempi del liceo?
Si può pensare che Lawrence Bittaker abbia pianificato, acutamente messo in pratica, torturato, videoripreso, registrato, fottuto a morte delle ragazzine per via di un background lombrosiano di incapacità relazionale?
Si può pensare che Ian Brady avesse un deficit comportamentale?
E Kurten delle frustrazioni sessuali?
Si può, soprattutto, assegnare un qualche intrinseco valore a questi fenomeni?
Osservando le loro azioni, non dovremmo nemmeno porci il problema.
Le lettere del BTK Killer, le confessioni del Green River Killer, la rigorosa introspezione masturbatoria di Fred West, i video accurati e meticolosi di Paul Bernardo - il processo di costruzione di una pornografia spirituale passa attraverso l'appropriazione della vittima, renderla pornografia eterna.
Per questo, nessuno più del killer ha cura di chi uccide; una forma di metabolizzazione, di cannibalismo metafisico, di fagocitazione, e per quanto Douglas Ressler Hazelwood si sforzino di stare dietro a queste menti brillanti sono e saranno per sempre destinati a non capirci niente.
Boudle è un John Douglas della prostituzione, destinato a mancare il punto focale per quanti sforzi faccia o dica di fare - si capisce da come scrive, e da quello che scrive, che davvero non ha idea del materiale di cui si serve, non sa cosa farsene, lo assembla in maniera casuale e povera. Spreca tante occasioni, le lascia cadere prive di mordente e purtroppo prive di realtà, di peso specifico.
Bodle è uno dei noiosi e stupidi teorici dell'epifania sadomaso, un parvenu da cocktail artistico, un attento osservatore del suo ombelico, un ammasso fatiscente di giornalismo socialmente consapevole.
Dubito abbia mai sofferto la benchè minima parvenza di solitudine, di isolamento, dubito abbia mai sperimentato la gioiosa estatica consistenza della reclusione, dubito abbia mai potuto contare su una sua personale Bastiglia da rendere centro di un universo rovesciato.
Bodle, semplicemente, non sa nulla.

sabato 16 gennaio 2010

DRACONIAN






Cabrini Green di Chicago, escrescenza tumorale incistata alla e nella planimetria cittadina - segmento di asfalto, miseria, epatite C, HIV e approfondimenti serali, si snoda silenzioso e battuto dal vento e dalla cartaccia trascinata via dalle scarpe delle prostitute.
Ipotesi magica emersa prepotentemente dalle pagine di M. Bertiaux, viaggi astrali tra Daath e qliphot manifeste di un turismo sessuale haitiano - la Cabala è qualcosa di ulteriore rispetto ad un figlio comprato al postalmarket africano, ce lo ripetiamo mentre camminiamo con le mani rinserrate nelle tasche e le orecchie immerse nella devastazione aurale di Whitehouse e Shellac.
Sofferenza - lo sguardo vuoto di una lei tossicodipendente.
Ti approccia: ancora più sofferenza.
Vuole sapere, mentre cammini, se ti va di farti un giretto, ricorre a triti esperimenti di desolazione morale e borborigma sintattico: morte, la sua.
Ciò che ti piacerebbe vedere - ancora più sofferenza, il dolore insondabile e impossibile da lenire. La scomparsa tragica di una famiglia da assaporare mediaticamente, beandosi di ogni lacrima, di ogni goccia di sudore - sofferenza all'ennesima potenza.
La città è un ventre nudo, ingobbito su se stesso; Ram, a gay treasure, epopee di pornografia lercia, clandestinità da sauna, gloryholes, messicani disposti letteralmente a tutto.
In compagnia di Peter Sotos e del fantasma di Michel Foucault, la puttana vuole elargizione di denaro pubblico per un loculo di ventri metri quadri nel Cabrini Green. Mauthausen Orchestra a go-go, tatuate strippers in libera uscita; perchè il sadomaso comporta il sovrappeso?
La società nasconde il corpo di questa donna, lo relega alla inconsistenza tattica della invisibilità, e con ciò la nega; da topografie astrali a minestre di associazioni caritatevoli, godiamo in quella negazione.
Nessun diritto, nessuna riconoscenza. La rivoluzione francese, nel nostro mondo, non è mai esistita.
Il fattore razziale, la sua debauche alcolica, le mutande sporche, le malattie del figlio, le casalinghe preoccupate.
Scala di priorità: Tv, Geraldo Rivera, Jerry Springer.
Oprah.
Amore ucciso nell'escalation emotiva da soap opera. Per fortuna. Catodizzato. Vampirizzato.
Il Male è affascinante e contagioso, proprio come sosteneva Cioran.
Erigenda torre di babele per un dolore consapevole quel grattacielo, che soffrano, e che soffrano sul serio tutti questi punti di carne; la frenesia accelerata di Sade, oltre il bianco asettico di Virilio nell'immaginifico punto di intersezione tra desiderio e suo oggetto.
Questa donna, letteralmente, non esiste; non è carne, non è un corpo, è solo neon e kleenex sporchi raccattati nel putrido interno di un peep show, cent (co)stipati per attendere un demiurgico balletto di tette e incertezze esistenziali. Muore, davanti a te, davanti a me, davanti a noi; si dimena, barcolla, tentenna, accenna movenze sacrali e con ciò si abbassa al tuo(nostro) squallido livello.
Praticanti di menzogne fanno gargarismi di dolore: plastica. Riciclata nei club.
Nessuna via di fuga, qui dove sei tu. "Un giorno qualcuno ucciderà la donna perfetta": JonBenet ? No, più giù. Abbassa il tuo naso, fiuta l'odore, acre, pungente, dello sperma, delle medicazioni, della merda. Secrezioni oleose colano nel pavimento, attraversando le pareti e dipingendo arabeschi di umore fisiologico.
I processi a cui abbiamo assistito, nel California district; il banco degli imputati. Gecht. Tette tagliate, affettate. Dove sei Beverly? Tu, di certo, non sei la donna perfetta, e per questo non devi temere. Ritrovata nella spazzatura. Pura spazzatura, vicino al mattatoio cittadino.
Ognuno di noi ha formulato una ipotesi sulla decadenza meravigliosa di questa città; mentre suonavamo all'Empty Bottle, mentre il pubblico si tagliava le braccia, mentre campionavamo decadence of flesh, mentre celebravamo la morte totale, il godimento ad ogni costo, coi passamontagna e la sfrontata consistenza del Nulla, ci sono apparse davanti le immagini di Berverly sminuzzata, Girl X, il profiling e i casi italiani trasposti per magica assonanza tra le ventose strade di Chicago. Fiera campionaria delle atrocità.
Soffrano.
Soffrano per sempre.

lunedì 11 gennaio 2010

Messa Triste - un requiem per degenerati





"Io non so ridere, non so sorridere, non so giocare. Io sono entrato in una piscina due giorni fa perché quando ero piccolo tu mi ha messo la testa sott’acqua e mi hai detto che volevi vedere quanto mi duravano i polmoni. Tu, mamma, lavoravi nei locali notturni e una volta, quando io avevo 18 anni, volevi che io, che non avevo mai usato il mio corpo, ballassi al tuo fianco. Mia nonna era alcolizzata e mi massacrava. Quando mi teneva la testa nel vomito perché vomitavo? Ho scoperto solo dopo anni che ero bulimico. Ma io non ho mai abbandonato mia nonna perché l’amavo. Nel 1992, grazie alla trasmissione Chi l’ha visto? abbiamo ritrovato mia nonna morta bruciata viva per strada."

