mercoledì 6 gennaio 2010

I Piaceri dell'AIDS




Senza l'AIDS, non avremmo le carnali discese nell'inferno di Notti Selvagge e di The Gift, il lamentoso politicamente corretto di Philadelphia, la distruzione psichica di Derek Jarman con annessi esperimenti cromatico-artaudiani, non avremmo i gloryholes e la disperata confusione sessuale del barebacking, la roulette russa della voglia, dell'urgenza che sovrasta la cura di sè, la mancanza di rispetto, la gioia della promiscuità, i versi di Dario Bellezza, le fotografie di Nan Goldin Andres Serrano Robert Mapplethorpe Sebastiao Salgado .
Senza l'AIDS, non avremmo desperados e maudit della sessualità; non avremmo nebbia fitta e bassa su locali porno e peep show con puttane messicane mangiate vive dal virus, non avremmo autoinganno da tangenziale, pelliccia sintetica, diafana consistenza di lampioni sotto cui ghiacciarsi il culo in attesa di venderlo per una dose, marchettari destituiti di consistenza umana.
Senza l'AIDS, non avremmo il sadismo spinto fino alle sue inaccettabili, ma giuste, conseguenze, la risata in faccia a chi sta consumando una ordalia di Ziagen e Retrovir in asettiche corsie di ospedale specializzato in malattie infettive.
Senza l'AIDS, non avremmo che una gigantesca disneyland del sesso in cui tutto è buono, sicuro, onesto, una deprimente e desolante antropologia rousseaiana legata al cazzo.
Senza l'AIDS, non avremmo The River di Edward Hooper.
Senza l'AIDS, troppe pacche sulle spalle e troppi baci.
Senza l'AIDS, troppa identità di genere e troppa teoria astrusa di sessualità liberatoria, felice, umana.
Senza l'AIDS, non avremmo le giustificazioni posticce ma divertenti di Taro Yamasaki, e le strazianti dolorose epifanie di carne e pustole del suo protetto; oggetto di un desiderio fotografico incestuoso, la saliva, lo sperma infetto, le ferite suppurate, la carne che si sfalda, le recriminazioni contro dio del povero Ryan White.
Senza l'AIDS, niente struggente favola di Freddie Mercury.
Senza l'AIDS, Mira Nair avrebbe un titolo di meno nella sua filmografia.
Senza l'AIDS, le nostre città sarebbero porti sicuri, strade disossate e libere da ogni pericolo, illusioni più o meno consistenti di un mondo migliore.
Senza l'AIDS, chi reclama la sofferenza se la caverebbe con le sue ipocrisie di amore filiale, candore new age virato al nero, miseria morale e determinazione asessuata.
Senza l'AIDS, The Book of Beth di Kent Klich sarebbe illusorio e finto.
Senza l'AIDS, Maira Kalman non avrebbe potuto echeggiare in sinistra potenza il lavoro di Caravaggio, e il trapasso abissale di David Kirby sarebbe rimasto un isolato gesto di disperazione familiare; ed invece ora ce lo troviamo davanti con impatto simbolico di rara efficacia, una trasfigurazione post-pornografica dell'abbraccio materno-paterno di Maria a Gesù Cristo, un Cristo deposto e malato infetto straziato che si consuma nell'istante finale, mentre attorno il dolore si rende vivo. E Benetton comincia a contare i soldi.
Senza l'AIDS, l'Africa cesserebbe di interessare a Bono e Jovanotti.
Senza l'AIDS, saremmo, purtroppo, tutti uomini migliori.

1 commento:

COLD ha detto...

Lunga vita all'AIDS