Gabriele, concorrente del GF 10 , in diretta da Barbara d'Urso a Domenica Cinque

"i produttori hanno deciso di giocarsi l'ultima carta inviando nella casa più spiata dal pubblico tv una coppia di omosessuali sieropositivi. «Spiegheremo da subito agli inquilini la nostra situazione», ha detto il 42enne Carlos. Il suo compagno di vita Harald, 45 anni, aggiunge: «Vogliamo dimostare che con l'Hiv si può avere un vita normale e che convivere in uno spazio ridotto assieme ad altre persone non rappresenta un problema». Oltretutto i due aggiungono senza pudore di voler «fare sesso nella casa» a Colonia durante i 148 giorni di reclusione. Tra i 12 concorrenti c'è anche in senzatetto. "


Corriere della Sera, 9 gennaio



"Bari – Centinaia di immagini che ritraggono bambini dai tre anni in su mentre subiscono rapporti sessuali completi. I file, orribili, scaricabili su E-mule, sono alla base di una grossa inchiesta che si è svolta tra Puglia, Lombardia, Marche e Campania. L’operazione, compiuta dalla polizia postale di Bari, ha permesso di arrestare undici persone accusate di pedopornografia informatica sotto la forma del commercio di file pedopornografici. Sei persone sono finite in carcere, quattro ai domiciliari e una è stata interdetta all’uso del computer. I provvedimenti sono stati firmati dal gip del tribunale di Bari Jolanda Carrieri su richiesta del pm inquirente, Roberto Rossi. Gli utenti usavano un vero e proprio baratto: scambiavano immagini solo per altre immagini. "


La Voce online, 11 gennaio









Tutto il vomito ingoiato frettolosamente, tutte le lacrime ricacciate a forza in gola, tutte le illusioni di un approfondimento televisivo, tutte le lordure morali imposte dalle carenze affettive ed emotive ed economiche - un loculo affittato in periferia, tra alveari cementificati di edilizia popolare a due passi dal rombo perenne della tangenziale, un flusso costante accelerato come nei film di Godfrey Reggio, punti di carne punti di metallo punti di non-esistenza centrifugata dalla mancanza di rispetto.
Tutta la droga iniettata inalata sniffata fumata, tutte le candide giustificazioni di speranza per un futuro migliore di un nirvana decerebrato, tutte le passeggiate senza soldi e senza felicità a guardare gli altri, a consumarsi gli occhi nel riflesso di vetrine simbolo esse stesse di alterità, pornografia dell'anima- cammina a fatica, tradendo il peso di una vita sregolata, infelice, dimenticata, solitaria, si apre un varco una ferita marcescente di pus e pustole, acne, epatite, colesterolo alto, devastazione psichica animale lo spirito che la anima ma senza amore.
Tutti i fallimenti sparati ad alzo zero nei suoi occhi in piano-sequenza come se questo fosse un film privo di spettatori, tutte le confortevoli idiozie di madri avvinte dal dolore, una trilogia sperticata di arte e sperma e sangue e morte e vermi e cadaveri putrefatti, più abuso, un grado maggiore di abuso, repulsione per le parole di conforto, una stanza sporca che non lava da giorni e dentro cui si impilano pentole incrostate e dentro cui si sedimenta l'odio totale cieco abbacinante, tutte le paure, le fobie, tutti i passi notturni, lenti, cadenzati, cerca di non fare rumore perchè coltivare l'illusione di avere ancora qualcuno dentro casa, qualcuno di cui preservare il rispetto ed il sonno e le carezze mattutine quando il sole bacia la stanza da letto, è un fattore importante, è quasi la ratio della sua patetica esistenza.
Una corsa nel nero della notte, verso un orizzonte di luci bianche diafane come diamanti ciechi, col cuore in gola e gli occhi colmi di lacrime e gonfi per il sonno e per gli psicofarmaci -l a sua esistenza è un perenne ciclico trionfo della morte, il cancro, il padre annientato giorno dopo giorno in una corsia ospedaliera, le visite interminabili, il peso di quei pomeriggi e di quelle mattine, un affetto che andava perdendosi e la sensazione straziante di impotenza che sempre accompagna la fine della vita di chi ci è caro.
Avrebbe voluto proporre una seria riflessione, una accorata preghiera di pace e serenità, avrebbe voluto celebrare degnamente la sepoltura del padre, ma non ha potuto, presa come era a compiacere uno spacciatore con cui si era indebitata, a succhiargli le palle mentre il padre esalava gli ultimi respiri, mentre lui invocava il nome della figlia, solo, abbandonato, le mutande sporche di feci e una flebo vuota a penzonargli sulla testa come tragica icona di consunzione anestetizzata - non saprà mai lei, che cosa davvero abbia detto e pensato suo padre, e se ne starà a succhiare cazzi di spacciatori con quel drammatico dubbio nel cervello, peggiore di un tumore allo stadio terminale il dubbio che suo padre possa averla rinnegata la fa soffrire, la costringe ad assumere dosi sempre maggiori di eroina.
Si sta sfigurando, i lineamenti un tempo gentili e quasi raffinati, di una raffinatezza popolana, i capelli lunghi ricci neri, tutto si sta estinguendo lentamente ma inesorabilmente, i capelli cadono, si fanno radi, deboli, il colorito emaciato pallido, la carne chiazzata, la pelle grassa ispessita; più cade nell'abisso, più sa perfettamente che perderà fascino residuo e appeal commerciale, ma non può farci niente.
Il momento eccitante della consapevolezza, quando comprende, in brevi ma intensi attimi, cosa è diventata, le scelte sbagliate, le cose a cui ha rinunciato; non va quasi nemmeno più a portare fiori sulla tomba del padre, ha vergogna di quel volto immortalato in foto, si vergogna di se stessa, è inutile, sente, inutile come una qualunque merda di cane spiaccicata sul marciapiede.
Dove è adesso la sicurezza che aveva da bambina?
Dove sono le parole amorevoli del suo ex marito?
E' rimasta sola - sola e disperata, odiata, comprata, resa meno che merce, scaduta come un carico di cernie putrefatte.
Dove sono le parole gentili che il prossimo dovrebbe elargire a profusione?
Dove sono la sociologia misericordiosa, la Caritas e Massimo Giletti ?
Provi, se ci riesce, a lenire i sintomi della depressione; scopate al prozac, ormai.
Tutto è triste in questo universo rovesciato, grigio, monocorde, abulico, vegeta sul divano con lo schermo del televisore acceso, puntolini impazziti formicolare di elettricità, la quotidianità disperata spezzata solo dai ritmi della prostituzione, non ha futuro, e non vuole averne.
Ha esplorato ogni anfratto di Roma, ogni angolo buio, ogni sauna, ogni privè, ogni spazio di puttane, ha preso botte da protettori rumeni e sigarette spente sul viso da magnaccia albanesi, un tentativo di stupro punitivo, le risate feroci dei ragazzini, le retate della polizia, il lucore della questura e la freddezza glaciale del fotosegnalamento.
Non c'è niente che possa fare, e questo mi fa stare bene; maggiori saranno gli ultimi tentativi di vivere, di tornare a respirare, maggiore sarà il tonfo finale. L'aura apocalittica del fallimento.
Continui a vivere.
Continui a soffrire.
E quando avrà esaurito la sua funzione di metafisico oggetto sessuale, scompaia nella notte.
Nessuno la piangerà.

domenica 10 gennaio 2010

WRONG







Cerco film in video-casseta o DVD dei seguenti temi: bondage, rape, sadomaso.

annuncio internet

Ho un figlio di 31 anni che passa quasi tutto il tempo libero con film porno, riviste, collegamento a siti pornografici anche se lui afferma di non fare niente di tutto questo. Per lui questo è comunque "niente di male". Non riesce mai a stare con una ragazza fissa per parecchio tempo...che posso fare per cambiare le cose??

MammainAnsia, dalla newsletter "No alla Pornodipendenza"

13 Agosto ore 5 del mattino: ho rabbiosamente digitato "NO PORNOGRAFIA" dopo ore ed ore di aberrante pornonavigazione e finalmente sono approdato al gruppo. Una notte come tante altre davanti ad un monitor che mi rubato molte ore alla mia vita.

Akim, dalla newsletter "No alla Pornodipendenza"




La rabbia è sempre un buon punto di partenza - che sia contro se stessi, contro un ipotetico oggetto del desiderio, o più genericamente ed ampiamente contro le relazioni sociali a cui tutti siamo tenuti.
Sono livelli bassi - livelli di comprensione, di accettazione, di empatia, di solidarietà, un autismo degenerato, che ci accompagna mentre scendiamo i dodici scalini di marmo (pacchiano) rivestiti da un tappeto blu spelacchiato, attorno neon rossi e verdi scintillano nel ventre della notte, e noi siamo qui.
Qui col nostro odio abissale, assoluto, privo di oggetto, e le domande mai poste e angoscia esistenziale da poco prezzo.
Caricature di uno snuff movie senza passamontagna, parlo di Ossa nel Deserto, il libro Adelphi sul carnaio misogino di Ciudad Juarez, insopportabile tono politicheggiante che farebbe ingrifare la redazione di Carmilla, sbavature etno-femministe con tanto di ricorso alla terminologia di Diane Russell (femminicidio), apoteosi post-dworkiniana, e una caduta enorme di stile quando l'autore fa riferimento a Svoray, l'inesauribile inventore di leggende metropolitane, il supposto e supponente "massimo esperto" mondiale di snuff movie, in realtà povero alienato privo di qualunque contatto con la realtà.
A Svoray riconosco tanta fantasia, e di certo gusti intriganti; ma, e come tanti prima di lui e tanti altri dopo, come Vacchs, come la Dworkin, come Nan Goldin, come Stephen Shames, pure lui non vede l'ora di risollevarsi il morale e la coscienza lordata da tanto parlare di abuso minorile e snuff movies con le sparate di complotti mondiali, internazionale snuff e visioni di film a cui lui avrebbe preso parte (con immancabile corollario di neonazisti, che ci stanno sempre bene). Ma in fondo non farò una colpa a Svoray di avere una disconnessione evidente tra percezione della realtà e manie egotiche. Capita a molti altri.
Sul New York Times dell'11 agosto 2009, il Segretario di Stato Hillary Clinton, ministro degli esteri peace & love del fresco nobel della pace Obama, visitando il martoriato Congo propone un modello di lotta allo stupro che farebbe felice Svoray; dotare le vittime di stupro di telecamere con cui riprendere e denunciare l'accaduto.
Filimini sgranati, cinema-veritè senza montaggio, senza colonna sonora per messe in scena di violenza carnale vera; il sogno di Svoray.
Quanto potrebbero costare questi video? Migliaia e migliaia di dollari.
Ma il prezzo non si può determinare con sicurezza, visto che storicamente nè l'FBI nè Svoray si sono mai accordati sulla definitiva cifra per acquistare o al limite visionare uno di questi ameni video di massacri sessuali on demand; in Gods of Death, il suo "sommo" opus letterario, Svoray ci informa, rotolandosi nel consueto dolore lenito giusto dalla ferrea volontà di far conoscere al mondo un dramma tanto orribile, di una proiezione di uno snuff a cui lui stesso avrebbe assistito...in un lercio cinema-grindhouse di New York. La scena, nella sua generalità, ricorda la passeggiata simil-dantesca di Nicholas Cage nella cantina del porno estremo immortalata nel pessimo 8mm, tra scatoloni di polaroid e vecchi in impermeabile grigio - ricchissima esplosione di cliche, tipica di chi non ha idea dell'argomento di cui, a parole, vorrebbe essere il massimo esperto.
Ed è così che Sergio Gonzalez Rodriguez, l'autore di Ossa nel Deserto, compone pagine e pagine di sbrodolato amore universale per le donne di Ciudad Juarez, sotto la possente ombra vessatoria di Svoray; ed è un tripudio di snuff movies, che naturalmente l'autore non ha mai visto. Ed un tripudio di messe nere e rituali satanici e cannibalismo e scenari degni di un video di Tsurisaki; il tutto, ovvio, de relato.
Qualche ottima trovata però Rodriguez ce la serve, rendendo il suo libro un acquisto obbligato - come le descrizioni dei cadaveri, i luoghi di ritrovamento (degni di un mix tra Chatwin a scuola da Peter Sotos e un Artaud scappato dai Tarahumara per apprendere i rudimenti di antropologia da Jacopetti e da Apocalypto), lo strazio immancabile dei genitori (oggettivamente, come potrebbe esistere un libro di delitto più o meno seriale senza una carrellata in primo piano di genitori umanizzati, e frignanti?).
La spogliarellista in questo caldo ed umido loculo è una cubana, morta di fame evidentemente; sexy quanto un tronco di legno afflitto da punteruolo rosso.
Da dietro il vetro si muove in una danza lenta, macchinosa, e irritante; paghiamo 50 cent al minuto per tenere in alto la saracinesca, e pensiamo, o meglio lo penso io ma sono sicuro di essere condiviso, a quale idiozia stiamo commettendo. A quale spreco immane di tempo...
Ma non abbiamo le possibilità di Svoray, nè quelle di Vacchs o di altre centinaia di crociati anti-stupro; noi dobbiamo limitarci ad assemblare, a trarre piacere da vite altrui infrante e silenziosamente degenerate. Siamo, fortunatamente, degli esseri orribili.
Le puttane sono uguali in ogni angolo del mondo; Amburgo, Amsterdam, Roma, spesso non cambiano nemmeno le lingue parlate, nella più tetra e manifesta epifania di globalizzazione del sesso mercificato. E questa cubana, o pseudotale, con storie strappalacrime di figli in affido e malattie e permesso di soggiorno scaduto, non fa differenza; ecco un tipico caso di rovesciamento del carisma femminile, per chi sappia coglierlo.
Non c'è odio misogino nei miei pensieri. Nei miei gusti. Nei miei interessi. L'odio è una cosa troppo seria per essere indirizzata contro le donne.
Solo, noia: e la speranza, non so quanto destinata a frustrazione perenne, di trovare da qualche parte un materiale non scontato, non banale, capace di sconvolgermi in senso positivo, di assegnare un qualche valore all'ontologia della privazione. Qui davvero si vive per sottrazione, restringendo l'area di accesso e finendo nella monomania; come epoca di specializzazione, anche il sesso paga dazio.
Spogliarelliste, pompinare in ginocchio su liquami piscio ed escrementi, nigeriane malate di scabbia, aloni timidi di illuminazione alogena, il fiato caldo che si condensa e gli occhiali che si appannano, la pelle grondante di sudore, gli odori allucinanti, un loculo che si snoda per decine di metri con porte e spettacoli hard su ogni lato.
Figure macilente, ma non in impermeabile, pochi sorrisi, zero chiacchiere.
Ognuno di loro, ognuno di noi, ha le sue peculiari motivazioni. E in questo basso, bassissimo livello è già molto. Non so cosa farmene di annunci strillati, e di paradisiache apoteosi di corruzione della carne- la trasgressione mostrata, promessa, venduta, mi scorre accanto come un fiume di letame nella stagione delle inondazioni, è una trasgressione per imbecilli, per desolati esempi di anomia pornografica.
Qui non ci sono snuff movies, non c'è violenza carnale.
E nelle praterie digitali del web, facendo qualche ricerca, non puoi che imbatterti in promesse non mantenute, titoli strillati e sensazionalistici ma tragicamente irreali; ogni violenza diventa un surplus di noia, enfatizzata, costruita in modo posticcio.
Non basta la violenza, nel linguaggio internettiano, ma ogni violenza deve diventare, inevitabilmente, brutale, inaudita, e sfidando il senso del ridicolo illegale. Thumbnails da ingrandire, inghiottiti in un oceano di spam e virus, per trovarsi davanti gente incappucciata ed ovviamente consenziente - non basta un passamontagna per disegnare la topografia di uno stupro. Come non basta una intenzione, per essere dalla parte del giusto.
Ogni gallery è una frettolosa mostra della povertà estetica, donne fintamente sottomesse e piangenti che invocano misericordia mentre si contorcono, "minacciate" da coltelli e pistole e da improbabili stupratori. Dietro abbonamento mensile, tanti "stupri" nuovi. E stupro con varianti scat, vomit, e bestiali - come se un animale potesse davvero autonomamente decidere di stuprare una donna. Roba da far invidia alle giraffe di Nerone.
Arriverà un giorno in cui la gente smetterà di autoilludersi; fino ad allora, io continuerò a divertirmi.

sabato 9 gennaio 2010

Una forza vuota, un campo di morte


Alla ricerca di un perchè, salgo sulla metro serpente di ferro che mi erutta in faccia un vento caldo e sporco, i tunnel sotterranei di Roma si susseguono come una processione di lombrichi metallici nello scintillio neon dei tubolari e la velocità accelera ingoia rende le sagome i cartelli le fisionomie post-moderne delle stazioni un ammasso centrifugato di non-esistenza, posto davvero sbagliato per darmi una risposta o al limite una giustificazione.
Non sto seduto - guardo gli altri, le vecchie, gli immigrati, i ragazzini che sciamano nomadi e perduti dalla periferia al centro e poi il resto della truppa, impiegati, avvocati, scruto le scarpe, le giacche, gli ombrelli visto che fuori minaccia tempesta.
Roma è una enorme negazione, la verità che scintilla in ogni no sbattuto sul muso - adesso scendo, sono arrivato, sette fermate da Termini.
Mi faccio largo tra la folla, il mio passo è ingombrante e sgraziato, sono su di giri, euforico, alcolico, depresso, abulico, catatonico, assorto in pensieri di un odio pieno, totale, bruciante, un abisso con cui gioco a scacchi da anni ed anni, in attesa che uno dei due prenda il sopravvento e comunichi il prezzo della sconfitta all'altro.
Risalgo la scala mobile, attorno pannelli elettrificati, i graffiti, le macchine distributrici di biglietti e di preservativi il verde scintillante di una farmacia, mi rinserro in un porco dio birroso e vago all'ingresso della stazione, cercando un civico che forse esiste solo nella mia mente, un atavismo risorgente di corde e bruciature; voglio una geografia criminale, perversa e definitiva, devo accontentarmi invece dell'interno in penombra di un club privè convertito alle gioie del sadomaso consensuale.
Non master.
Nè dominante.
Solo, semplicemente, sadico.
Trovo gli altri assisi in un rituale mondano di attrezzatura tecnica, parafernalia estetica e consigli da guru, una new age borchiata, di tacchi a spillo, spanking e soda caustica; il cerimoniere perde gran parte del suo tempo a dilatare nell'aria concetti che pochi dei presenti vogliono trasporre in pratica, molti sono del tutto persi in una silenziosa, caotica, disarticolata, autorappresentazione di gusti stereotipati, codici, postille, limiti.
Io, da persona orribile quale sono, ho impulsi irrefrenabili di sdilinquimento anti-umano, carcasse decomposte rinvenute sul greto di un fiume mi si palesano davanti gli occhi, lo strazio di una madre disposta a passare ogni sua domenica mattina raggiungendo il cimitero dove riposa il suo tenero marmocchio l'eco della sarabanda processuale le lacrime i flash dei giornalisti Porta a Porta Domenica Cinque Barbara D'Urso e Bruno Vespa criminologia e pornografia, criminologia è pornografia.
Sala bassa, su cui si aprono a ventaglio altre salette decorate con foto di gusto fetish ed una, notevole questa lo ammetto, di un cesso incrostato sporco lercio come potrebbero esserlo i fotogrammi del primo Zedd, di un pasto caldo a base di merda e sudore, quel genere di punctum lezzoso da sauna gay, AIDS ed epatite e fisting anale, ventilazione azzerata qui, mi spoglio praticamente nudo, tolgo tutto, rimango solo con la maglia di Satanismo Calibro9, e me ne sto addossato ad un angolo pensando all'odio che ho dentro di me, un odio così grande da non farmi assegnare alcun valore al concetto stesso di vita umana - la sala più grande conta strumenti sadomaso, ha le pareti rosse e nere, abbastanza leggere, tali da poter essere attraversate da parte a parte con un calcio ben assestato, catene, borchie, ed ovviamente tante corde con cui gli astanti regolano il loro compitino.
Sono sicuro non se ne avranno a male molti di loro se rimarco la mia estraneità ontologica, la differenza che percepisco e fiuto palesemente, saranno in fondo proprio molti di loro a non voler avere nulla a che fare con un mostro come me; per loro il sadomaso è un gioco di ruolo, un codice, regole stabilite per esercitare un (mezzo)potere in cui lo schiavo comanda e determina le scelte nodali del padrone. La terminologia stessa del sadomaso rovescia ogni concetto, e rende più ambigue ed increspate le acque per chi aneli alla chiarezza limpida di un Sade o di un Peter Kurten. Fantastico di infortuni, e sangue e molto più di graffi o morsi o circolazione azzerata dai nodi troppo stretti, gli schiaffi sulle natiche sembrano quasi essere compiaciute pacche sulle spalle di compagni di bisboccia.
Continuo a bere, mentre osservo il dipanarsi letterale delle posizioni e delle corde; non voglio frustare una schiava, non voglio indulgere in giochi che mi vedrebbero per forza di cose soccombere al godimento di qualcun altro.
Kurten che sale il patibolo non si preoccupa della folla urlante o di cosa possa pensare il boia, vuole solo sapere se avrà la possibilità di godere del suo stesso sangue - Ian Brady che redige le sue meticolose, scrupolose, introspettive memorie non si cura di Myra e dei suoi desideri, pensa solo al raggiungimento di un grado elevatissimo, assoluto potremmo dire, di potere e di piacere.
Non ho nulla a che fare col sadomaso, e sono certo che questo solleverà lo spirito di molti praticanti sconvolti ed alterati da certe associazioni di idee; ma per me i dungeon sono le cantine di Marcinelle e il vano puzzolente del Murder Mac e la fornace di John Gacy e i video di Paul Bernardo e la casa di Fred West, non un locale attrezzato con tanto di tessera di ingresso. Non ho una scissione esistenziale da celebrare sottoscrivendo uno statuto - H24 l'ossessione è con me, il piacere che devo raggiungere, assemblare e costruire.
Le convenienti giustificazioni di Picozzi nella posta della serie True Crime o il povero Roy Hazelwood che deve sbrodolarsi in Storie di perversioni criminali, quando ci informa di come i poliziotti della squadra anti-stupro prima del suo arrivo fossero dei decerebrati pervertiti molesti - godevano, ci dice, nel chiedere fino allo sfinimento particolari morbosi ed inutili ai fini delle indagini alle vittime straziate, scatenando in loro un cortocircuito emotivo.
Hazelwood ama le ragazze (stuprate), ha cura della loro personalità, non vuole sottoporle ad inutili ordalie, le coccola, le vezzeggia, e si pone definitivamente al loro fianco, come un Andrew Vacchs fuori tempo massimo, piena oleografia calvinista americana di famiglie, tacchino arrosto e picnic...ciò nonostante i suoi libri, e questo in particolare, seguono pienamente la direttrice pornografica del maggior numero di dettagli sanguinosi.
Non riesco ad immaginare un buon libro true crime privo di dettagli, sangue, dolore, sofferenza, morte, sventramenti, stupri descritti didascalicamente come sequenze pornografiche; Hazelwood, non me ne abbia, non fa eccezione.
Come non la fanno gli autori pubblicati e curati da Picozzi - e non bastano le prese di distanza, o le commoventi ma inutili dediche alle vittime, come fanno Fornari in Il Caso giudiziario di Gianfranco Stevanin e il duo Lucarelli-Giuttari in Compagni di Sangue, il prodotto ultimo è pornografia per titillare masse di casalinghe attempate.
La scusa del "voler comprendere" non attacca - è lo stesso Hazelwood a doverlo ammettere.
Rispondono, le casalinghe, agli stessi impulsi di questi praticanti sadomaso; violenza pudica, posticcia, controllata, e socialmente accettata.
Lasciano cadere ai loro piedi il flusso enorme della vera pornografia, gli stralci di giornale, le notizie, il sangue da cronaca nera, il sadismo reale e si focalizzano solo su esercizi di stile in passamontagna e cuoio - ma come dice Peter Sotos, assai spesso maschere di cuoio, catene e fruste fanno apparire stupidi i bdsmers quando essi sono consenzienti.
Penso al martello di Peter Sutcliffe, al colpo secco che frantuma la scatola cranica di qualche prostituta da poco prezzo, le pinze con cui Bittaker e Norris hanno seviziato delle adolescenti sballate di marijuana, alle interminabili agonie delle vittime di Dean Corll - loro non sapevano cosa fossero SSC, safe-word, ed in generale i codici paradigmatici e sicuri del sadomaso.
Ma loro godevano. E godevano davvero.
Il mondo necessiterebbe di più Ted Bundy e di meno Pat Califia - sessualmente eccitante il libro Stazione Termini. Storie di droga, Aids, prostituzione di Chiara Amirante, una carrellata di barboni, immigrati lerci, malati di AIDS, omosessuali degenerati e casi umani alla deriva attorno la planimetria sconnessa della stazione centrale, trovo notevoli le interviste, il senso perduto di esistenze prive di valore, la suprema sofferenza, la certezza di non avere nessuno accanto, nessuno che rappresenti un'ancora di salvezza.
Un approdo.
Niente amore, nessun diritto, carne al macero pasturata dai ritmi iper-accelerati del capitalismo industriale, invisibili ai più: Amirante, pur indulgendo in pietas tipicamente cristologica, raccoglie una variegata umanità da Castello di Silling, e le sono grato per questo.
Lascio le Pauline Reage ai praticanti avvinti e vinti, in certi casi, da nodi troppo complessi, e mi tengo la disperazione, i tagli, la lagnante automutilazione, i sogni distrutti, la patetica consistenza delle menzogne rifritte, mi tengo il plastico di Cogne, la barba di Picozzi, i vermi che pasteggiano coi cadaveri e gli occhi arrossati di pianto di una madre.
Vorrei essere il poliziotto che le ha amaramente dato la notizia...quel momento in cui senti chiaramente che niente sarà più come prima, il dolore diventa irresistibile, una sorta di estasi come quella narrata da Bataille in Le Lacrime di Eros, un puntuto supplizio cinese di lembi di carne strappati e occhi riv0lti al cielo.
Formulazione icastica di un piacere post-sadiano.

venerdì 8 gennaio 2010

Il giorno in cui hanno venduto la loro anima



Le onde del mare si infrangono ripetutamente contro la barriera di scogli, mentre sto adagiato in macchina, annoiato, perplesso, a guardare le poche nuvole basse lungo il profilo dell'orizzonte - dall'altro lato della muraglia nera, il Tevere, limaccioso, di una consistenza viscosa ed oleosa, decisamente putrido, e senza dubbio maleodorante minaccia in ogni istante di venirci a fare visita direttamente dentro l'abitacolo.
Ogni volta che decido di abbassare il finestrino, ecco che un misto di brezza salmastra e puzzo di merda mi aggredisce le narici; attorno alla macchina ragazzini nudi in una scena ripescata da Ciudad De Deus, fangosi, malnutriti, post-pasoliniani fino agli estremi esiti di una vita lumpenproletariat, corrono dietro ad un pallone di pezza, si sputano contro, bestemmiano, giocano con cani selvatici, branchi preoccupanti che latrano, guaiscono e ululano in aneliti bestiali di ritrovata primivita ferinità.
Miasmi brodosi di zuppe fetide, casupole disadattate popolate da italiani e da extracomunitari, legno fradicio, assi marcite e giardinetti posticci incorniciano bmw e parabole satellitari, col mare increspato a minacciare la fine totale di questo quadro turneriano di desolazione morale, materiale e psichica.
Madri che vendono le loro carni per trenta euro - fanno finta di essere rispettabili quando chiedi loro se serve niente, e mentre lo chiedi modulando una voce forzatamente neutra, per non tradire il disprezzo e lo schifo di vedere i loro mocciosi a piedi nudi col petto coperto di fango e le mutande sporche di merda incrostata, pensi al ventre dei campi nomadi e alle direttrici del piacere, alla Tiburtina, alla Salaria, alla Togliatti, alla Prenestina, alle puttane minorenni dipinte di rossetto e di fard, interno di campi nomadi, i rumori allucinanti e i fuochi ed il fumo nero puzzolente dei pneumatici bruciati che si alza in volute concentriche verso un cielo altrettanto nero, giusto screziato dagli ultimi raggi rossi del sole.
Un sole morente.
Come questa popolazione.
Favelas romane. Dimenticate da ogni amministrazione; a me di questa gente non importa un cazzo, sono carne ammassata in catapecchie che spero saranno ingoiate dalla piena, dall'esondazione, dalla distruzione totale e naturalistica, un cataclisma di acque tracimate, di sabbie mobili e fango duro come cemento, un'onda marrone che possa inghiottire ogni tetto, ogni corpo, ogni cane. E le macchine, scatole di latta parcheggiate alla rinfusa lungo strade di merda - il nulla topografico, una planimetria che farebbe vomitare persino le shanty towns sudafricane.
Da qualche parte, oltre i piccoli tetti, oltre il porto e le navi lussuose, oltre l'albergo a quattro stelle illuminato da una colossale insegna neon blu, si stende la Torre di San Michele, approdo michelangiolesco per avvistamenti medievali di navi pirata e il monumento a Pasolini; il locus del martirio pasoliniano, quella terra di nessuno battuta dal vento, a due passi dalla foce del Tevere, con canne palustri, un odore persistente di erba bagnata (e tagliata) e un silenzio siderale per meditazioni misantropiche.
Per qualche tempo, paradosso ironico e crudele, a vegliare su quel monumento è stato chiamato Pino Pelosi, durante uno dei poco durevoli percorsi di risocializzazione post-carceraria; forse Pasolini ne sarebbe persino fiero di quel contrappasso.
Non so se abbia coscienza, da qualche metafisico anfratto di pompini infernali e cadute astrali, di ciò che è adesso quel posto; la memoria scaduta dell'ultima cena al Biondo Tevere, a guardare e mangiarsi con gli occhi Pino, vederlo trangugiare spaghetti con le vongole, in attesa di scendere sul Litorale, contento per quel pasto lui , felice, rassicurato dalle parole gentili del poeta.
Un suicidio, la bella morte proletaria, tra marane e ragazzini coi volti fangosi, ieri come oggi nulla proprio è cambiato se non forse le carte di identità dei marmocchi.
Uno spazio aldilà del tempo, cristallizzazione latente delle pulsioni, non più Pasolini o Penna o Bellezza ma pedofili della Roma bene che sciamano per comprare le carni malridotte dei ragazzini, mentre i genitori storcono il naso e arricciano la bocca solo se la paga è inferiore a quella pattuita; a volte uno pensa alla Tailandia e al Brasile, senza capire che i viaggi del desiderio proibito puoi farteli pure con la tessera metrebus.
Pasolini e Pelosi; la fine con le mutande calate, il sangue fuso alla fanghiglia e allo sperma, eros e thanatos certo ma tanta merda in questo lurido autunno. Una serata fredda, pallidamente rischiarata da falce di luna e da un tappeto di stelle.
In questo luogo nessuno esiste davvero, nessuno pensa alle conseguenze, nessuno risponde delle sue azioni, conduce avanti una fisiologica non-vita, con pochi rimorsi e zero traccia di coscienza, tagliati fuori dalla storia, incarnati in un mito pedissequo di spazzatura e topi di fogna e mute di cani selvatici. La biancheria impilata, stesa frettolosamente tra tetto e tetto, come una intricata ragnatela di mutande e canottiere.
Penso, mentre il fumo della sigaretta accesa dall'altra persona si spande nell'abitacolo, a come vorrei assistere al giorno in cui tutte le loro certezze svaniranno portate via dalla piena del Tevere, vederli annaspare, annegare, stare a pelo d'acqua disperatamente, ideale metafora della loro esistenza spesa interamente a barcamenarsi tra le asperità sociali del nulla.
Un nulla che amano, venerano e che pregano silenziosamente, assiepati lungo la rete di recinzione che li separa, fisicamente e moralmente, dalla tomba epigrafica di Pasolini.
Quale è il significato del loro perdurare in questo mondo? Non lo so, sinceramente. Sono corpi merdosi, malati, bianchicci, privi di senso specifico. Possono morire, schiattare, soffrire, semplicemente scomparire, eclissarsi come la schiuma del detersivo nel cuore del mare.
Cimitero di pedalò, ristorante per temerari, qualche bielorusso pota una inutile siepe, mentre un ragazzino cerca di far ripartire il motorino, la cui provenienza, ne sono sicuro, è furtiva, qui ciascuno ha una sua missione e questa missione è negare dio. Altro che risacca svizzera, Nietzsche si sarebbe dovuto fare un giretto da queste parti per sincerarsi di come l'eterno ritorno dell'uguale abbia la consistenza dell'odio sublimato e il volto di un moccioso con la scabbia.
Tanta tristezza.
Troppa.
Il giorno in cui verranno spazzati via non sarò pervaso da sentimenti di malinconia, ma solo da un giusto e caldo senso di conforto. Una liberazione finale.

giovedì 7 gennaio 2010

Impenetrabile


Ci siamo tutti dentro -metaforicamente, e fuor di metafora; la sala è piena di gente, volti scavati, tossici desiderosi del buco definitivo, falliti durkheimiani, prostitute, portieri d'albergo, impiegati ministeriali in trench grigio, corpi si flettono lentamente ondeggiano simmetrici costeggiando le mura tappezzate di quote e di monitor che trasmettono la patina traslucida smunta liofilizzata di corse di cavalli, la voce roca di qualche commentatore telecronista fantino riciclato alla velocità della luce, scommesse e cartaccia tappeto ideale su cui muovere incerti passi.
Il plotone non esiste, ma la strada è libera, un passo dopo l'altro e ci finisci dentro sparato, superando di slancio i volti stereotipati e lombrosiani degli scommettitori, tutti accecati dalla posta in palio, che non è la vittoria, non è l' accoppiata, tris, piazzamento ma il gioco in sè, la gioia eterna e folle, completamente folle, della corsa verso la cassiera brandendo la cifra da giocare mentre i cavalli sono allineati dietro lo starter ed iniziano il rituale di trotto; l'estasi mistica autoreferenziale inizia e finisce con lo sparo virtuale, quello spazio in cui l'azionismo viennese leggeva storie tantriche di zoomorfismo caldeo.
Ognuno di questi falliti ha una sua posta esistenziale, una quota, un referente ottuso, un palliativo, una esistenza grama, inutile, rispettabile, una moglie contrattualizzata a furia di ferie rate e credito al consumo, ferie da villaggio turistico e sciabordio di mare plastificato, oleoso, mesi estivi interminabili. Ognuno di questi falliti non mira alla vittoria; mira alle frustrate recriminazioni, all'essere parte di una comunità omogenea di casi umani, di derive notturne, di fari alogeni spenti in faccia durante le notti spese a fare la guardia alla desolazione di un capannone industriale, stipendi magri, figli malati ed invariabili campagne acquisti calcistiche di potere, e sapore, taumaturgico.
Proprio di fronte, a pochi passi dal palazzo del potere, e dalla consistenza plumbea smerdazzata dai piccioni della stazione Termini, sex shop curvilineo, ingresso portonato sigillato di nero e rosso, olezzoso citofono, dentro il nulla antropologico, scaffali ripieni di video, vhs, dvd, riviste più o meno patinate, scorbutico e misogino proprietario il quale è ben lieto di sputazzarti in faccia olive e improperi; perchè non ne può più di avere a che fare con miserabili interscambiabili tra porno e scommesse dei cavalli.
Materiale (dis)umano alla ricerca di qualche sontuosa umiliazione; non so cosa ci faccio lì, non so dove sono, è un universo disperato di dolore e di inestricabile serenità, un Nirvana di anal sex, horse sex e caviar tedesco prodotto in scantinati della Ex DDR. Come se gli archivi della Stasi avessero rovesciato per terra gli intestini luridi e marroni di un mondo dimenticato, perduto, ingolfato dal fumo della morte.
So che qui dentro esiste un tacito accordo, disarmonica lotta e odio reciproco tra intabarrati clienti e proprietario, gigantografie di tette siliconate, freaks, scherzi della natura, Midnight Prowl, umiliazioni razziali, vecchie tardone ed efebici stalloncini su cui quegli altri non scommetterebbero, erezioni dopate, tossicodipendenza terminale e presumibile (auspicabile) AIDS, devastazione, odio per se stessi e per gli altri, tanta sofferenza, clisteri, flogger, GGG, video finlandesi di open air bukkake, Soft on Demand, la Dogma di Tohjiro, Vomit Enema Ecstasy, tanta tantissima merda cascate marroni per svuotarsi le viscere dentro bocche più o meno drogate e allora pensi al tanfo all'aroma di quel frutto schifoso, all'umiliazione abissale di starsene a bocca aperta a ricevere quella merda. Io sono qui; e guardo loro che a loro volta guardano e scartabellano, con le mani e con gli occhi, le copertine, leggono le descrizioni, le didascalie, le rughe sulla fronte, gli occhi spiritati, liquidi, ricettivi, mentre fuori piove e il grigio dell'asfalto si fonde al grigio del cielo.
Superstar dell'abbrutimento, come i loro dirimpettai cavallari anche questi pornomani estremi sono accecati dal fenomeno della goduria, perdono speranza di capire cosa vanno cercando ed erigono un sopra-mondo di comodi alibi e di giustificazioni. Razionalizzazioni a posteriori, di cui davvero non importa a nessuno.
Caviar germanico e Silvestro delle Cave.
Luigi Chiatti - GGG.
Volti inondati di sperma, mentre Khan Tusion interroga le starlette di turno sui loro gusti, sui loro genitori defunti e promette sedute spiritiche tra una tortura e una umiliazione. Ciccione di Fetish Italia, nani ributtanti e veri, ributtanti perchè veri, il sincero ridicolo e patetico no alla pedofilia apposto in bella vista su tutti i siti porno shitting, immagini la lotta alla pedofilia dei mangiamerda, la loro esibita rispettabilità sociale e un sorriso ti emerge prepotente.
Peter Kurten, Ted Bundy e i Morbid Angel. Le confuse richieste di un cliente rimasto attardato a scegliere animal sex brasiliano - fotografie di Nan Goldin, più pornografiche della morte per epatite. Più carnografiche di un intervento chirurgico per asportare un fegato annientato dal cancro.
Un mondo impenetrabile. Imperscrutabile. Desolato.
Eccitante.

Sex & Violence


Gli appassionati di cinema horror (e più in generale di cinema oscuro, alternativo, sotterraneo...) conoscono bene la rivista Nocturno, una delle prime nel deprimente panorama cartaceo italiano ad essersi consacrata alla analisi di film che fino a pochi anni prima nessun critico cinematografico avrebbe osato toccare, nemmeno con un palo lungo cinque metri.
Nocturno è stata ed è una pregevole vetrina aperta su un carsico sottomondo di cinema realizzato a budget quasi zero, con attori spesso presi dalla strada, registi capitati sul set per caso, un pubblico devoto e fanatico, e rare ma autentiche e preziose gemme autoriali ingiustamente relegate nella categoria polifunzionale che va sotto il nome di "cinema di serie B"; nonostante i tentativi "revisionistici" dovuti al solito snobismo della critica cinematografica socialmente impegnata, e genericamente sinistrorsa, un tempo desiderosa di stroncare qualunque film non fosse emulo delle gesta in celluloide di Moretti, ed ora miracolata sulla via di Damasco nel riesumare e tinteggiare di divertita riabilitazione qualunque pellicola simil-boccaccesca, poliziottesca, erotica, demenziale partorita in Italia tra gli anni settanta ed ottanta, c'è da dire che solo un pazzo totale (per utilizzare l'adatta definizione del critico horror Chas Balun) potrebbe conoscere cineasti come Vitor Janos, Johan Vandewoestijine, Fred Vogel e allo stesso tempo solo un pazzo totale potrebbe dedicare energia esegetica all'opus dei suddetti registi.
E se gli appassionati di cinema horror apprezzano e acquistano Nocturno (che comunque, va precisato non è una rivista esclusivamente dedicata all'horror...avendo tra l'altro acquisito una dimensione di analisi internazionale solo di recente, visto che nei suoi primi anni focalizzava la sua attenzione sul cinema italiano), gli appassionati di cinema tout court apprezzano e acquistano libri della Lindau; così non stupirà sapere che il libro SEX & VIOLENCE, pubblicato dalla Lindau è curato da due collaboratori di Nocturno...
Un lungo viaggio (623 pagine), per questa edizione riveduta e ampliata (aggiornata), attraverso la terra di nessuno in cui sperimentazione, passioni incoffessabili, umorismo nero, pornografia e malattia mentale si fondono - naturalmente molti dei film trattati non sono del tutto sconosciuti a chi mastica horror estremo, i "classici" in fondo sono e rimangono quelli...il primo Craven, Last House on dead end street, colate laviche di eviscerazioni sadiche in salsa giapponese, Cannibal Holocaust, leggende metropolitane a base di snuff e via dicendo.
Una pesante eco di Killing for Culture, Erotismo Estremo e delle opere di Pete Tombs (per quel che concerne il gore terzomondiale) si spande tra le pagine del libro; alcune analisi arrivano di peso da quelle già formulate da Kerekes e da Hunter, ciò nonostante il tono generale non è mai derivativo, anzi riesce ad essere frizzante ed innovativo (per gli italici lidi), soprattutto quando si tenta una insana commistione tra horror estremo e pornografia di frontiera altrettanto estrema (bukkake, vomit, scat, i primi capitoli Meatholes).
Va dato atto al duo Curti-La Selva di aver realizzato un tomo semi-enciclopedico, completo nonostante la potenzialmente infinita materia, divertente, brioso nello stile e nelle chiose, ironico e mai banale, con alcune trovate e associazioni di idee degne davvero di menzione (la delirante filmografia di Lucifer Valentine, autore di epopee vomit porn condite con pretesti horror...i tentativi pseudosnuff e violentissimi di Fred Vogel...il tutto accanto a campioni del cinema come Cronenberg e il citato Craven).

mercoledì 6 gennaio 2010

I Piaceri dell'AIDS




Senza l'AIDS, non avremmo le carnali discese nell'inferno di Notti Selvagge e di The Gift, il lamentoso politicamente corretto di Philadelphia, la distruzione psichica di Derek Jarman con annessi esperimenti cromatico-artaudiani, non avremmo i gloryholes e la disperata confusione sessuale del barebacking, la roulette russa della voglia, dell'urgenza che sovrasta la cura di sè, la mancanza di rispetto, la gioia della promiscuità, i versi di Dario Bellezza, le fotografie di Nan Goldin Andres Serrano Robert Mapplethorpe Sebastiao Salgado .
Senza l'AIDS, non avremmo desperados e maudit della sessualità; non avremmo nebbia fitta e bassa su locali porno e peep show con puttane messicane mangiate vive dal virus, non avremmo autoinganno da tangenziale, pelliccia sintetica, diafana consistenza di lampioni sotto cui ghiacciarsi il culo in attesa di venderlo per una dose, marchettari destituiti di consistenza umana.
Senza l'AIDS, non avremmo il sadismo spinto fino alle sue inaccettabili, ma giuste, conseguenze, la risata in faccia a chi sta consumando una ordalia di Ziagen e Retrovir in asettiche corsie di ospedale specializzato in malattie infettive.
Senza l'AIDS, non avremmo che una gigantesca disneyland del sesso in cui tutto è buono, sicuro, onesto, una deprimente e desolante antropologia rousseaiana legata al cazzo.
Senza l'AIDS, non avremmo The River di Edward Hooper.
Senza l'AIDS, troppe pacche sulle spalle e troppi baci.
Senza l'AIDS, troppa identità di genere e troppa teoria astrusa di sessualità liberatoria, felice, umana.
Senza l'AIDS, non avremmo le giustificazioni posticce ma divertenti di Taro Yamasaki, e le strazianti dolorose epifanie di carne e pustole del suo protetto; oggetto di un desiderio fotografico incestuoso, la saliva, lo sperma infetto, le ferite suppurate, la carne che si sfalda, le recriminazioni contro dio del povero Ryan White.
Senza l'AIDS, niente struggente favola di Freddie Mercury.
Senza l'AIDS, Mira Nair avrebbe un titolo di meno nella sua filmografia.
Senza l'AIDS, le nostre città sarebbero porti sicuri, strade disossate e libere da ogni pericolo, illusioni più o meno consistenti di un mondo migliore.
Senza l'AIDS, chi reclama la sofferenza se la caverebbe con le sue ipocrisie di amore filiale, candore new age virato al nero, miseria morale e determinazione asessuata.
Senza l'AIDS, The Book of Beth di Kent Klich sarebbe illusorio e finto.
Senza l'AIDS, Maira Kalman non avrebbe potuto echeggiare in sinistra potenza il lavoro di Caravaggio, e il trapasso abissale di David Kirby sarebbe rimasto un isolato gesto di disperazione familiare; ed invece ora ce lo troviamo davanti con impatto simbolico di rara efficacia, una trasfigurazione post-pornografica dell'abbraccio materno-paterno di Maria a Gesù Cristo, un Cristo deposto e malato infetto straziato che si consuma nell'istante finale, mentre attorno il dolore si rende vivo. E Benetton comincia a contare i soldi.
Senza l'AIDS, l'Africa cesserebbe di interessare a Bono e Jovanotti.
Senza l'AIDS, saremmo, purtroppo, tutti uomini migliori.